venerdì 14 agosto 2020

Solo una "Questione Morale"?

"La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico". (cit. Berlinguer).

Una dichiarazione drammaticamente attuale, come molte sue altre. Così lo storico leader di quella Sinistra che seppe, partendo anche dalla dura analisi delle sue ombre interne, costruire un pezzo di storia importante per le future Democrazie.

Viene da domandarci cosa Berlinguer potrebbe pensare e dire oggi, a circa 40 anni da quelle dichiarazioni ed alla luce dell'attuale scandalo del Bonus Covid, i famosi 600 euro, poi diventati 1000, richiesto ed ottenuto anche dai parlamentari (almeno 5 stando alle dichiarazioni INPS), oltre che dalle tante figure che rappresentano comunque le istituzioni a livello regionale, e cosa aggiungerebbe alle sue già dure parole sulla politica di allora. 

Siamo chiari, questa del Bosus rappresenta solo l'ennesima dimostrazione di quanto poveri, miserevoli, ridicoli, meschini, inadeguati possano essere certi "uomini", ed ovviamente "donne", di questa "nuova politica italiana". Personaggi talmente pieni di se che a forza di urlare "al ladro" si sono dimenticati che, l'invettiva, laddove spregevole, deve valere anche e soprattutto per se stessi. Dov'è quella politica che deve ergersi da "esempio", dentro quale anfratto del dibattito è andata persa. Come ci siamo ritrovati in un mondo in cui gli slogan, e soprattutto le "cazzzate", contano più di un serio dibattito e, tristemente, più delle azioni meritevoli?

Cosa penserebbe del continuo sberleffo che, anche conseguenza di comportamenti "volutamente" leggeri ed irrispettosi di certi politicanti, tanti cittadini si sentono il diritto di avere verso le Istituzioni?

Cosa penserebbe del degrado morale e culturale in cui tutto questo ci sta trascinando?

Noi volgiamo credere che, piuttosto, ci chiederebbe "cosa ne pensiamo noi" e cosa siamo disposti a fare per inserire la retromarcia, fermo restando che non sia già troppo tardi.

Proprio cosi, oggi siamo noi gli attori in campo, Politici e non, attivisti e non, o più semplicemente cittadini di un Paese che non sa più come urlarci il suo bisogno di "ridestarsi". Siamo convinti che ci sia un Italia che crede nella giustizia, nella legalità, nella trasparenza, convivenza civile, finanche nelle Istituzioni e nello Stato, e crede in un Paese stufo di farsi ingannare dalle solite menzogne, architettate ad arte per distrarre l'opinione pubblica delle proprie incapacità.

Provate a fare un "test", pubblicate sulla vostra pagina Facebook (vale per qualsiasi Social) 2 post nella stessa giornata, uno nel quale parlate di un argomento importante, nel quale credete, esempio immigrazione, scuola, economia, scegliete voi, poi poco dopo pubblicate un post volutamente "leggero", ad esempio voi che bevete una birra magari con una mascherina nel taschino o sul gomito, ironizzando su questo, bhe credetemi, il post con la birra surclasserà di "mi piace" l'altro post. Questo piccolo test non ha alcuna pretesa di carattere sociologico, ma restituisce un idea molto semplice e banale di come gli argomenti seri perdono facilmente contro argomentazioni di gran lunga più leggere e disinpegnative.

Quello che sembra mancare al dibattito attuale sembra essere quel forte legame con gli "Ideali" che contraddistingueva il dibattito politico fino a qualche tempo fa, soprattutto di una parte della sinistra,

Dobbiamo tornare a riempire di significato le Nostre parole, riscoprendo la "grande bellezza" dei nostri temi, che significato riusciamo ancora a dare a temi come "Etica e Morale" se lasciamo che all'indignazione iniziale non seguano azioni mirate ad impedire nuovi scempi, ed altri temi come "Giustizia, Legalità" che valore hanno se al ricordo ed alla commozione non seguono azioni forti e vere di contrasto agli abusi, alle corruzioni facili e diffuse, alle evasioni fiscali (tema drammaticamente vivo) e non ultimo di contrasto a tutte le Mafie. Ed il senso di "Riformismo" vogliamo davvero consegnarlo alla storia come un "bluff", un inganno a noi stessi della serie "avevamo in mente tante belle riforme, ma una volta l'opposizione, una volta l'Europa ed una volta Capitan Nessuno ce l'hanno impedito?

E' giunta l'ora di smettere di guardarsi allo specchio, se la società in cui viviamo inizia a non piacerci dobbiamo impegnarci con tutte le nostre forze per cambiarla. Abbiamo tante sfide importanti davanti a noi, la crisi (nostro malgrado) ci consegna un Paese che ha necessità di cambiare passo, davvero, fuori dagli slogan, penso al MES. Tutti concordiamo sulla necessità di una Sanità nuova, efficiente, equa e solidale da nord a sud, ora è il momento. Dobbiamo affermarlo a voce alta, fieri e convinti che sia la cosa giusta, perchè sappiamo che lo è.

Lasciamo agli altri gli "slogan" non hanno altro, Noi abbiamo da fare, abbiamo un Paese a cui pensare.

Un abbraccio Riformista,

La Redazione




 

 

giovedì 13 agosto 2020

1848-1948 "Dallo Statuto Albertino alla Costituzione della Repubblica Italiana"

Costituzione della Rapubblica Italiana
Parte III                                      

Negli anni della guerra, dopo l’armistizio con gli Alleati annunciato alla nazione l’8 settembre 1943, con la Resistenza e la ripresa dell’attività dei movimenti politici antifascisti precedentemente messi al bando dal regime di Mussolini e la successiva liberazione da esso, si giunse a maturare l’idea che lo Statuto Albertino non fosse più uno strumento adeguato per la costruzione né, soprattutto, per la cura di una società democratica.

Il 2 giugno 1946 si tenne il referendum popolare per stabilire se l’Italia dovesse mantenere come forma di governo la monarchia o se dovesse diventare una repubblica.

Per la prima volta nella storia del nostro Paese la votazione avvenne per suffragio universale, cioè con l’estensione del diritto di voto alle donne, così come era stato stabilito dai decreti legislativi luogotenenziali emanati dai governi provvisori ancora in tempo di guerra, in particolare il numero 23 del 1° febbraio 1945 introdotto su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi sotto la seconda presidenza Bonomi.

A essere più precisi, già a partire dal marzo del 1946 la componente femminile dell’elettorato italiano aveva potuto esercitare questo diritto in alcune tornate a carattere amministrativo e locale. La data del 2 giugno resta tuttavia emblematica e simbolica, perché si trattò della prima occasione in cui si adottò il suffragio universale su scala nazionale con il referendum e le contestuali elezioni politiche.

A tal proposito, in una sorta di “election day” ante litteram, Il 2 giugno, oltre al referendum che sancì la vittoria della Repubblica, gli italiani furono anche chiamati ad eleggere i 556 membri dell’Assemblea Costituente, cioè quel novello organo istituzionale che avrebbe avuto il compito di stendere una nuova Costituzione per l’Italia.

All’interno dell’Assemblea Costituente, a seguire, fu individuata una commissione formata da 75 membri e rappresentativa di tutti gli orientamenti politici con il compito di formulare i principi fondamentali del nuovo stato repubblicano, che, in riferimento ai valori della democrazia, dell’uguaglianza e della libertà, sarebbero poi confluiti nei primi dodici articoli della Costituzione.

I lavori dell’Assemblea non furono sempre agevoli, soprattutto per il delicato e onusto compito di armonizzare le diverse istanze delle varie forze politiche in campo e di giungere ad un documento che ne rappresentasse un valido compromesso e allo stesso tempo garantisse al sistema istituzionale italiano una salda tenuta contro potenziali derive autoritarie e antidemocratiche, cosa che lo Statuto Albertino, per la sua flessibilità, non era riuscito a fare.

Dopo circa un anno e mezzo di attività e di sessioni, si arrivò alla promulgazione ufficiale della Costituzione della Repubblica Italiana e alla sua entrata in vigore: era il 1° gennaio del 1948.

La Costituzione era quindi scaturita dal confronto e dalla sintesi degli orientamenti di tutti quei movimenti politici che, pur essendo sottesi a collocazioni ideologiche differente e a volte anche antitetiche, avevano come comune denominatore l’antifascismo e il riconoscimento dei principi e dei diritti democratici e civili dei cittadini come fondamenti inderogabili della nuova società italiana.

Questo passaggio è fondamentale e oggi più che mai urge rammentarlo, poiché l’antifascismo è un valore fondante della nostra società civile che, secondo i dettami costituzionalmente statuiti, ravvisa nel fascismo o anche soltanto nell’apologia di esso un reato perseguibile a norma di legge.

Quali sono le principali caratteristiche della Costituzione repubblicana?

La Costituzione Italiana è:

  • Votata dai membri dell’Assemblea Costituente eletti direttamente dal popolo.

  • Lunga, poiché prevede 139 articoli, suddivisi in tre parti (Principi fondamentali: articoli 1-12; Parte I: diritti e doveri dei cittadini, art. 13-54; Parte II: ordinamento della repubblica, art. 55-139), più le Disposizioni transitorie e finali (18 articoli).


  • Rigida, perché eventuali modifiche non possono essere operate tramite iter legislativi ordinari, ma devono passare attraverso quella che viene chiamata “procedura aggravata” per la revisione delle leggi costituzionali. La flessibilità precipua dello Statuto Albertino,


  • Democratica, perché costitutiva di una repubblica che riconosce i diritti dei cittadini e si impegna a tutelarne il benessere attraverso lo stato sociale.


Per quanto concerne l’ordinamento istituzionale, i Padri Costituenti stabilirono di adottare come forma di governo quello della Repubblica Parlamentare, sistema atto a garantire pienamente la separazione dei poteri dello Stato. Il Capo dello Stato, il Presidente della Repubblica, è la figura rappresentativa dell’unità dello Stato; il potere legislativo è affidato al Parlamento suddiviso in due camere elettive, Camera dei Deputati e Senato, quello esecutivo al governo presieduto dal Presidente del Consiglio e quello giudiziario alla magistratura.

Da quel lontano 1848, quando re Carlo Alberto di Savoia aveva voluto riconoscere alcuni, seppur limitati, diritti ai propri sudditi, passando attraverso le lotte risorgimentali, due conflitti mondiali e la barbarie della dittatura fascista, si è arrivati alla Costituzione Repubblicana del 1948, mai come oggi attuale e garante di quella libertà di cui godiamo grazie al sacrificio e all’intelletto di chi si è impegnato per fare dell’Italia un paese democratico e civile.

A quanti, in nome di una migliore efficienza dello Stato, invocano cambiamenti radicali della Costituzione, spesso in modo capzioso o per finalità piegate ad un particolarismo politico nemmeno troppo celato e potenzialmente pernicioso per la tenuta democratica del Paese, è d’obbligo ricordare come la nostra carta sia davvero foriera di valori esemplari e che, senza con questo venir meno alla necessità di leggere l’evolversi dei tempi, anche su scala globale, sarebbe sufficiente rispettarne appieno le indicazioni per avere una società ancora più funzionale ad una fattiva concretizzazione di quei diritti e di quelle libertà che essa indiscutibilmente sancisce. 

Un abbraccio Costituzionale,

La Redazione