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lunedì 1 agosto 2022

Oltre le "Barricate" - Parma 1922 - Italia 2022

BARRICATE DEL 1922

Nell’estate del 1922, in seguito all’inasprirsi delle violenze fasciste contro le organizzazioni e le sedi del movimento operaio e democratico, l’Alleanza del Lavoro proclamò per il 1° agosto 1922 uno sciopero generale nazionale in “difesa delle libertà politiche e sindacali”. Contro la mobilitazione dei lavoratori si scatenò la violenza delle squadre fasciste lungo tutta la penisola.

L’Alleanza del Lavoro sospese lo sciopero il 3 agosto, ma le aggressioni aumentarono e solo in poche città fu organizzata la resistenza alle azioni delle camicie nere. Le spedizioni punitive ebbero così un totale successo con la distruzioni di circoli, cooperative, sindacati, giornali ed amministrazioni popolari.

A Parma, sola eccezione, gli sviluppi dello sciopero furono ben diversi: la città divenne teatro di una resistenza armata alle squadre fasciste che, dopo cinque giorni di combattimenti, risultò vittoriosa. I lavoratori avevano risposto compatti allo sciopero e, forti delle tradizioni locali del sindacalismo rivoluzionario, mostrarono ancora una volta grande capacità di mobilitazione e di combattività.

Con la locuzione fatti di Parma s’intende l’assedio operato dagli squadristi, comandati prima da un quadrumvirato locale e successivamente da Italo Balbo, alla città di Parma in cui si trovavano asserragliati gli Arditi del popolo e le formazioni di difesa proletaria, all’inizio dell’agosto 1922.

Nei primi giorni di agosto vennero perciò mobilitati dal PNF (Partito Nazionale Fascista) circa 10.000 uomini per l’occupazione di Parma, giunti dai paesi del parmense e dalle province limitrofe. La popolazione dell’Oltretorrente e dei rioni Naviglio e Saffi si prepara all’aggressione, innalzando barricate e scavando trincee, volendo difendere ad oltranza le sedi delle organizzazioni proletarie e di quelle centriste conoscendo le devastazioni che i fascisti avevano compiuto in altre località, come nel ravennate, guidati proprio da Italo Balbo. Mentre a livello nazionale lo sciopero si esaurisce in un fallimento completo, a Parma l’idea di resistere si radica sempre di più. Nei quartieri popolari i poteri istituzionali passano al direttorio degli Arditi del Popolo comandati da Guido Picelli. Il 6 agosto, su consiglio anche dell’ufficiale militare al comando della locale Scuola di Applicazione militare, Lodomez, ma soprattutto resisi conto dell’impossibilità di conquistare la città senza scatenare una vera e propria guerra, che avrebbe provocato una carneficina, i fascisti passarono il controllo dell’ordine pubblico all’esercito, impegnandosi a ritirarsi. Fonte: https://www.testeparlantimemorie900.it/

Sembrano davvero lontani i tempi in cui, mossi dalla forte necessità di resistere, i cittadini, i sindacati, e la politica si univano per respingere il nemico "oppressore" fascista.

Il tempo sembra aver cambiato le vicissitudini, negli ultimi anni, soprattutto a sinistra, i partiti hanno preferito dividersi, per rincorrere contenuti distanti, a volte, solo per qualche sfumatura cromatica, piuttosto che unirsi e rilanciare il Paese, insieme e da sinistra, con riforme necessarie. 

In quel 1922 a Parma gli scontri coinvolsero attivamente tutta la popolazione e venne superata ogni polemica politica tra le diverse tendenze: arditi del popolo, sindacalisti corridoniani, confederali, anarchici (Antonio Cieri comandò la resistenza del rione Naviglio), comunisti, popolari, repubblicani e socialisti combatterono, fianco a fianco, le squadre delle camicie nere.

Una lezione di UNITA' che non può essere dispersa ne dal tempo ne da facili populismi, una lezione di RESISTENZA che è utile oggi più che mai, alla vigilia di una tornata elettorale tra le più complicate ed importanti degli ultimi tempi. Una lezione di modernità da ricordare a chi si candita a Rappresentare i valori della Sinistra Riformista. 

Nelle settimane che ci dividono da questa importante tornata elettorale saranno fondamentali le nostre capacità di gurardare oltre quelle "Barricate" e di aprire le nostre sedi, e le nostre liste, a quella società civile che, da molto tempo invano, reclama un centro sinistra capace di rinnovarsi, costruendo un nuovo fronte democratico e liberale che sappia andare oltre le "Barricate", oltre la "Resistenza" per combattere nuovi "sovranismi" e facili "populismi".

Consiglio di lettura: "Oltretorrente" di Pino Cacucci.

Un abbraccio democratico,

Circolo PD Monte San Vito






sabato 9 ottobre 2021

CONTRIBUTI PER LA MIGLIORE POLITICA: COSA SIGNIFICA ESSERE ANTIFASCISTI OGGI?

Ebbene sì, questo ciclo di divulgazione storica volge al termine…

Dallo scorso febbraio, abbiamo iniziato a rivolgerci alle lettrici ed ai lettori di questo blog, proponendo la memoria di una coppia di politici del Novecento, legati al PCI ed alla DC . Abbiamo attraversato  decennio, a partire dagli anni Novanta, con Achille Occhetto e Mino Martinazzoli… 

Questa piccola fatica divulgativa si compone sinora di quasi 20 post ed ha l’obiettivo sfidante di contribuire ad aumentare la qualità dell’ offerta formativa del PD nei confronti di iscritti, elettori, dirigenti…

In questi mesi, abbiamo incrociato figure di donne ed uomini che hanno fatto la storia del Novecento e tramite la loro biografia abbiamo affrontato temi di attualità come il ruolo delle donne, il lavoro oggi, il ruolo dei sindaci, la lotta alle mafie…

Adesso mancano tre coppie di figure di rilievo per  PCI e DC da sottoporre alla Vostra attenzione. 

Abbiamo scelto di unire queste ultime narrazioni con una parola chiave: ANTIFASCISMO. Tratteremo, infatti, degli anni Quaranta, Trenta e Venti del secolo scorso.

Per non spendere parole superficiali, si premette la opportunità di ricordare le tante vittime del fascismo e del nazismo in Italia, a partire dai giovani condannati a morte, le cui lettere sono un documento di cultura civile, prima ancora che politica, da preservare e rileggere periodicamente.

Inoltre, come suggerisce il segretario del circolo Matteo: “ Occorrerà approfondire il contesto storico:  l'idea di Mussolini sulla creazione di un uomo nuovo italico, poi ripresa da Hitler nel 1933;  le mire imperiali che hanno portato alla conquista e al milione di morti in Eritrea con i primi campi di concentramento in Libia e le deportazioni degli arabi fino alle isole Tremiti; l'uso del gas nervino da parte di Graziani per piegare la resistenza libica con l’ avallo di Mussolini. Bisognerà raccontare i costi di vite umane e materiali inflitti all'Italia e al mondo tramite il nazismo figlio del fascismo: l'umiliazione dell'essere umano”.

La impresa culturale è vasta, molto al di sopra di questo blog, ma sembra che anche l’attualità la reclami…

Iniziamo,dunque…e lo facciamo con una domanda introduttiva: Cosa significa esser antifascisti oggi? 

Azzardo alcune risposte, in forma volutamente aperta:

Significa conoscere e far conoscere la storia della dittatura fascista sotto il Re Vittorio Emanuele III? Significa conoscere le vicende della Seconda Guerra Mondiale?

Significa aver avuto famigliari uccisi, percossi, incarcerati dai nazifascisti?

Significa impegnarsi a non presentare nelle liste elettorali persone nostalgiche del Ventennio?

Significa iscriversi all’ANPI?

Significa lottare per l’uguaglianza e la dignità di ogni persona, contro tutte le discriminazioni?

Significa partecipare con convinzione e con le bandiere del PD alle celebrazioni per il 25 aprile?

Significa sottoscrivere le proposte di legge di iniziativa popolare contro i cimeli del ventennio?

Significa aderire alle manifestazioni popolari come le spaghettate antifasciste?

Significa opporsi ai sovranismi?

Significa essere antirazzisti?

Significa denunciare il clima di odio che su Internet viene scatenato dagli odiatori di professione contro gli ebrei, le donne, gli stranieri, le persone omosessuali?

Significa impegnarsi nei partiti che si ispirano espressamente ai valori della Costituzione repubblica (nata dalla lotta ideale contro il fascismo) e non hanno paura di dirlo?

Significa promuovere l’ educazione alla Costituzione, alla cittadinanza, alla educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado?

Significa fare i conti con la propria storia di famiglia, come la filosofa Michela Marzano, nel recente libro Stirpe e Vergogna, Edizioni Rizzoli?

Per chi scrive, non si tratta di domande retoriche. Per due motivi: innanzitutto perché i sondaggi ci dicono che l’elettorato italiana ha sempre voglia dell’uomo forte al comando, anche a discapito delle libertà democratiche. In secondo luogo, perché il PD di definisce un partito antifascista (faccio riferimento ad una recente modifica dello Statuto nazionale del partito, che ha inserito espressamente il richiamo all’antifascismo. Anche l’Assemblea Regionale del PD introdurrà questo richiamo all’antifascismo nel proprio Statuto Regionale).

Per provare a scrivere cose non banali sull’argomento, proseguiremo come abbiamo fatto sinora, partendo dalla storia: dedicheremo gli ultimi tre post di divulgazione storica a tre coppie PCI e DC: 

Palmiro Togliatti ed Alcide De Gasperi; 

Don Luigi Sturzo ed Antonio Gramsci; 

Umberto Terracini e Giuseppe Donati. 

Ricorderemo non solo il loro contributo alla storia della libertà in Italia, ma anche al modo in cui affrontarono il ventennio fascista, subendone le conseguenze sulla propria pelle con la morte, la prigionia, l’esilio…

Infine, proveremo a rispondere alle domande sopraelencate, coinvolgendo dirigenti, militanti del partito, docenti, storici, personalità della società civile, al fine di arricchire la nostra indagine…

E’ un finale di ciclo non facile, impegnativo, ma speriamo utile ed arricchente, coinvolgente e calato nell’oggi..

Link:

antifascismo nell'Enciclopedia Treccani

Contro il fascismo - Giacomo Matteotti - Libro - Garzanti - I piccoli grandi libri | IBS

Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana | Banca dati INSMLI

Italiani, brava gente? - Angelo Del Boca - Libro - Neri Pozza - I colibrì | IBS

Fascismo e società. Storia d'Italia del XX secolo - Pietro Scoppola - Libro Usato - Editalia - | IBS

Autobiografia del fascismo, Renzo De Felice. Giulio Einaudi Editore - ET Storia

Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto - Francesco Filippi - Libro - Mondadori Store

Michela Marzano: «Mio nonno era fascista» - L'Espresso (repubblica.it)

Giandiego Carastro




domenica 3 ottobre 2021

CONTRIBUTI PER LA MIGLIORE POLITICA Intervista all’avv. Laura Carnevali ed al sindacalista Donato Acampora 2° parte

Seconda PARTE

Proseguiamo l’intervista iniziata con il post precedente:  continuiamo ad ascoltare due voci che vivono sulla propria pelle le contraddizioni del mondo del lavoro, o meglio dei lavori: l’avv. Laura Carnevali ed il sindacalista CISL Donato Acampora.

Scuola ed Università, cosa possono fare per i giovani?

Risponde Laura: Occorrerebbe che le scuole e le università aiutino i giovani ad entrare prima nel mercato del lavoro. Per me, i ragazzi dovrebbero essere immessi prima nel mondo professionale, con stage e borse studio, già a 23/25 anni così da poter prendere contatto con il mondo lavorativo, acquisendo esperienza, professionalità e rivendibilità per il futuro. Ecco perché credo fortemente che anche il mondo universitario vada ripensato, o meglio sarebbe opportuno che tutte le Università italiana fossero capaci di offrire ai loro studenti sbocchi professionali ed un maggior contatto con le aziende presenti sul territorio, così da facilitare agli stessi l’ingesso nel mondo professionale. Tutti abbiamo diritto di trovare bei posti di lavoro, ben retribuiti, stimolanti e professionalizzanti; basta pensare che solo chi studia alla Bocconi o alla Luiss sia in grado di effettuare la scalata sociale e professionale.

Risponde Donato: Università e mondo del lavoro sono spesso percepiti come mondi distanti, incapaci di comunicare. Spesso, lo studente, sia durante il percorso scolastico che universitario, si ritrova abbandonato a sé stesso e si riscopre- almeno questa è la sensazione più comune- privo di quegli strumenti e collegamenti utili che lo avviino nel mondo del lavoro. Questo problema occupazionale, a mio avviso, affonda le sue radici in una mancanza di strategia a monte: per gli studenti delle superiori manca difatti, o è molto debole, una guida all’orientamento nella scelta dell’Università giusta che potrà garantire il lavoro del futuro. Analisi di mercato simili possono guidare ed aiutare non solo gli studenti, ma un intero Paese, formandone le competenze per le sfide future. 

Quale il ruolo dei sindacati confederali in questa difficile transizione?

Risponde Laura: Alla luce delle continue crisi, le Marche hanno preso molti schiaffi - dal 2008 ad oggi, tra crisi finanziaria, bancaria, terremoto e Covid – ed i contorni della sicurezza sul lavoro, della giusta retribuzione, della dignità si sono fatti più sottili. Per anni abbiamo sentito dire che le crisi si risolvevano tagliando salari e diritti. Il risultato è stato quello di impoverire tutta la Regione. La realtà ha ampiamente smentito questa tesi, perché è dimostrato dai dati che le aziende che hanno avuto un maggior successo sono quelle che hanno saputo innovare, coinvolgere il territorio, ma anche promuovere processi partecipativi attraverso relazioni sindacali di qualità, ovvero hanno valorizzano le professionalità nella ricerca del miglioramento del benessere lavorativo e formato i lavoratori, creando così un’occupazione di qualità, stabile, adeguatamente remunerata e tutelata.

Parole chiave di una nuova economia ad alto tasso di innovazione sono: il digitale, la transizione energetica, l’economia circolare, la sostenibilità, l'ambientale… queste realtà si contrappongono all’imprenditoria poco illuminata ed a un capitalismo parassitario sempre alla ricerca, a suon di delocalizzazioni, di un proprio paradiso a scapito dell’inferno in terra per qualcun altro. Diversamente i diritti sociali, il lavoro tutelato e di qualità, soprattutto per donne e giovani, sono e saranno necessari per ricomporre un tessuto sociale che l’emergenza Covid ha messo e sta mettendo tutt’ora a dura prova, solo così si potrà rilanciare lo sviluppo e la crescita della nostra Regione. Dai sindacati mi aspetto, quindi dibattiti più accesi, non solo verso le aziende, soprattutto con il mondo politico: è ora che l’abbassamento del cuneo fiscale sugli stipendi diventi un tema caldo, cosìcché siano finalmente garantiti anche nel Bel Paese (come nel resto dei Paesi dell’UE) salari più alti e adeguati al livello della vita in costante rialzo.

Risponde Donato: Sarò netto, il ruolo del Sindacato senza una Politica capace di ascoltare e recepire è nullo, anzi rischia di avere un impatto sociale devastante, soprattutto in un momento come questo, per la comunicativa di contrasto che gli attori in causa a quel punto andrebbero, per parte e per ruolo, a mettere in atto. E’ il momento della concretezza, anche per meglio investire sul futuro grazie ai fondi del Recovery Fund. Da subito una netta riforma delle Pensioni superando definitivamente, e senza inequità, la legge Fornero, in essa prevedere uscite con maggiori flessibilità, specifiche condizioni per le Donne, e garanzie per i giovani; un nuovo patto Sindacati-Governo-Aziende che rinnovi l’attenzione alla sicurezza sui luoghi di lavoro, lo slogan “basta morti sul lavoro” diventi un azione concreta che anticipi gli eventi; una riforma equa del fisco come importante strumento di redistribuzione che favorisca finalmente e realmente i redditi più bassi da lavoro dipendente, quelli che le tasse le hanno sempre pagate. Uno dei limiti che ho sempre riscontrato nel Sindacato, e lo dico dall’interno, è quello di restare troppo ambiguo su temi spesso centrali, oggi ad esempio serve coraggio nel dire che Vaccino e Green Pass sono la chiave per continuare a crescere ed evitare nuove drammatiche chiusure, ma va detto, e con chiarezza; cosi come da tempo serve coraggio nel dire che le competenze vanno premiate, ma bisogna dirlo e nel contempo farlo. L’ambiguità potrà anche garantire al Sindacato un numero maggiore di tesserati, ma non garantisce un futuro al nostro Paese.

Come il PD sta per voi seguendo la tematica del lavoro?

Risponde Laura: Credo fortemente che il nostro partito debba continuare a rimarcare a livello governativo i temi del lavoro mettendoli, come sta facendo, al primo posto.  Un partito serio come il PD deve operare per risolvere i problemi, come sta facendo il ministro Orlando, a differenza della destra che incita il dissenso, non propone idee fattibili,ma alza la voce su tematiche che stanno a cuore alle persone solo per acquisire ì consensi.  Penso al  tema degli stipendi, dell’abbattimento del cuneo fiscale, del mettere un freno ai costanti rialzi delle bollette, del carburante (ricordo che Salvini nel Governo Conte 1 affermava che avrebbe eliminato le accise sui carburanti, beh, non l’ha MAI FATTO!!!) Peraltro questi aumenti di bollette/carburante colpiscono tutti anche perché non sono proporzionali ed è quindi giusto che il Governo intervenga. Mi aspetto, quindi, un partito più tra la gente, che faccia emergere il suo programma e la linea di pensiero, che parli di più agli italiani, continuando a pensare ai più fragili e alle grandi battaglie, come lo ius soli.

Importante la posizione del PD critico verso il RDC nella strutturazione attuale, cosa che ha sempre segnalato, e che ritorni allo spirito del REI (reddito di inclusione del Governo Gentiloni) e, soprattutto, l’attivazione di strumenti specifici indirizzati alla inclusione lavorativa per giovani e disoccupati. Occorrerebbe pensare anche ai sussidi di disoccupazione ovvero a meccanismi in grado di supportare chi perde il lavoro e, al contempo, che i centri per l’impiego siano più tagliati a favorire il ricollocamento di queste persone nel ciclo produttivo.

Un partito che parli di più della “questione degli immobili” in Italia, riforma questa necessaria per ridurre le disuguaglianze ancora oggi esistenti sugli immobili. Ricordo che il sistema attuale non distingue la differenza di valore tra un immobile, a parità di vani, situato al centro di una città o in periferia, invece il valore commerciale dei due è differente!! Ecco quindi che non si tratta di aumentare la tassa sulla casa, ma di ridistribuire i carichi in base al valore vero di mercato. Questo va a beneficio dei cittadini, diversamente oggi il vantaggio è a favore dei più ricchi che dispongono di immobili di valore elevato.

Un partito che dia voce anche alle piccole partite IVA e le PMI, perché non sono i nuovi ricchi, il mondo autonomo non è più quello degli anni ’60 e come tale va ripensato. Vorrei che il partito alzasse di più la voce sulla condizione dei lavoratori, dalla questione dell’abbassamento del cuneo fiscale sul lavoro, a come reimmettere le persone che perdono il loro posto di lavoro (anche a 50 anni) nel mercato… questi dibattiti devono diventare sempre più presenti all’interno delle aule parlamentari. Bisogna far sì che la politica si impegni a favorire le condizioni affinché le imprese aumentino i posti di lavoro e ciò proprio a partire dall’abbassamento del fisco sulle imprese, oltreché dalla riduzione delle trattenute in busta paga, altrimenti non stupiamoci se le grandi imprese (che peraltro hanno importante offerta di manodopera) preferiscono delocalizzare altrove le aziende. Bisognerebbe cercare di far alzare il livello reddituale e salariale dei cittadini, invece di cercare escamotage per creare tassazioni e rincari, ultima tra tutte la tassa sul carboidrato visto il periodo di siccità che ha interessato l’Italia a causa del cambiamento climatico!

Risponde Donato: Il tema “lavoro” è di una complessità inaudita, da sempre il PD prova a muoversi in questa giungla ma, a mio avviso, con azioni spesso troppo soft che non spostano di molto, soprattutto nella percezione di lavoratori ed imprese, l’asticella della competitività. Bene sul cuneo fiscale, un primo passo, ma da solo non esaustivo, serve proseguire rivedendo tutto il tema della tassazione del lavoro, sia verso i lavoratori sia verso le imprese, in special modo per le nuove assunzioni. Incentivi che mirino ad un occupazione buona, stabile, che dia garanzie di reddito e di futuro. Altro tema caldo riguarda le delocalizzazioni, per combatterle serve creare condizioni ed infrastrutture che rendano virtuoso investire nel nostro Paese. Al momento vedo solo tanta demonizzazione e poco realismo verso le imprese, lasciamo gli spot elettorali ai partitini di destra e ritroviamo lo spirito costruttivo intorno al quale nasce il PD. La crescita del nostro paese passa attraverso il suo grado di coesione sociale e la difesa e la creazione di lavoro, distribuendo cosi i benefici dei fondi europei, in questa direzione vanno individuate le giuste soluzioni. Dobbiamo crederci di più.

In conclusione, quali sono le principali riforme che Vi attendete?

Risponde Laura: Mi aspetto norme sull’abbattimento del cuneo fiscale, misure a sostegno di chi perde li lavoro per un certo arco temporale breve (es. un anno), questo finché i centri per l’impegno (sempre entro un anno) non siano in grado di reimmettere le persone (di qualsiasi età) che perdono il posto di lavoro sul mercato. Occorre, quindi, effettuare un generale miglioramento e un perfezionamento delle strutture che già abbiamo.

Risponde Donato: Il tema principale, quando si parla di riforme, sono le risorse economiche di copertura e sono convinto che trovare e destinare le risorse ad un determinato tema non sia un fatto tecnico ma assolutamente politico. Servirà una riforma solidale degli ammortizzatori sociali che esca dall’ottica del corporativismo. Una riforma strutturale dei centri per l’impiego anche assorbendo le attuali agenzie, private, per il lavoro interinale: bisogna uscire dall’ottica della riduzione selvaggia dei costi ed abbracciare la più proficua e prospettica ottica della competenza. Serve una definitiva e solidaristica riforma delle Pensioni (lo accennavo prima) che metta al centro i giovani e le donne. Vanno individuate soluzioni che permettano di superare le disuguaglianze create dalla sperimentale “quota 100” evitando però di tornare alla Fornero, ormai fuori dai radar di tutte le forze politiche. Ci sono già importanti indicazioni che escono dal lavoro dalla Commissione lavoro della Camera (presieduta dal PD Cesare Damiano) che sta svolgendo un lavoro capillare individuando le categorie usuranti, ne sono state individuate già oltre 25, che consentirebbero un uscita anticipata dal lavoro… è solo l’inizio di una discussione e di un lavoro, politico, che si preannuncia comunque molto lungo e complicato (le sensibilità in campo sono molto diverse e spesso troppo attratte dal consenso). Nelle ultime riforme pensionistiche si è sempre parlato di Patto tra le generazioni, è ora di dare il giusto valore a questa affermazione individuando una formula che, al netto delle categorie usuranti, garantisca tutti, in special modo le nuove generazioni. Serve finalmente una concreta riforma del Fisco che riesca ad abbattere il muro dell’evasione, un macigno che affossa il nostro bilancio, anno dopo anno. Non ultimo serve una “legge elettorale” che da un lato sia capace di garantire a chi vince le elezioni condizioni concrete di governabilità e dall’altro garantisca alle opposizioni strumenti concreti di dialogo.

Ringraziamo Laura e Donato per queste preziosi riflessioni!!!

Giandiego Carastro

domenica 26 settembre 2021

CONTRIBUTI PER LA MIGLIORE POLITICA Intervista all’avv. Laura Carnevali ed al sindacalista Donato Acampora

Prima PARTE

Dedichiamo i prossimi due post all’ascolto di due voci che vivono sulla propria pelle le contraddizioni del mondo del lavoro, o meglio dei lavori…L’avv. Laura Carnevali ed il sindacalista CISL Donato Acampora.

Li ringraziamo sin d’ora per le loro risposte.

Quale è la situazione concreta di chi lavora oggi, o di chi è in cerca di lavoro?

Risponde Laura: La situazione concreta è che gli stipendi sono troppo bassi, mangiati dalle tasse e dal caro vita. Naturalmente tale circostanza poi si riversa sulle famiglie e sui giovani.  Oggi cercare lavoro è una missione, in primo è che nel nostro contesto (la Vallesina) non ci sono molte opportunità per trovare lavori gratificanti, ben pagati e sicuri nel tempo. Purtroppo a livello lavorativo non vedo molte chance.  La crisi produttiva e di mercato iniziata dal 2008 ha comportato significative variazioni nella fisionomia del sistema produttivo locale, ad oggi infatti registriamo una forte contrazione sia dell’offerta che della domanda di lavoro, come pure di opportunità lavorative; vi invito ad entrare in un centro per impiego per vedere i lavori che vanno in voga nel nostro contesto territoriale. Che il mondo lavorativo è in crisi lo dimostrano anche le PMI presenti nel nostro territorio che, pur non affette da situazioni gravi di crisi produttivo-finanziaria e pur mantenendo quote di mercato in sufficiente forza, mostrano un forte rallentamento dell'assorbimento di manodopera, ovvero la delocalizzazione della produzione in Paesi a minor costo del lavoro.  Oltre a quanto già detto sopra anche il Covid ci ha messo lo “zampino”, la CNA infatti nel mese di marzo affermava che nella Provincia di Ancona hanno chiuso a causa della pandemia quasi 500 aziende, falciando più di 17mila posti di lavoro. A fronte di questa drammatica situazione però i prezzi dei beni e servizi hanno avuto un’impennata pazzesca, ad es. questa estate mi è capitato spesso di pagare un pezzo di pizza 2,50 €, 2 piadine farcite al prosciutto 16 €, che dire poi del carburante e/o dei rincari delle future bollette. Quello che mi domando è: siamo solo costretti a vivere per pagare le tasse e vedere i nostri stipendi sempre più ridotti all’osso, o si può cercare di pensare a come far risparmiare di più i cittadini, cercando di fargli mettere da parte più di € 50, e di più cercando di far avere a tutti un livello di vita più dignitoso e sereno a cui hanno diritto?

Risponde Donato: Innanzitutto una precisazione, non sono sindacalista, almeno non inteso come lavoratore del sindacato, ma sono un semplicissimo rappresentante dei lavoratori, per la Fim-Cisl, eletto dai lavoratori nell'azienda in cui lavoro, un importante multinazionale nella Vallesina. Ma torniamo alla domanda, il mondo del lavoro è da sempre al centro del dibattito politico, vuoi per pura, spesso spietata, ricerca di consenso, e di voti, vuoi per le ingenti necessità innovative che questo mondo elemosina da anni. Rinchiusi tra due e più fuochi ci sono i lavoratori, o quello che ne rimane, contratti sempre più precari e corti. Una richiesta di flessibilità sempre maggiore che col tempo sta erodendo il significato stesso della parola lavoro, un tempo sinonimo di dignità. Per rispondere alla domanda, il mondo del lavoro oggi, senza voler entrare nelle diverse sfaccettature dei diversi, forse troppi, contratti di categoria, ha declinato ogni forma di dignità alla meno nobile arte della necessità. Anche in passato si lavorava per necessità, questo è ovvio, ma essere lavoratori non significava solo avere uno strumento per arrivare a beni materiali, siano essi alimenti o accessori, ma rappresentava appartenere, nel più alto e nobile del significato del termine, ad una società ed in essa costruire un identità ed una “dignità”. Ritrovino presto Politica e Sindacato la strada maestra che riporti il lavoro al centro non più del dialogo ma dell’azione. Basta con azioni spot pre-elettorali, le toppe non reggono più. Servono azioni chiare per far ripartire il lavoro e per attrarre nuovi capitali, anceh e soprattutto dall’estero.

Cosa possiamo imparare dagli altri Paesi dell’Unione Europea?

Dagli altri Paesi europei dovremmo più che altro calibrare il mondo del lavoro e questo a partire dal lavoratore subordinato, all’autonomo, alle imprese. L’Italia ha voluto prendere spunto dai modelli del Nord Europa per abolire il posto fisso e mutare la nostra concezione del lavoro, ma poi tale adattamento è stato attuato “all’italiana”. 

A titolo esemplificativo, riporto un elenco delle maggiori garanzie che hanno i Paesi del Nord Europa a cominciare dalla settimana lavorativa, che a differenza della stragrande maggioranza dei Paesi europei, quasi mai supera le 40 ore settimanali;

vi sono leggi che impongono una presenza obbligatoria di donne tra il personale dirigenziale delle aziende pubbliche;

è garantita la parità di diritti tra uomo e donna, anche a livello retributivo, come in nessun altro Paese europeo;

sono previsti tutta una serie di incentivi per chi decide di crearsi una famiglia e avere dei figli, non a caso è molto più semplice, nei Paesi del Nord Europa, per le donne conciliare lavoro e bambini, a differenza dell’Italia, dove molto spesso la parola maternità va a coincidere con mancata assunzione o licenziamento;

più ferie pagate per i lavoratori rispetto al resto d’Europa;

maggiori garanzie contrattuali e, in caso di perdita del lavoro, una cospicua disoccupazione con l’impegno da parte dello Stato di creare le condizioni  che permettano al disoccupato di trovare quanto prima un nuovo impiego;

agevolazioni fiscali e sovvenzioni particolari per i genitori.

Insomma abbiamo voluto la cancellazione del posto fisso, un lavoro più smart e plasmato sui modelli del nord Europa, ma ancora ad oggi c’è tanta strada da fare e mi piacerebbe che il nostro partito desse eco anche a queste esigenze, altrimenti sarà difficile recuperare la fiducia dei cittadini.

Risponde Donato: Bella domanda a cui ci potrebbero essere una serie di risposte diverse a secondo della categoria a cui facciamo riferimento, ma in media generale facendo riferimento ai paesi del Nord Europa, in particolar modo alla Danimarca, si sbaglia poco, salari più alti, una media di 25 euro/ora contro i circa 12,5 degli italiani, un welfare mirato che non si limita a tutelare la disoccupazione ma la guida verso l’occupazione, evitando quindi forme di assistenzialismo passive, un attenzione particolare di genere, con un tasso di occupazione femminile che in media, nel nostro paese, è di 10 punti percentuale al di sotto della media europea, e diminuisce laddove ci sono figli o anziani nel nucleo familiare. Ecco solo alcuni aspetti dove il nostro Paese ha, colpevolmente, ampi spazi di miglioramento, e la politica deve farsene carico. Basta con sterili ed infiniti assistenzialismi, si dia il via ad una nuova e vera rivoluzione del mondo del lavoro, si incentivino le competenze, si aiutino le donne a ritrovare un ruolo vero e centrale nel lavoro svincolandole dal focolaio domestico, con asili nido capillari ed aiuti concreti per non autosufficienti. Si riducano le forme di flessibilità raggruppandole sotto pochi e mirati contratti che garantiscano a tutti i lavoratori tutele minime di sicurezza e di salario sottraendoli alla fasulla necessità di un mercato selvaggio, per competere con i ritmi della globalizzazione servono competenze e coinvolgimento. Ripartiamo da queste. 

E’ per voi opportuno prevedere delle norme che tutelino maggiormente le donne?

Si indubbiamente, sono ancora troppo poche le aziende che hanno nel loro organico più donne che uomini, ma questo perché la maternità è concepita ancora ad oggi come un handicap. Anche se va detto che non tutte le donne possono godersi il lusso della maternità, pensiamo alle lavoratrici autonome. Forse più di norme tutelanti, occorrerebbe realizzare norme che migliorino anche regolamentazione della maternità, oppure incentivare la realizzazione di asili nido aziendali, questi ultimi infatti rappresenterebbero sicuramente una forma di attenzione verso i propri dipendenti e i loro bambini, inoltre favorirebbe il miglioramento della qualità della vita (lavorativa e non), come anche il rientro al lavoro delle lavoratrici dopo una maternità. Voglio spendere anche due parola sull’assegno unico per i figli 2021, è stata una bella iniziativa da parte del PD, perché da anni ormai nel nostre Paese le nascite sono in forte contrazione. Tuttavia mi auguro, che in futuro questo assegno possa essere esteso a tutti i cittadini italiani ed europei e non solo a chi presenta un certo ISEE, ovvero rientra in alcune categorie di lavoratori.

Risponde Donato: Come risposta secca direi che prevedere delle norme che tutelino le Donne nel mondo del lavoro rappresenta, a mio avviso, già di per sé una sconfitta per la nostra società. Una sconfitta, ovvero la necessità di introdurre procedure e regolamenti chiari per meglio tutelare le Donne nel mondo del lavoro, che al momento sembra l’unica opportunità per mirare ad una crescita collettiva mettendo in atto tutti quegli strumenti utili al raggiungimento della parità professionale, di carriera e soprattutto salariale. Questo richiede uno sforzo epocale, ovvero richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi, e senza delle politiche attive e concrete di welfare quest’obiettivo resterà sempre una chimera, da qui, da questa inefficienza della politica (per lo più maschilista e non solo maschile) ne derivano tristi ed umilianti provvedimenti come “le quote rosa”.               ......continua

Giandiego Carastro

mercoledì 15 settembre 2021

Contributi per la Migliore Politica Lavoro e globalizzazione: un rapporto difficile?

SECONDO POST SUL LAVORO

Il precedente post è stato dedicato a Giuseppe Di Vittorio ed a Giulio Pastore, importanti sindacalisti nel Novecento… Pur in poche righe, vorrei approfondire la prospettiva storica relativoa al nostro discorso sul lavoro. E’ un discorso complesso perché il secolo scorso, il Novecento, aveva un contesto sociale e produttivo ben diverso da quello di questi primi venti anni del 2000… Partiti come il PCI, il PSI, la DC aggregavano soprattutto lavoratori e lavoratrici…e nemmeno pochi: si tratta di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori!!!

Frutto legislativo dell’impegno politico dei militanti nei partiti è a mio avviso la legge 300 del 1970, che ha introdotto le norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento. 

Cosa è successo negli ultimi venti-trent’ anni? In una parola…è successa la globalizzazione. Infatti, il fenomeno dei mercati su scala globale ha reso il mondo del lavoro più liquido, fragile e molto è cambiato negli ultimi venti – trent’anni…

Quando è iniziato il cambiamento nelle politiche per il lavoro? Per i partiti di sinistra, quando a metà Anni 90 del Novecento è stata scelta la cosiddetta Terza Via, cioè la scelta di unire la rappresentanza di lavoratori e di imprenditori, non solo principalmente dei primi. La Terza Via in Italia era rappresentata dall’Ulivo, in Francia dai socialisti e da F. Mitterand e L. Jospin ed in Germania da  G. Schroeder.

A livello normativo, forse possiamo ricordare il “pacchetto di riforme” del Ministro del lavoro Treu, del 1997, durante il I Governo Prodi: queste riforme hanno iniziato ad introdurre elementi di flessibilità nel mondo del lavoro, sino ad arrivare  ai recenti decreti legislativi relativi al Jobs Act del 2016 (Governo Renzi), i quali hanno introdotto un approccio diverso dal consueto, sicuramente diverso da quello novecentesco…Basti pensare alle lunghe discussioni, dentro e fuori il partito, rispetto alle modifiche dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, l’articolo che tutela il lavoratore dal licenziamento illegittimo.

Il PD ha cercato di rimanere coerente con i propri ideali anche nel nuovo contesto, provando a  tutelare sia i diritti degli imprenditori onesti, creativi, capaci di tenere uniti sviluppo sia i diritti dei lavoratori, in un quadro di sostenibilità ambientale e di lotta ai cambiamenti climatici… Insomma, il lavoro rimane centrale per il PD, ma il contesto sociale ed economico si è modificato nei decenni ed il partito ha dovuto rispondere alle nuove esigenze.

Quanto abbiamo descritto riguarda il passato, ma per il presente ed il prossimo futuro?

In quale direzione il PD dovrà esprimere le proprie energie? Anche tenendo conto delle nuove povertà causate dal Covid-19…. L’attuale Ministro del lavoro è Andrea Orlando, figura di rilievo nazionale del nostro partito. Qualche giorno fa, è intervenuto a Crema sulla importanza di rafforzare welfare e politiche attive. Ecco un passaggio del suo intervento: “La pandemia ci ha insegnato che nessuna economia può prescindere dal tema della centralità della persona e della sua integrità, dall'insieme di relazioni che determinano la coscienza e la visione del mondo”. Questo deve essere il punto di partenza. Anzi “della ripartenza. Si rende necessario ripensare la nostra organizzazione sociale ed economica per evitare che la crisi sanitaria diventi sempre più una crisi sociale”. 

Elenchiamo quattro tematiche:

- Formazione professionale e formazione durante tutta la vita del lavoratore. Occorre migliorare i canali di collegamento tra scuola, lavoro, università, istituti superiori professionali, etc., anche valorizzando la formazione on-line. Un riferimento ideale è quello del diritto alla formazione che è proprio di ogni lavoratrice e lavoratore.

- Sicurezza sul lavoro. Nonostante le leggi e la cultura aziendale abbiano da tempo fatto passi in avanti per la sicurezza sul lavoro, purtroppo le cosiddette morti bianche continuano a spargere dolore e morte tra lavoratrici e lavoratori.  Mentre ultimavo questo post, arrivavano luttuose notizie di nuove morti sul lavoro a Pietrasanta e Napoli!!!

- Ascoltare periodicamente il mondo sindacale. Il Partito potrebbe prevedere periodici incontri son i sindacalisti delle aziende del territorio. Magari con la scusa di ricordare Giuseppe Di Vittorio e Giulio Pastore…

- Parità retributiva tra uomini e donne. Nei mesi scorsi, abbiamo a lungo riflettuto sul ruolo delle donne nella società e nel mondo del lavoro. Oggi segnaliamo una azione concreta che potrebbe essere proporre anche nelle Marche la legge regionale Lazio sulla parità salariale tra donne ed uomini!!!

Conclusioni

...Il mondo del lavoro è un tema basilare per il PD, molto complesso ed articolato: con questo post abbiamo fornito solo alcuni cenni… Nel prossimo post, ascolteremo la voce dei militanti (avv. Laura Carnevali) e dei  sindacalisti (Donato Acampora) per sentire i loro pareri e le loro idee per un mondo del lavoro più giusto ed equo.

Approfondimenti

Accanto ai sindacalisti, esistono esperienze di attivisti che alzano la voce artisticamente contro lo sfruttamento. Pensiamo alla dignità dei raccoglitori di pomodori in Puglia. Valorizziamo la testimonianza di Diletta Bellotti che ho conosciuto guardando Rai 3.

I diritti sociali e del lavoro nella Costituzione italiana, a cura di Giuseppe Casadio, disponibile presso la biblioteca del circolo

Pacchetto Treu - Wikipedia

Statuto dei lavoratori nell'Enciclopedia Treccani

Consiglio Regionale del Lazio - Approvata la legge sulla parità retributiva di genere (regione.lazio.it)

Giandiego Carastro


domenica 25 luglio 2021

Contributi per la Migliore Politica Oggi, come stanno i sindaci?

Nel post precedente ci siamo soffermati sul ricordo della sfida elettorale del 1956 tra DC e PCI a Bologna,  tra i candidati  Giuseppe Dossetti e Giuseppe Dozza. Continuiamo ad occuparci del ruolo dei sindaci, delle difficoltà che incontrano, delle sfide in arrivo…

Nei primi cinquant’anni circa della nostra Repubblica, i candidati in Parlamento oppure nei Consigli regionali provenivano dai partiti e dalle loro "scuole di formazione interna". A partire dagli anni 90 del secolo scorso, un bacino importantissimo da cui trarre la nostra classe dirigente nazionale sono diventati sindaci e, più in generale, gli amministratori locali. Questo forse anche a causa della legge 25 marzo 1993, n. 81 che introdusse la elezione diretta dei sindaci (prima i sindaci venivano eletti dai consigli comunali). 

Proprio negli anni Novanta, a seguito di questa riforma elettorale, ricordiamo la nascita di una stagione importante, ricca di passioni politiche a livello comunale che portarono ad un nuovo ruolo dei sindaci  in diverse città: a  Roma ( F. Rutelli), a Torino (V. Castellani), a Napoli (A. Bassolino), a Reggio Calabria (I. Falcomatà), a Venezia (M. Cacciari), a Milano (M. Formentini), a Palermo (L. Orlando), etc… Ai sindaci di quel decennio si collegò in un certo senso una nuova primavera democratica.  Per tutti, cito il cosiddetto “rinascimento” di Napoli e la riqualificazione del tessuto socio-urbanistico…

Questo…trent’anni fa. Ma oggi, come stanno i sindaci? Che ruolo stanno avendo? Il loro ruolo è più facile o più difficile di 20 anni fa? Dove si incontrano le maggiori difficoltà? Invece, quali sono gli ambiti di maggior innovazione? 

Ho rivolto queste domande a Gianni, un mio amico padovano che da decenni studia i fenomeni partecipativi locali, in tema di società e innovazione e che è impegnato in Argomenti2000 (e non solo).  Egli mi scrive così,  sul tema del ruolo dei sindaci oggi: “ In mesi recenti ho visto all'opera alcuni sindaci, soprattutto di comunità di non grandi dimensioni. Mi sembra che siano soprattutto "tesi" a far bene, a svolgere "con efficacia" il mandato ricevuto. Certo. NON sempre sono aiutati dalla formazione pregressa, o dal contesto "esigente", o dal ruolo - differenziato - dei partiti”.

Proprio sul legame tra partiti, comunità locali e ruolo dei sindaci si è svolto un recente incontro organizzato a Bologna da Repubblica delle idee.

Il  tale sede, il Presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, Antonio Decaro, ha chiesto alle istituzioni nazionali di far contare di più i sindaci. “Io non credo sia il tempo del partito dei sindaci, ma i sindaci possono rappresentare il Paese in una dimensione nazionale”, ha dichiarato a Repubblica il 12 luglio scorso. Proprio Repubblica aveva organizzato il giorno prima a Bologna un incontro su questo tema, con la attuale sindaca di Crema Stefania Bonaldi e con il candidato PD a Sindaco di Bologna, Matteo Lepore. 

Il moderatore dell’incontro è stato il giornalista Stefano Folli, che ha messo il dito in una piaga: politici e sindaci appartengono a mondi che stanno diventando distanti, a mondi che non si parlano abbastanza…I relatori hanno espresso un disagio: i sindaci sono responsabili di troppe cose: dal marciapiede sconnesso che fa inciampare un cittadino alle dita di una bimba, schiacciate dalla porta antincendio di un asilo (fatto realmente accaduto a Crema). Proprio la sindaca di Crema ha sottolineato la peculiarità di chi è amministratore:  i sindaci sono immersi nella realtà, costretti alla concretezza, abituati alla compassione. 

Conclusioni:

Per alcuni osservatori gli 8 mila sindaci vivono una fase di stanchezza, perché amministrare è sempre più complesso, i cittadini sono sempre più esigenti o arrabbiati (v. la pervasività dei social-media ed il controllo assiduo dei cittadini nei confronti dell’operato dei sindaci), i vincoli economico-finanziari di Roma sono forse eccessivi ed i bilanci comunali sono sempre più esigui…
Ma - come dimostrano le testimonianze raccolte recentemente da Repubblica - i sindaci rappresentano un pilastro fondamentale della democrazia repubblicana e come tale il loro ruolo va apprezzato, tanto più che dal PNRR arriveranno ingenti risorse da investire per migliorare le situazioni territoriali in tema di ambiente, riqualificazione urbana, coesione sociale…
Possiamo concludere dicendo che essere sindaco oggi è più complicato di un tempo, ma - in una logica di rete - i sindaci rimangono  protagonisti decisivi, insieme alle istituzioni nazionali e regionali, alle forme associate della società civile, ai cittadini ed alle cittadine attive sui social e nei contesti locali...

Per approfondire:

Ecco il lini alla videoregistrazione dell’incontro di Repubblica delle idee
Rep Idee 2021 - Bologna e il fronte dei sindaci: Lepore, Bonaldi e Decaro - la Repubblica

Sul rinascimento napoletanto
Napoli ieri: il rinascimento napoletano, “passo dopo passo”… (napoliflash24.it)

La  prof.ssa Francesca Gelli ha scritto un libro sulla democrazia locale, tra rappresentanza e partecipazione

La democrazia locale tra rappresentanza e partecipazione - FrancoAngeli.

Giandiego Carastro




martedì 1 dicembre 2020

Fratelli tutti: Nessuno si salva da solo

L'Acli Marche prova a fare una sintesi della terza enciclica di Papa Francesco, ringraziamo Giandiego per la segnalazione. 

“Fratelli tutti” è il titolo della terza enciclica di papa Francesco, resa pubblica il 4 ottobre, festa di San Francesco, un documento impossibile da sintetizzare in poche righe, ma dal quale si possono trarre alcune importanti indicazioni, anche per il particolare momento che stiamo vivendo.

Innanzitutto va sottolineata la continuità con l’enciclica “Laudato si’”, dedicata ai problemi del nostro pianeta, la “casa comune”: la fratellanza di cui si parla non riguarda soltanto il rapporto fra gli esseri umani, ma anche il rapporto con il creato. Anche questa enciclica si apre con una analisi dei problemi del mondo di oggi, che ostacolano lo sviluppo della fraternità universale. Il papa denuncia i “segni di un ritorno all’indietro”, in conflitti anacronistici, in “nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi” e in molteplici forme di razzismo: “è inaccettabile – scrive il papa – che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti”.

A questo “mondo chiuso” il papa contrappone “un mondo aperto”, fondato sulla dignità di ogni persona, sulla legge suprema dell’amore fraterno e, come si legge nel sottotitolo dell’enciclica, “sulla fraternità e l’amicizia sociale”. Tutta l’enciclica trae ispirazione dalla parabola del buon samaritano, che ci propone appunto una fraternità universale aperta, “che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita”. Di qui l’invito ad avere “un cuore aperto al mondo intero”, unendo un sano amore per la propria patria all’apertura ai problemi del mondo intero. Dalla sfida di “sognare e pensare un’altra umanità” si passa alle sfide concrete che devono affrontare gli uomini di oggi; il papa riprende così temi a lui cari: il rifiuto della “cultura dello scarto” e del disprezzo per i deboli, il rispetto dei diritti umani, il corretto atteggiamento nei confronti delle migrazioni (vengono riproposti i 4 verbi: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”), “il grande tema del lavoro”, l’aiuto ai poveri consentendo loro “una vita degna mediante il lavoro”.

In una “società pluralista”, la fraternità nel mondo si costruisce sul dialogo, come “riconoscimento del punto di vista dell’altro”; ma si costruisce anche sul superamento dei conflitti, sul perdono reciproco e sulla pace. Da queste convinzioni discende la chiara condanna della guerra (non esiste una guerra giusta) e della pena di morte, definita “inammissibile” e quindi da abolire in tutti i Paesi del mondo. Nella costruzione della fraternità universale un contributo fondamentale deve venire dalle religioni, da tutte le religioni, a partire dal “dialogo tra persone di religioni differenti”.

Nell’enciclica non manca un riferimento alla pandemia che stiamo vivendo, con una indicazione di fondo: “Il vero dramma di questa crisi sarebbe quello di sprecarla”. Il papa riprende quanto aveva affermato nella meditazione del 27 marzo a Piazza San Pietro: “siamo tutti sulla stessa barca”. Siamo tutti fragili e disorientati, ma il virus ci ha fatto comprendere che ci troviamo tutti sulla stessa barca e ci ha reso consapevoli di essere “una comunità mondiale”. Non sprechiamo quindi questa crisi; dobbiamo sconfiggere il Coronavirus, ma ci sono altri virus da sconfiggere: l’egoismo, l’individualismo, il razzismo. Affrontiamoli, consapevoli che siamo fragili, ma convinti anche che “nessuno si salva da solo”.

Fonte "ACLI Marche"

mercoledì 28 ottobre 2020

Meglio il consenso, o la verità?

In storia non vi è alcun dubbio, alla fine, la verità vince sempre. Purtroppo però la "storia" è una sciccheria per i posteri e che, chi deve lavorare sul presente per scriverne le trame, anche se abbagliato dalle luci del consenso, non può, e non deve, permettersi. In questo scenario si muove oggi la nostra "amata" politica imbavagliata dalla sua stessa dialettica, spesso di bandiera e vittima, consenziente, dei duri colpi che la "realtà" sanitaria ed economica gli (o meglio "ci") sta sferrando.  
Lo scenario a cui assistiamo quotidianamente è di una politica destinata a lucrare per pochi spiccioli di vantaggi personali, consapevole che, scherzando col fuoco, prima o poi una fiammata, di quelle forti e dolorose, ci investirà, e saranno dolori per tutti. Possibile che nemmeno un nemico dichiarato come il Covid riesce a farci desistere dalla nostra perenne esigenza di "consenso"? Possibile che non riusciamo a percepire il forte odore di bruciato nemmeno quando a bruciare sono le nostre stesse case? Apriamo gli occhi, e lo faccia la politica tutta, questa emergenza sanitaria, se non affrontata con pragmatismo e visione,  finirà per mandare tutti a casa, un reset politico da cui non si salva nessuno, nemmeno il più viscido tra profeti di sventura. 
Abbiamo avuto mesi per preparare il Paese alla seconda ondata, e ora che è arrivata, puntuale come solo le sventure e le brutte notizie sanno essere, ci accorgiamo di non aver fatto abbastanza, di non aver preparato il Paese all'impatto. Si perchè non basta dire che arriverà la pioggia se poi non si costruiscono ripari, o almeno tanto ombrelli (e non monopattini). E di contro un opposizione che di par suo gridava di aprire quando si chiudeva e di chiudere quando si apriva, nel più classico del bastian contrario, finendo per destabilizzare più l'opinione pubblica che la maggioranza stessa. 
Il nuovo DPCM (24 ottobre) è figlio naturale di tutto questo, si chiude la stalla dopo che i buoi sono usciti e senza aver costruito un bel recinto (ampio, sicuro e condiviso) all'interno del quale difenderli. Abbiamo perso mesi, dalla prima forte ondata del virus, a dibattere su come affrontare l'inverno, e ora? Proponiamo alla Scuola la Didattica A Distanza dopo che per mesi ne abbiamo decantato la centralità? Chiudiamo la Cultura accomunandola come pericolosità al più classico aperitivo tra amici e dimenticandoci di esserne il Paese principe per antonomasia? Chiudiamo le attività sportive dopo aver guidato le stesse ad autoregolarsi, e autofinanziarsi, con stringenti protocolli di sicurezza, cosi come hanno fatto anche attività commerciali come Ristoranti e Bar.
Credo che tutto questo faccia male al Paese e faccia ancora più male a noi del PD, noi che, storicamente, dovremmo essere i primi a caricarci sulle spalle il peso delle scelte. Sarebbe ora di imprimere alla "storia" quel cambiamento in cui abbiamo (forse) sempre creduto, accantonando le facili e sterili proposte di assistenzialismo, utile solo per un giro di ruota, e virare la prua verso lidi meno turistici ma più connessi alla realtà, rimettendo al centro del dibattito il vero problema, il Virus, e colpendolo nelle sue debolezze, ovvero rilanciando la Sanità Pubblica e rafforzando i Trasporti con i soldi del MES, pronti da subito, fermi in un limbo di ipocrisie e demagogie a gridare vendetta.
Dopo le elezioni Regionali il nostro segretario, Zingaretti, forse rinvigorito dal pericolo scampato, almeno per le Regioni che il PD è riuscito a difendere, ha iniziato ad invocare un cambio di marcia netto al Governo ma, almeno in apparenza, sembra non crederci nemmeno lui. 
La verità è una pratica faticosa, non sempre (quasi mai) conduce al consenso, ma di sicuro produce stima, questo deve valere per i Governi centrali cosi come per le Regioni, le Province e i Comuni, nessuno deve sentirsi esente da colpe e forse, un giorno, la storia ci ricorderà come quelli che, attraverso la "verità" hanno poi raggiunto il "consenso".

Un abbraccio vero,
La Redazione



mercoledì 21 ottobre 2020

Stiamo meglio nel PD: Motivazioni, visioni, condizioni per stare nel Partito Democratico da cattolici

 

Terza parte

Come scrivevo prima, diversi amici mi invitano a militare in Italia Viva o in Dipende da Noi o in DEMOS o nel nuovo Centro Insieme, poiché mi segnalano diversi limiti del nostro partito.

E’ vero, non dobbiamo nasconderci dietro facili retoriche…ci sono diverse cose da poter migliorare.

Personalmente, indico queste aree di miglioramento con il termine “condizioni” e ne elenco alcune:

Potremo stare tutti meglio nel PD:

A condizione che il PD diventi un luogo dove la formazione della classe dirigente pesi…eccome

Gli studenti universitari hanno il loro libretto. La mia proposta è che anche i militanti ed i loro dirigenti abbiano un loro libretto, nel quale inserire le ore di attività formativa a cui si è preso parte, da discenti, come da docenti. I militanti dovrebbero garantire l’impegno a frequentare almeno 50 ore annuali. I dirigenti invece almeno 100 ore. Per questi ultimi, sarà necessario prevedere una formazione speciale, a seconda che vogliano offrire le proprie energie per candidarsi alle elezioni, oppure dentro gli organismi di partiti, oppure nelle società partecipate dallo Stato, dalle Regioni, dagli enti pubblici.

Non vi spaventate…nel conteggio delle ore, andranno considerate le ore di Assemblea di circolo o i Seminari previsti dalle componenti culturali che compongono il PD oppure le ore di volantinaggio oppure il tempo dedicato a scovare, studiare, condividere con il partito un determinato saggio di cultura, oppure le ore certificate ad esempio dalle Università sui temi di interesse di un partito come il PD.

Il riferimento è all’articolo 35 dello Statuto nazionale del PD, che incentiva la formazione continua, attraverso la Fondazione Costituente.

Potremo stare tutti meglio nel PD:

A condizione che il PD dimostri più chiaramente di avere a cuore la qualità della democrazia interna

Il PD deve adottare al proprio interno i principi espressi dalle leggi regionali sulla partecipazione. Qui citiamo la legge n. 31 del 2020 delle Marche poiché, come sopra riportato, Argomenti2000 ha potuto contribuire alla sua stesura. Inclusione di più punti di vista, trasparenza, fiducia nel dialogo, accountabiliy...sono solo alcuni principi per riformare alla radice la vita dei circoli del PD.

Un secondo elemento sarà quello di valorizzare le componenti! Sul punto vorrei essere chiaro.

Le correnti possono esser di due tipi: d’aria fredda e fanno ammalare; di energia e danno la carica. Ecco una condizione per abitare da cattolici democratico il PD è che esso inizi ad essere animato da componenti che siano correnti di energia, di collegamento tra vita concreta e idee politiche, che facciano circolare nuova linfa. Nel concreto, ipotizzando che ogni circolo convochi 4-5 Assemblee e 8-10 Direttivi per anno solare, ogni riunione dell’Assemblea e del Direttivo dovrebbero essere preceduta da una riflessione delle componenti presenti, in modo da arrivare adeguatamente preparati. Ciò comporta che i Segretari di circolo e le rispettive segreterie programmino per tempo temi e date degli incontri.

La base di questa riflessione è data dalla necessità di dare attuazione all’articolo 1, comma 8 dello Statuto del PD, sul rispetto del pluralismo delle opzioni culturali e delle posizioni politiche come essenziale alla vita di partito.

Potremo stare tutti meglio nel PD: 

A condizione che nel PD siano valutate le competenze dei propri iscritti/intellettuali, non solo dei propri amministratori

Nel PD ci si deve confrontare tra culture politiche, prima ancora che sui nomi da inserire nelle liste elettorali. Altrimenti le persone non si avvicineranno più ai circoli e non ci voteranno perché non ci sarà il sale che anima una sana dialettica politica.

Il PD non può essere solo il partito che elogia i sindaci che ben amministrano. Deve ritornare ad essere il partito di studiosi, studenti, appassionati di politica che pensano, si confrontano, litigano sui temi della cittadinanza, della giustizia, della religione e della laicità. Non solo sindaci, ma anche professori, impiegati, giuristi, architetti, operatori sociali, teologi possono offrire un contributo di pregio…la figura che individuo è quella dell’intellettuale militante, di cui va valorizzato il sapere, la esperienza, lo sguardo critico…

In questo ambito, invito il Partito a non cedere alle lusinghe del “frettolismo” rispetto a come decidere su piani, progetti, opere dal grande impatto sociale ed ambientale. Le sirene del decisionismo democratico, proprie di molti nostri sindaci, non sono un campo fruttuoso. Occorre recuperare, con pazienza, un tema caratteristico dei partiti di centrosinistra: la valorizzazione della partecipazione dei cittadini e dei comitati alla vita delle istituzioni: ascoltare i cittadini PRIMA di una decisione è di sinistra e fa ridurre i contenziosi al TAR o al Consiglio di Stato. Per questo, bisogna stare attenti a non assecondare versioni neoliberali,  incentrate sul “fare di fretta”, richiamandosi al modello del sindaco di destra di Genova. Il PD dovrebbe ricordare un altro modello Genova, quello voluto dalla sindaca pro tempore Marta Vicenzi che dieci anni fa ebbe il coraggio di istituire un “dibattito pubblico”, alla francese sul tema della Gronda di Genova, servendosi di esperti brillanti come il compianto Luigi Bobbio!!!

E’ molto importante aver riattivato il blog del circolo e per questo ringrazio in particolare Matteo e Donato. E’ su questa strada che occorre continuare, anche sfruttando le competenze informatiche apprese durante i mesi di pandemia, chiusi in casa ma collegati tramite Internet con i colleghi, gli amici, etc.

Conclusioni

“Il PD deve porsi l’obiettivo di essere il primo partito dei cattolici”, scriveva qualche anno fa il prof. Fulvio De Giorgi nel saggio Il mito del centro, cattolico? che potete leggere nel libro a cura di Argomenti2000 Il cattolicesimo democratico in ricerca.

E’ un obiettivo a cui tendere insieme, nei prossimi anni.

La motivazione è questa: nel PD, da cattolici democratici, si può essere incisivi.

La visione è da far tremare le vene ai polsi: il PD sia un partito ad impianto berlingueriano ed a trazione morotea.

A patto che siano rispettate le condizioni espresse: un PD che punti concretamente sulla formazione della classe dirigente; un PD di amministratori ed anche di iscritti/intellettuali; un PD che abbia  cuore la democrazia interna.

Sarà un cammino non facile, ma l’obiettivo è sfidante e sono convinto che possa essere condiviso da tanti iscritti e dirigenti del PD, non solo da tante cattoliche e cattolici democratici.

Per conto mio, in questa direzione vorrei poter continuare a dare il mio contributo per i prossimi anni…

Giandiego Carastro

lunedì 19 ottobre 2020

Stiamo meglio nel PD: Motivazioni, visioni, condizioni per stare nel Partito Democratico da cattolici


Seconda parte

La visione in tre punti: antifascismo, cattolicesimo politico, benecomunismo

Il Segretario nazionale del PD Zingaretti ha da tempo lanciato il Congresso delle idee, per dare nuovo slancio ideale al partito, e riposizionarlo in un tempo nuovo, diverso – come ricordavo prima.

Poi è arrivata la pandemia ed il congresso è stato rinviato senza una data certa. Ma prima o poi sarà svolto, e, da cattolico democratico, mi piacerebbe presentare la seguente nuova visione per il bene comune di tutto il PD. Da quando nella società civile era ancora presente lo spirito dell’Ulivo, il movimento popolare di trasformazione sociale che ha animato moltissime realtà a fine anni 90 del secolo scorso, raggiugendo importanti traguardi in tema di adesione all’Unione Europea e di riduzione delle diseguaglianze. Lo spirito dell’Ulivo è esaurito: occorre costruire insieme una nuova visione. Da dove partire?

Vorrei ricordare che un anno fa, a novembre 2019, l’Assemblea nazionale del PD ha modificato lo Statuto del partito: "Il PD è un partito antifascista che ispira la sua azione al pieno sviluppo dell'Art.3 della Costituzione". La modifica collega la qualifica di "partito antifascista" con l'Art.3 della Costituzione italiana che recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

La pandemia non ci ha permesso di approfondire questa importante modifica, ma adesso possiamo dire che il PD può creare delle alleanze con i ricercatori che stanno analizzando sotto basi rinnovate il tema della riduzione delle disuguaglianze: penso a Suor Smerilli, a Fabrizio Barca, a Luigino Bruni, a Enrico Giovannini, ed anche gli stessi Zamagni, Becchetti, Rosina che ho citato nei post precedenti.

A mio avviso, il PD del futuro, oltre proporsi come partito antifascista, è destinato ad essere un partito benecomunista e socialcattolico.

Il PD sarà un partito benecomunista, perché tenderà verso la trasformazione profonda del modello economico volto ad implementare resilienza, sostenibilità, prossimità. La Laudato Sì di Papa Francesco e le azioni di G. Thumberg con i ragazzi di Friday for Future hanno tanto da suggerire al partito. Come anche le riflessioni dei cittadini attivi che da anni guardano ai beni comuni come risorsa di rinnovamento (penso a Labsus, o alla Rete dei beni comuni emergenti, etc).

Come diventare partito “benecomunista”?

La prospettiva per me più fertile per il PD sarà quella di proporsi come partito moroteo ad impianto berlingueriano. Cosa voglio dire? Voglio dire che il PD si proporrà come partito con il radicamento nella cura per la qualità costituzionale delle istituzioni ed attivamente proteso verso la difesa dei diritti e dei doveri dei cittadini, soprattutto i più piccoli e poveri.  Provando a dare visibilità alle soggettività benecomuniste presenti nel Paese, che costituiscono il terzo pilastro del vivere civile, insieme alle istituzioni (Comuni, Aree vaste, Regioni, Stato, Unione Europea, Onu…) ed al mercato.

Il PD sarà berlingueriano… mi spiego meglio: il riferimento è al compromesso storico elaborato da Enrico Berliguer, negli anni 70 e che si basava sull’orizzonte di una fusione tra cattolici e comunisti per la trasformazione socio-economica del Paese nell’ottica della riduzione delle diseguaglianze.  Il progetto venne interrotto dal barbaro omicidio di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse, nel 1978. Tuttavia, questo precedente storico mi porta a proporre di definire il PD “ad impostazione berlingueriana”, dal momento che - come da Statuto nazionale - la  base del PD è e continuerà ad essere plurale, nell’orizzonte unitivo elaborato da E. Berlinguer: cattolici, atei, agnostici, ebrei, islamici, femministe, LGBTQ sono la componente attiva del PD, ciascuno con la ricchezza delle proprie culture politiche di riferimento, come voleva l’allora Segretario del PCI.

Inoltre il PD sarà a trazione morotea…che vuol dire? La impostazione sarà berlingueriana, ma la trazione sarà morotea perché come metodo e direzione il PD si reggerà sul cattolicesimo politico democratico e sociale  che ha ospitato tra le sue file lo statista di Maglie. Come A. Moro ha guidato il processo di inserimento pieno nella dinamica democratica del PSI (anni Sessanta del Novecento) e del PCI (Anni 70 del Novecentro), così adesso la mission dei prossimi decenni sarà guidare il cambiamento ecologista rappresentato da un parte consistente del M5S nella accettazione della dinamica parlamentare e rappresentativa. Certo, il M5S dovrà stemperare l’ardore eccessivo verso la democrazia diretta on-line, ma i processi politici necessitano tempo ed Argomenti 2000 Senigallia può offrire una base di partenza: la legge sulla partecipazione n. 31 del 2020 che ha avuto come primo firmatario Antonio Mastrovincenzo e come relatore Claudio Minardi. E’ una legge trasformativa, basata sulla democrazia deliberativa e partecipativa e che non contrasta la democrazia rappresentativa, ma la arricchisce…C’è già, basta implementarla e praticarla…

Inoltre, il PD sarà a trazione morotea perché il riferimento al ruolo del cattolicesimo politico dentro il PD non riguarda solo l’ingegno di Aldo Moro, ma è rivolto al cattolicesimo universale e sociale: come abbiamo visto nei post precedenti, la Chiesa cattolica (ad esempio con la enciclica Laudato Si ed adesso con la enciclica Tutti Fratellista irrorando di nuova linfa le riflessioni di persone, popoli, istituzioni planetarie: sui seguenti temi: verso nuovo modello di sviluppo che superi la economia che uccide; una ecologia integrata con la giustizia sociale; politiche attive per lavori degni, creativi, partecipati; la strategia del voto con il portafoglio... Il PD potrà utilmente assorbire nel suo tessuto connettivo queste idealità molto concrete…...Continua....

Giandiego Carastro


giovedì 15 ottobre 2020

Stiamo meglio nel PD: Motivazioni, visioni, condizioni per stare nel Partito Democratico da cattolici

Prima parte

Questo è l’ultimo post che dedico al tema “cattolici e politica al tempo di Papa Francesco”. Nei post precedenti abbiano esaminato le novità sociali del Magistero di Papa Francesco alla luce del Concilio Vaticano II (1962-1965), abbiamo accennato alla storia del movimento cattolico rimandando alle opere dello storico Ernesto Preziosi, abbiamo infine approfondito tre distinte posizioni: Stefano Zamagni, Leonardo Becchetti, Alessandro Rosina. Abbiamo concluso il precedente post, citando una riflessione del prof. Riccardo Saccenti che ha dato conto della complessità del mondo cattolico, tra la seconda metà del Novecento ed inizio del nuovo Millennio.

Adesso è mio compito sostenere le ragioni per rimanere o entrare nel Partito Democratico, da cattolici democratici e sociali.

Inizio con alcuni episodi di vita reale, verificatisi durante la campagna per le recenti elezioni regionali. Alcuni amici che hanno votato per Italia Viva mi hanno criticato perché rimango nel PD: per loro è un partito "troppo di sinistra". Amici che hanno votato per Dipende Da Noi (movimento marchigiano vicino al prof. Roberto Mancini) mi hanno mosso una critica speculare: il PD è un partito "troppo che si dice di sinistra, ma in fondo in fondo assai simile alla destra". Dal 4 ottobre, immagino che altri amici mi diranno di andare nel nuovo partito cattolico di centro denominato Insieme, opposto alla destra e alternativo alla sinistra, da poco costituito.

Non sapendo a chi dare retta, e visto che” virtus in medio stat”, rimango nel PD.

Provo a ragionare insieme a Voi, offrendo motivazioni, visioni, condizioni per una presenza fruttuosa del cattolicesimo democratico dentro il PD.

Premessa

Il PD ha una sua identità ed una sua missione. Queste vanno “ritarate” a partire da alcuni fenomeni esterni ed interni. Tra i fenomeni esterni, basti citare la crisi profonda causata dalla pandemia (“Nulla sarà come prima”) oppure la globalizzazione che ha creato agio per le classi medie in alcuni Paesi (vedi Cina) e disagio in altri Paesi (v. Italia). Tra i fatti interni, cito semplicemente la necessità di trovare dei nuovi miti fondatori: infatti, andando a ritroso, si sono esauriti i miti “ delle primarie” (v. gli anni del confronto tra Renzi e Bersani, non a caso entrambi Segretari PD ed entrambi usciti dal loro ex partito..), della buona politica (il riferimento è alle lezioni del primo Segretario nazionale W. Veltroni) e dell’Ulivo (cioè di quel fermento sociale che ha  non solo spinto ma addirittura “spintonato” i dirigenti del PPI-Margherita, dei Repubblicani, degli ambientalisti, dei socialisti, del PDS-DS a dare una prospettiva politica unica ed unitaria: il PD appunto).

La mia proposta, che riprenderò successivamente, è quella di recuperare la stagione del confronto serrato tra Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, in quella stagione che la DC definiva della “solidarietà nazionale” ed il PCI “compromesso storico”.

Nel nostro circolo, fino a qualche tempo fa, era presente una foto della storica stretta di mano tra Berlinguer e Moro.

Quella foto andrebbe riaffissa a Monte San Vito, come in tutti i circoli PD del Paese…

Le motivazioni

Ecco una prima motivazione: è’ opportuno rimanere nel PD, perché il cattolicesimo democratico può essere significativo. Con questo, rispondo indirettamente alle annotazioni dei professori Zamagni e Becchetti per i quali nel PD i cattolici non contano. Nel 2018 e 2019, Argomenti2000 di Senigallia ha avviato una riflessione sulla qualità della partecipazione democratica. Il 5 ottobre 2019, a Senigallia, insieme alla Presidente nazionale di Aip2 Chiara Pignaris ed al Presidente del Consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo, le idee hanno preso forma. Grazie al fatto che alcuni di noi di Argomenti2000 erano anche componenti del PD, queste idee sono diventate legge regionale sulla partecipazione n. 31 del 2020. Una legge che trasforma alla radice la partecipazione marchigiana!.A Senigallia, è stato importante il ponte che siamo riusciti a costruire tra società civile riflessiva, partiti, istituzioni regionali. E’ stato importante il ruolo della coordinatrice di Argomenti2000 Senigallia, Ilaria Ramazzotti, membro dell'Assemblea regionale del PD Marche.

Quindi, da cattolici democratici si può incidere nel PD: è una motivazione in termini di efficacia dei processi.

Ecco una seconda motivazione, forse poco nota: alcuni membri di Argomenti2000 che sono anche iscritti al PD hanno costituito, due anni fa, la componente Progetto Italia Progetto Europa, che ha siglato un patto con l’allora candidato alla Segreteria nazionale Nicola Zingaretti, che il 18 dicembre 2018 ha ringraziato Argomenti2000 per il contributo.

Adesso, Progetto Italia Progetto Europa è una componente del PD, come le tante altre che esistono…Si tratta di una motivazione squisitamente politica per rimanere nel PD, ma assai importante!  ....a breve la seconda parte...

Giandiego Carastro