GIORNO DELLA MEMORIA
Ricordare solo per un giorno i fatti legati a questa ricorrenza può essere del tutto ingeneroso, se non offensivo. Molto spesso altro non è che assolvere ad un obbligo in un modo distratto, quasi meccanicamente rituale e solo di maniera. Vedasi nella pratica quello che, ad esempio, accade anche rispetto al giorno dedicato alla violenza sulle donne: tanti propositi, tante parole spese, mentre nel concreto le morti continuano e l'oltraggio cresce. I fatti di Milano di fine anno sono paradigmatici in tal senso.
È urgente, quindi, uscire da questa mera routine e interiorizzare il senso vero di queste ricorrenze, agendo di conseguenza in modo fattivo e pienamente consapevole. La Giornata della Memoria vuole mantenere vivo il ricordo delle atrocità perpetrate dal nazifascimo verso le minoranze quali Ebrei, Rom, Sinti, individui con disabilità mentali o di altro orientamento sessuale e oppositori politici.
Tutto ciò fu possibile anche per mezzo di una campagna mediatica costruita ad hoc da Goebbels, ministro della propaganda della Germania nazionalsocialista di Hitler, con il concorso di diversi strati della società tedesca. Tale propaganda basata su falsità, su disvalori senza alcun fondamento umano, individuando nelle minoranze i fattori di debolezza e di disagio della nazione e prendendo di mira i più deboli, fece breccia in un popolo che usciva da una situazione gravosa conseguente alla sconfitta nella Grande guerra e che era provato da anni di sanzioni economiche e di indigenza. Il “caporale” Hitler con i suoi futuri gerarchi costruì il “mostro” che portò alla Seconda guerra mondiale, sacrificando sull’altare della potenza tedesca il concetto stesso di rispetto per l’umanità.
Nel 1938 anche il Mussolini in Italia emanò le leggi razziali, contribuendo attivamente in seguito alla persecuzione e alla deportazione delle minoranze, non solo per compiacere Hitler e inseguire il mito della superiorità ariana, ma anche perché l’idea di intolleranza verso i deboli e i germi del razzismo erano già insiti nell’abominevole ideologia del Fascismo stesso.
Almirante, uno dei principali difensori delle leggi razziali, nel 1962, molti anni dopo l’emanazione di quelle vergognose leggi e in piena Repubblica, sul “Corriere della sera” dichiarava :
“Il razzismo - scriveva il futuro segretario del Msi - ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri.”
Questi è il padre politico e il riferimento della Meloni e del suo partito, FdI. A molti anni da quella dichiarazione, è, ahimè, lecito il sospetto che questo pensiero non sia stato davvero sconfessato e resta il dubbio che nelle pieghe della Destra italiana, tutt’altro che moderna, aleggino ancora pensieri e posizioni non distanti dalla retorica razzista e fascista, una retorica che, come ci dice la cronaca, spesso si concretizza in atti indegni di violenta intolleranza.
Ecco, nel ricordare il Giorno della Memoria è necessario chiedersi e verificare se oggi siano stati rimossi davvero i fondamenti ideologici che portarono al dramma delle dittature fasciste e alla tragedia del genocidio.
Solo grazie alla democrazia e ai cittadini che hanno memoria di quel tempo si può evitare di ricadere di nuovo in quell’abisso di male, ma ciò non significa che si debba abbassare la guardia o ci si possa permettere di non mantenere l’attenzione su ogni rigurgito nostalgico o su ogni atteggiamento che, con operazioni intellettualmente e consapevolmente disoneste, si vuole far passare per folkloristico, mentre contiene, più o meno latenti, i semi dell’odio e dell’intolleranza. I meccanismi della comunicazione che fanno crescere il consenso verso la destra non sono dissimili da quelli su cui si basava la propaganda nel passato: profughi e immigrati vengono additati come nemici degli Italiani, come parassiti che vivono alle nostre spalle, come responsabili del disagio economico e della povertà di molte famiglie; agitando lo spauracchio della perdita di identità nazionale, di attentato ai valori tradizionali si parla, addirittura, di sostituzione della razza e di una sorta di “meticciamento”.
Inoltre, in diverse realtà amministrate dalla destra “moderna” si emanano regolamenti per non riconoscere diritti a chi non è italiano, anche se regolare e paga le tasse che contribuiscono ai lauti stipendi degli amministratori stessi. Non entriamo poi, nel merito dello sfruttamento di persone disperate nei campi e nelle fabbriche del Nord.
Esponenti della destra italiana, anche inquadrati in formazioni come FdI e Lega, inneggiano alla possibilità di sparare sui barconi di profughi che solcano il Mediterraneo o addirittura plaudono alla morte di essere umani, colpevoli soltanto di essere “diversi” e di desiderare di vivere con dignità.
Se, veramente, vogliamo onorare il Giorno della Memoria, allora abbiamo il dovere di farci parte attiva, non solo nell’agire quotidiano e nell’esercitare la solidarietà verso i più deboli, ma anche esercitando consapevolmente il proprio diritto di cittadini in cabina elettorale, difendendo e coltivando la democrazia, al fine di evitare, un giorno, di rimpiangere di essere stati indifferenti.
In commossa Memoria,
La Redazione