Non sono uno storico, ma sento l’
urgenza di fare qualcosa per aiutare le giovani generazioni a non perdere
contatto con il passato prossimo o remoto: tanti giovani, W. Veltroni aveva
intervistato per il suo documentario, non sapevano chi fosse Enrico
Berlinguer!!! Ancora, lo ripeto… non sono uno storico e nemmeno uno dei partiti.
Sono però un cittadino che si è impegnato tanto nella vita studentesca alle
superiori e che ha sempre guardato con rispetto ai partiti politici degli anni
80 e 90 del secolo scorso. Ho fatto in tempo a vivere quella fase della vita
repubblicana in cui i discorsi dei Segretari Generali di partito oppure i riti congressuali
nazionali avevano una certa aurea che suscitava interesse, se non vero e proprio
rispetto… La mia famiglia, la società
civile, la scuola, la Chiesa mi restituivano questo collegamento: le nostre
istituzioni repubblicane avevano spessore grazie anche alla qualità ed alla
vitalità dei partiti politici.
Questa premessa mi è necessaria per
chiedere scusa in anticipo: questo ciclo di post sulla storia del PCI e della
DC avrà sicuramente lacune, potrà sembrare superficiale o dallo stile
scanzonato. L’intenzione è buona, dal mio punto di vista: è quella di dare
nuovo spessore culturale al Partito Democratico che - come sa chi ha seguito
questo blog nelle puntate precedenti - è a mio avviso destinato a
riconfigurarsi come partito neo berlingueriano & neomoroteo al contempo (v.
i post precedenti pubblicati in questo blog lo scorso ottobre).
E proprio questa parziale, personale impostazione sul futuro
del PD spiega la scelta di concentrarmi solo sul PCI e sulla DC, pur sapendo
che il PD deve tanto anche ad altre anime: socialista, laico-repubblicana,
ambientalista, femminista, etc.
Parziale, ma convinta è la scelta di
iniziare dalla fine…perché spesso le cose si capiscono meglio dalla fine …inizieremo
dalla decade gli anni 90, andremo a ritroso, post dopo post, fino agli anni 20
del secolo scorso, giusto cento anni fa…
Pur non avendo la sfacciataggine di
provare ad aprire una nuova pista di storia dei partiti, vi propongo una
novità: prendere ad esempio l’opera dello storico greco Plutarco Le Vite
Parallele. Questa operazione culturale (per la quale sono grato al
Segretario del PD di Monte San Vito Matteo Sticozzi ed al Direttivo del
circolo) potrebbe arrivare sul tavolo della Fondazione Gramsci oppure
dell’Istituto Sturzo? Potrebbe non essere ignorata dalla Fondazione del PD che
ha l’obiettivo di progettare gli itinerari formativi per militanti e dirigenti?
Non lo so… La cosa più bella sarebbe se questa metodologia aiutasse i ragazzi,
i giovani ed i giovani adulti ad andare a scavare nella memoria recente del
nostro Paese, appassionandosi a questa “epica democratica” che è testimoniata
dal PCI e dalla DCI.
Dopo queste parole di premessa, ecco
le prime due figure che propongo alla vostra attenzione: Achille Occhetto e
Mino Martinazzoli. Seguono solo alcuni frammenti delle biografie politiche di
A. Occhetto e di M. Martinazzoli. Saremo contenti se i lettori volessero
integrare nel blog o nelle pagine FB questi rapidi ma essenziali tratti di due
protagonisti del PCI e della DC.
Biografia di A. Occhetto:
Nasce Torino il 3 marzo 1936
Incarichi ricoperti:
Segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana, Eurodeputato, deputato e Senatore, segretario generale del PCI
Discorsi da ricordare:
Il 12 novembre del 1989, Occhetto tenne il discorso cosiddetta “svolta della Bolognina”: con la caduta del Muro, un ciclo storico si era concluso. il PCI avrebbe potuto anche cambiare nome.
Il 3 febbraio 1991 a Rimini, con un discorso di 17 minuti, Achille Occhetto chiude l’ultimo congresso del Pci: “Cari compagni e care compagne, in molti sentono che è giunta in qualche modo l’ora di cambiare. Non si tratterà solo di cambiare targhe sulle porte delle sezioni, occorrerà andare a una grande opera di conquista e di proselitismo (…) Oggi è un momento importante della nostra vicenda collettiva e sarà un momento memorabile della storia politica d’Italia (…) Per costruire, con il compito, con l’orgoglio che vi guida, il futuro dell’Italia”.
Epilogo del PCI
La mozione del segretario generale fu appoggiata da D’Alema, Fassino, Iotti, Reichlin, Mussi, Veltroni e Folena a cui si opporrà il cosiddetto "Fronte del No", capeggiato dal Armando Cossutta e sostenuto da Alessandro Natta, Aldo Tortorella, Pietro Ingrao, Sergio Garavini e Fausto Bertinotti. Il 3 febbraio 1991, con 807 voti favorevoli, 75 contrari e 49 astenuti, il Pci, fondato il 21 gennaio 1921, decreterà il proprio scioglimento al termine di un percorso avviato nel Comitato centrale del 20 novembre 1989.
Considerazioni
Achille Occhetto è passato alla storia come il liquidatore degli ideali comunisti, una persona di cui non ho quasi mai sentito parlare dentro il Partito Democratico, quando i militanti ex PCI o PDS ricordavano gli anni della chiusura del Partito Comunista; come se fosse oggetto di una damnatio memoriae. Penso che ciò sia frutto di una irrisolta elaborazione del lutto: nonostante gli organismi di partito ed i militanti avessero nella maggioranza consistente scelto per la fine del PCI, quel passaggio è ancora oggi visto come un fatto dolorosissimo. Di cui si attribuisce una colpa sentimentale al Segretario generale, denominato ACHEL, per non riconoscere “avrei fatto anche io così”. A livello internazionale, va ricordato il vano ma coraggioso sforzo di Michail Sergeevič Gorbačëv di riformare il PCUS in Russia, una operazione risultata impossibile per i grovigli totalitari creati dal sistema sovietico al proprio interno e nei confronti dei Paesi satelliti (esempio Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia).
La fine del PCI e la successiva nascita del PDS e di Rifondazione Comunista sono degne di un grande scrittore di romanzi rosa: da persona che non ha aderito al PCI- avverto tutt’oggi nei racconti di chi è stato comunista e che adesso milita nel PD un legame amoroso intenso tra militanti, dirigenti e la bandiera con la falce ed il martello. L’impressione è che se non fosse tracollata l’Unione Sovietica, madre di tutti i comunismi nazionali, il PCI avrebbe voluto, potuto, sperato di poter valicare anche il Duemila, per portare nel nuovo Millennio gli ideali del Sol dell’avvenire.
Biografia di Mino Martinazzoli:
(Orzinuovi, 30 novembre 1931 – Brescia, 4 settembre 2011 )
Incarichi ricoperti:
Più volte Ministro, capogruppo DC ed alla guida di commissioni parlamentari di inchiesta.
Discorsi da ricordare:
In occasione del XVIII Congresso nazionale della DC a Roma nel 1989, il politico bresciano parlò della necessità di una ricomposizione “fra popolo e Stato”, nella consapevolezza che se lo Stato non può pretendere di assorbire e definire né il singolo né la collettività rimane comunque “la regola più alta, l’attitudine ordinatrice e di governo più equa che una società può disporsi a raffigurare”. Bisogna dunque rifiutare tanto l’idea di una contrapposizione fra lo Stato e la società quanto quella di uno Stato debole che “non corrisponde alle ragioni della solidarietà ma è assai arreso alle ragioni della prepotenza”. Non era un’affermazione scontata negli anni in cui Primo ministro inglese era Margaret Thatcher, non è un’affermazione scontata oggi (commenta in un post Aurelio Zuroli, che si cita in fondo ); nel 1989 Martinazzoli vide profilarsi all’orizzonte un “carico di disuguaglianze ingovernabile”. Ricevete un applauso di venti minuti.
Epilogo della DC
Alle 17.45 del 26 luglio 1993, al Palazzo dei congressi dell’Eur di Roma, sulle note di una curiosa Rapsodia europea che riunisce le note di tutti gli inni nazionali, la Democrazia Cristiana dopo mezzo secolo è uscita di scena». Così Repubblica descriveva il 26 luglio del 1993 la fine della Democrazia Cristiana, il partito che aveva governato l’Italia ininterrottamente fin dal Dopoguerra.
Considerazioni
Non meno doloroso e travagliato fu il percorso di Mino Martinazzoli che si trovò a chiudere la DC per ritornare al Partito Popolare. Eppure, rispetto ad Occhetto, Martinazzoli visse quella fase in maniera molto meno passionale, e forse con più intimo strazio: i militanti ed i dirigenti della DC non esprimevano verso la Balena Bianca lo stesso amore espresso in casa PCI. Perché questo? Forse perché la DC aveva subito diverse secolarizzazioni, cioè nei decenni precedenti si erano già rotti i legami affettivi tra bandiera, ideali e classi dirigenti: il Concilio Vaticano II aveva rinnovato il modo con cui la Chiesa guardava al mondo contemporaneo e forse la DC non si è mai interrogata fino in fondo su come quell’evento potesse riguardarla nella propria mission; la DC forse preferì rimanere al sicuro dietro l’ombrello dell’anticomunismo che le dava sicure rendite elettorali, senza però tante tensioni valoriali; inoltre, la uccisione di Aldo Moro (Presidente della DC nel 1978) ad opera delle Brigate Rosse aveva in un certo senso ucciso anche la DC, che operò ancora per un quindicennio ma quasi come un fantasma ; infine, gli anni 80 -90 sono quelli in cui si era diffusa capillarmente la lottizzazione delle correnti, per cui il partito si era sempre più trasformato in agenzia di collocamento anziché in volano di democrazia solidale, sussidiaria, sostanziale, non senza cadute nel penale e nei reati di corruzione. Non da ultimo la nascita dei movimenti politici di area cattolica alternativa alla DC, quali la Rete a Palermo ed il Patto Segni, erano chiari sintomi di questo distacco conclamato tra ideali e militanti. Infine, non va dimenticato che l’elettorato storicamente cattolico del Nord, Nord-Est già nei primi anni 80 aveva scelto di sostenere il partito di Umberto Bossi, la Lega Nord per la indipendenza della Padania.
Conclusione provvisoria
Due fini a pochi anni di distanza: il PCI chiude nel 1991, la DC nel 1994. La fine del PCI fu una grande esperienza di popolo, dal calore sudamericano e dalle forti passioni: ci furono casi in cui marito e moglie si separarono perché l’uno votò per il PDS ed altra per Rifondazione comunista. La Fine della DC fu in un certo senso più algida, lugubre, rassegnata, quasi uno strascico della morte del grande padre Aldo Moro nel 1978, forse un rantolo dei personaggi descritti in un romanzo di Leonardo Sciascia (v. Todo Modo, Adelphi). O No?
Se vi è piaciuto questo Post, scrivete i vostri commenti. Scriveteci, anche se non vi è piaciuto.
Nella prossima puntata, dedicata agli 80, torneremo sulle figure di Pio La Torre per il PCI e di Piersanti Mattarella per la DC.
Se vuoi saperne di più su Achille Occhetto:
Achille Occhetto - Il sentimento e la ragione, Una intervista di Teresa Bartoli, Rizzoli.
Se vuoi saperne di più su Mino Martinazzoli
Mino Martinazzoli, Annachiara Valle, Uno strano democristiano, Rizzoli
Altri Blog o siti :
Martinazzoli e il coraggio di "una parola in più" - All'altezza della sfida!
Il 3 febbraio 1991 si chiude l'ultimo congresso del Pci. La reazione di Pietro Ingrao. - Collettiva
Achille Occhetto - Wikipedia
Mino Martinazzoli - Wikipedia
Achille Occhetto conclude i lavori del XX Congresso del Partito - Bing video
intervento di Mino Martinazzoli all'ultimo Congresso nazionale DC del febbraio 1989 - Bing video
100 anni del Pci, Occhetto: "Alla Bolognina le mie lacrime di dolore. Ma non ero pentito, il partito voleva una nuova sinistra" (msn.com)
https://www.ibs.it/eutanasia-di-potere-storia-politica-libro-marco-damilano/e/9788842098225
MARTINAZZOLI: ORA LE NUOVE REGOLE - la Repubblica.it
Giandiego Carastro