Concludevamo il precedente post, chiedendoci cosa Tina Anselmi e Nilde Iotti potessero dire oggi al PD, alle sue donne ed ai suoi uomini ed in generale ai cittadini della nostra Repubblica. Già nel precedente post abbiamo ascoltato le voci di alcune donne: Laura, Veronica, Annapaola, Rosa, Teresa. In questo post proviamo ad allargare il discorso, parlando di donne e società alla luce dell’esempio di Nilde e Tina. Chissà come Tina Anselmi e Nilde Iotti avrebbero affrontato le sfide post-pandemia, siano esse politiche, sociali, economiche, culturali... E per far questo ho chiesto la cooperazione del Gruppo Donne del PD che ringrazio per il contributo e per la pazienza nell’aver voluto leggere la prima versione di questo post.
Un po' di filosofia
In questa indagine su donne e società, devo riconoscere un tributo alle riflessioni della teologa Selene Zorzi, che ha approfondito le tematiche del “genere” sia nella sfera culturale che in quella ecclesiale. Ad i suoi saggi rimando le lettrici ed i lettori. Proprio da un suo scritto, ho trovato questa “premessa” filosofica che risale a Platone e Aristotele (Antica Grecia), ma che ha ancora i suoi impatti oggi giorno (v. maschilismo).
Per Platone, le donne potevano diventare filosofe e guardiane. Per lui prevaleva la uguaglianza: la uguaglianza è morale, non legata alla diversa fisiologia dei corpi; quindi le donne possono valutare e decidere come gli uomini. Per Aristotele, invece, ha prevalenza la differenza. E da lui deriva la visione della donna come un uomo mancato, come un mezzo uomo. S. Tommaso, che nel Medioevo studiò molto Aristotele, assorbì la sua visione ed anche nella Chiesa per molti secoli la donna è stata considerata un uomo a metà… Quindi, quando nel discorso pubblico, tendiamo a sottolineare la uguaglianza tra uomo e donna, siamo più platonici. Quando invece tendiamo a sottolineare le differenze, siamo più aristotelici (anche le femministe, in una certa fase del loro percorso, hanno praticato la differenza, promuovendo la separazione sociale tra uomini e donne al fine di dare alle donne quanto spetta loro).
E’ utile questa premessa culturale, per provare a capire insieme in modo aggiornato la questione di genere? Penso di sì. Ovviamente, le visioni che considerano la donna come uomo-a-metà sono sorpassate ed occorre trovare nuovi paradigmi, come ad esempio quelli basati sulla relazione paritaria tra donne ed uomini!!!
Ringrazio Giorgia del Gruppo Donne del PD per questa aggiunta che conferma quanto riportato dalla teologa Selene Zorzi: “ Per la parte filosofica c’è un libro molto bello del filosofo Paolo Ercolani del 2016 “Contro le donne. Storia e critica del pensiero più antico” dove esamina i pregiudizi dall’antichità per capire la storia della misoginia. Aristotele, filosofo greco, sosteneva che era il maschio ad essere portatore del principio di movimento e della generazione, mentre la femmina era ridotta al rango di materia fecondabile: il corpo della donna svolgeva una funzione passiva ed impotente di ricezione del seme maschile, un seme generativo che quel corpo non era in grado di coagulare e scernere al proprio interno. Aristotele vede nella donna un uomo sterile ma che non deve essere considerata al pari degli schiavi. Anche i filosofi religiosi Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino avevano pregiudizi verso il genere femminile: Sant’Agostino sosteneva che la donna doveva essere sottomessa per ragioni sessuali e corporali al sesso maschile nonostante la ritenesse intelligente e razionale come l’uomo mentre San Tommaso d’Aquino cita Aristotele che bolla la donna come “maschio mancato o menomato, la cui sottomissione all’uomo è perfettamente naturale in virtù della capacità di discernimento razionale che abbonda in quest’ultimo, a differenza di quanto accade per ella, evidentemente”.
Fare memoria dei diversi femminismi
Le donne hanno qualcosa da dire e dare non solo in casa o nell’ambito del focolare: questa visione è parziale, ma ha dei supporters in politica (basti pensare alle recenti affermazioni di alcuni esponenti dei partiti di destra nella nostra Regione)…Per non parlare del diffondersi dei femminicidi e della violenza dei maschi contro le donne.
Qui accenno solamente, al ruolo dei diversi femminismi che dall’ Ottocento in poi hanno lottato per dare voce, diritti di voto, spazio, dignità alle donne. I femminini sono stati sia laici che cattolici, basti pensare ad Armida Barelli, fondatrice della Gioventù Femminile di Azione Cattolica e della Università cattolica a Milano e da poco dichiarata Beata da Papa Francesco!!!
Ovviamente, vanno ricordate le lotte per i diritti civili, in campo del diritto famigliare (legge sul divorzio e nuovo diritto di famiglia), della tutela della gravidanza ed al contempo della interruzione volontaria di gravidanza (1978)
Donne e laicità
Nel precedente post, abbiamo ricordato come Nilde Iotti si batté per i diritti delle donne, anche in tema di scelta della interruzione volontaria di gravidanza. Tina Anselmi fu profondamente credente ma questo non le impedì di firmare la legge che depenalizzò l’aborto, che rimane una scelta dolorosissima e che nessuna donna immagino compia a cuor leggero. La legge in questione è la n. 194 del 1978 e prevede anche una parte che promuove e tutela la maternità, creando una sintesi alta tra cultura DC e la cultura PCI. Ciò delinea un polarità interna alla legge: da un lato il diritto alla autodeterminazione della donna e dall’altro la promozione della maternità tramite il ruolo dei consultori. In Nilde Iotti, si possono rivedere le tante donne di sinistra che hanno manifestato per i propri diritti. In Tina Anselmi, cattolica e democratica, si possono rivedere quelle donne sinceramente democratiche che, pur contrarie all’aborto per motivi di coscienza e culturali, difendono la salute delle donne, la laicità della convivenza civile. Cosa questo può dirci oggi? Forse può spingerci a chiedere a tutte le donne di riconoscere la importanza di una legge approvata dal Parlamento, per la cui piena attuazione (autodeterminazione e tutela della maternità) occorre ancora oggi impegnarsi insieme. Laiche e credenti.
Donne e potere
Una amica mi ha scritto, leggendo una versione di questo post: “ La questione di genere non è solo da imputare al maschilismo imperante, ma anche al mondo femminile troppo abituato ad accomodarsi sulle posizioni degli uomini”…registro e riporto anche questo punti di vista…
Anche recentemente il PD si è interrogato su come dare equa rappresentanza alle donne: il precedente Segretario nazionale, Nicola Zingaretti, è stato criticato per non aver proposto figure femminili nel Governo Draghi, preferendo alle donne la nomina di esponenti delle principali correnti interne, tutti e tre maschi. Per qualche giorno, la questione è andata sulle pagine dei giornali e dei siti Internet, con la critica anche interna che il PD si fosse fatto battere da Forza Italia che aveva espresso più donne. Poi, la questione è come tramontata. E’ importante ritornarci perché il PD ha alle spalle l’impegno di tante donne, sia nei ruoli di partito, che nelle istituzioni. Ricordiamo, ad esempio, che il Consiglio regionale delle Marche ha approvato nel 2019 all'unanimità la introduzione della parità di genere nel voto per le elezioni regionali: per questa legge si era battuta l’assessore alle Pari Opportunità Manuela Bora e con lei tutto il gruppo consigliare dei PD.
Proprio in questi giorni, il neo-Segretario Enrico Letta ha chiesto a deputati e senatori di eleggere due nuove capigruppo. Al Senato, è stata eletta la Sen. Flavia Malpezzi. Alla Camera, si dovrà scegliere tra Marianna Madia e Deborah Serracchiani.
Quale protagonismo femminile per la ricostruzione nel dopo-pandemia?
Mi è capitato di intervenire a favore della valorizzazione delle donne in politica. Un’ amica mi ha criticato perché ho usato il termine “valorizzazione”, quasi che fosse una gentile concessione maschile valorizzare le donne. Le donne ci sono e vanno riconosciute. Non valorizzate…
Sempre a livello terminologico, da qualche anno, provo a parlare sia al maschile che al femminile (“care amiche ed amici”), non solo al maschile (“cari amici”). Provocatoriamente, mi rivolgo ad un pubblico generico anche con il solo riferimento al femminile (“care amiche”)…ma mi è stato fatto notare che a loro non fa caldo né freddo essere chiamate al “plurale maschile”, “tanto ci siamo abituate da sempre”…Al recente Festival della canzone italiana a Sanremo è sorta la questione se fosse preferibile chiamare Beatrice Venezi “Direttore di orchestra” o “Direttrice di orchestra”…Lei accettava la definizione di “Direttore”, ma altre donne, come Laura Boldrini, sono intervenute per dire che sarebbe stato opportuno chiamarla “Direttrice”.
Al di là di queste pur importanti questioni terminologiche, qui possiamo chiederci quali politiche attive dedicare al protagonismo femminile. Personalmente sono un fautore delle quote-rosa, cioè di quei meccanismi previsti per legge che ad esempio garantiscano che una percentuale di posti nei consigli di amministrazione delle aziende sia destinato al genere meno rappresentato, quindi solitamente al genere femminile. Ma anche qui, quante discussioni con quelle amiche anche nel PD che non si considerano “panda” da salvaguardare ! Sono solo desiderose di vedere riconosciuti i propri meriti, le proprie competenze, le proprie peculiarità….La loro critica è questa: le donne vanno prese in considerazione dalla società, perché valgono, non perché donne…
Inoltre, segnalo che alcuni studi sociali segnalano come la presenza delle donne nei ruoli apicali sia ancora diseguale rispetto a quella degli uomini. Invece, le aziende che premiano le donne sono quelle che hanno rendimenti migliori… ma è un dato che pochi conoscono e che andrebbe divulgato…
Volgendo alla conclusione, mi sento di dire che la testimonianza di Nilde e Tina sia ancora eloquente.
Lascio l’ultima parola a Chiara Canta ed a Laura.
La cara amica prof.ssa Chiara Canta mi fa notare che “durante la pandemia l’impegno femminile nel lavoro domestico e di cura è aumentato. Quando si è trattato di decidere nelle case degli italiani, all’interno della coppia, chi doveva restare a casa a prendersi cura dei figli e delle persone con disabilità, non ci sono stati dubbi: le donne sono state le prime ad essere scelte per smart working, cassa integrazione o licenziamento non appena possibile. Lavorare da remoto rischia di essere l’ennesima trappola attraverso cui farle fuori dall’ufficio, dalla vita sociale del Paese relegandole a un ruolo marginale, facendo compiere alle donne un balzo all’indietro di cinquant’anni rispetto alle posizioni conquistate”. Di Chiara mi permetto di segnalare l’importante saggio “ Le Pietre scartate”, Edizione Franco Angeli, sul ruolo delle teologhe ( e quindi anche delle donne) nella Chiesa cattolica.
Laura, del Gruppo Donne del PD, aggiunge: “Purtroppo i passi per le donne non sono finiti. In quarantena, molte donne sono saltate dai posti di lavoro e al contempo sono aumentati femminicidi e maltrattamenti. La strada è ancora lunga perché il nostro Paese ci tenga in considerazione a prescindere se si è belle o brutte, o dalla lunghezza delle gonne. Anche a me viene detto vuoi fare carriera come avvocata, o vuoi una famiglia? …Come se non avere una famiglia fosse una condicio sine qua non della carriera…Forse avere figli rallenta la carriera, ma senza bimbi continuiamo ad essere il Paese con molti anziani ed un tasso demografico che sale (pochissimo) grazie alle persone straniere..”
Ecco, mi auguro che dopo questi due post dedicati alle donne, le lettrici di questo blog possano sentirsi chiamate in causa, in qualche modo prendendo il testimone da Tina e da Nilde e prendendo parte attiva al Gruppo Donne promosso dal PD
Materiali per approfondire:
(Ringrazio Ilaria, Coordinatrice di Argomenti2000 Senigallia, per i consigli sui libri):
A cura di Ester Rizzo, Associazione Toponomastica femminile, Le mille. I primati delle donne
Ritratti di grandi donne del nostro tempo, Edizioni White Star
Valentina Ricci,Viola Afrifa,Romana Rimondi, Via Libera. 50 donne che si sono fatte strada
Paolo Ercolani, “Contro le donne. Storia e critica del pensiero più antico”, Marsilio, 2016
Dobbiamo trasformare la pandemia in un’occasione per diminuire le disuguaglianze di genere, insieme - THE VISION
San Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem (15 agosto 1988) | Giovanni Paolo II (vatican.va)
La Legge Golfo-Mosca 8 anni dopo - Diversity Management (diversity-management.it)
Benedetta Zorzi, Genere in teologia: dalla trinitaria verso una rigenerazione della maschilità, in CONVIVIUM ASSISIENSE XI (2009) 1, 105-146
Giandiego Carastro