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lunedì 1 agosto 2022

Oltre le "Barricate" - Parma 1922 - Italia 2022

BARRICATE DEL 1922

Nell’estate del 1922, in seguito all’inasprirsi delle violenze fasciste contro le organizzazioni e le sedi del movimento operaio e democratico, l’Alleanza del Lavoro proclamò per il 1° agosto 1922 uno sciopero generale nazionale in “difesa delle libertà politiche e sindacali”. Contro la mobilitazione dei lavoratori si scatenò la violenza delle squadre fasciste lungo tutta la penisola.

L’Alleanza del Lavoro sospese lo sciopero il 3 agosto, ma le aggressioni aumentarono e solo in poche città fu organizzata la resistenza alle azioni delle camicie nere. Le spedizioni punitive ebbero così un totale successo con la distruzioni di circoli, cooperative, sindacati, giornali ed amministrazioni popolari.

A Parma, sola eccezione, gli sviluppi dello sciopero furono ben diversi: la città divenne teatro di una resistenza armata alle squadre fasciste che, dopo cinque giorni di combattimenti, risultò vittoriosa. I lavoratori avevano risposto compatti allo sciopero e, forti delle tradizioni locali del sindacalismo rivoluzionario, mostrarono ancora una volta grande capacità di mobilitazione e di combattività.

Con la locuzione fatti di Parma s’intende l’assedio operato dagli squadristi, comandati prima da un quadrumvirato locale e successivamente da Italo Balbo, alla città di Parma in cui si trovavano asserragliati gli Arditi del popolo e le formazioni di difesa proletaria, all’inizio dell’agosto 1922.

Nei primi giorni di agosto vennero perciò mobilitati dal PNF (Partito Nazionale Fascista) circa 10.000 uomini per l’occupazione di Parma, giunti dai paesi del parmense e dalle province limitrofe. La popolazione dell’Oltretorrente e dei rioni Naviglio e Saffi si prepara all’aggressione, innalzando barricate e scavando trincee, volendo difendere ad oltranza le sedi delle organizzazioni proletarie e di quelle centriste conoscendo le devastazioni che i fascisti avevano compiuto in altre località, come nel ravennate, guidati proprio da Italo Balbo. Mentre a livello nazionale lo sciopero si esaurisce in un fallimento completo, a Parma l’idea di resistere si radica sempre di più. Nei quartieri popolari i poteri istituzionali passano al direttorio degli Arditi del Popolo comandati da Guido Picelli. Il 6 agosto, su consiglio anche dell’ufficiale militare al comando della locale Scuola di Applicazione militare, Lodomez, ma soprattutto resisi conto dell’impossibilità di conquistare la città senza scatenare una vera e propria guerra, che avrebbe provocato una carneficina, i fascisti passarono il controllo dell’ordine pubblico all’esercito, impegnandosi a ritirarsi. Fonte: https://www.testeparlantimemorie900.it/

Sembrano davvero lontani i tempi in cui, mossi dalla forte necessità di resistere, i cittadini, i sindacati, e la politica si univano per respingere il nemico "oppressore" fascista.

Il tempo sembra aver cambiato le vicissitudini, negli ultimi anni, soprattutto a sinistra, i partiti hanno preferito dividersi, per rincorrere contenuti distanti, a volte, solo per qualche sfumatura cromatica, piuttosto che unirsi e rilanciare il Paese, insieme e da sinistra, con riforme necessarie. 

In quel 1922 a Parma gli scontri coinvolsero attivamente tutta la popolazione e venne superata ogni polemica politica tra le diverse tendenze: arditi del popolo, sindacalisti corridoniani, confederali, anarchici (Antonio Cieri comandò la resistenza del rione Naviglio), comunisti, popolari, repubblicani e socialisti combatterono, fianco a fianco, le squadre delle camicie nere.

Una lezione di UNITA' che non può essere dispersa ne dal tempo ne da facili populismi, una lezione di RESISTENZA che è utile oggi più che mai, alla vigilia di una tornata elettorale tra le più complicate ed importanti degli ultimi tempi. Una lezione di modernità da ricordare a chi si candita a Rappresentare i valori della Sinistra Riformista. 

Nelle settimane che ci dividono da questa importante tornata elettorale saranno fondamentali le nostre capacità di gurardare oltre quelle "Barricate" e di aprire le nostre sedi, e le nostre liste, a quella società civile che, da molto tempo invano, reclama un centro sinistra capace di rinnovarsi, costruendo un nuovo fronte democratico e liberale che sappia andare oltre le "Barricate", oltre la "Resistenza" per combattere nuovi "sovranismi" e facili "populismi".

Consiglio di lettura: "Oltretorrente" di Pino Cacucci.

Un abbraccio democratico,

Circolo PD Monte San Vito






martedì 8 marzo 2022

Le Donne verso un “Concetto di Parità”

Le Donne verso un “Concetto di Parità”

La parità di diritti tra i sessi, che in molti paesi del Mondo tendiamo a dare per scontato oggi, è in realtà l'esito di lunghe e faticose battaglie da parte di movimenti di emancipazione femminile, grazie ai quali ricordiamo l'8 Marzo come la Giornata Internazionale della Donna.

Gli albori del movimento femminista lo troviamo in Mary Wollstonecraft, scrittrice britannica che nel suo testo "Rivendicazione dei diritti della donna", sostiene con fermezza che le donne non sono inferiori agli uomini, ma piuttosto che la loro condizione di subordinazione deriva da una diversa educazione. 

In questi stessi anni in Gran Bretagna iniziano a formarsi i primi circoli femminili che diventeranno dei veri e propri movimenti organizzati, come il "Movimento delle suffragette" che ottiene il diritto di voto nel 1918. Seguirono le donne statunitensi che poterono votare nel 1920 mentre le donne italiane dovranno aspettare la fine della Seconda Guerra mondiale e solo nel 1946 andranno al voto.

Non bisogna dimenticare che i movimenti femministi contribuiscono alla creazione dei primi veri CENTRI ANTIVIOLENZA, per assistere le vittime di violenza domestica, ma non solo.

Tra pandemia, guerre alle porte e la situazione politica italiana ci siamo persi ancora… problemi di licenziamenti per aziende che sembravano solide, il covid che ancora ci portiamo dietro… la situazione femminile non sembra accennare a miglioramenti: continuano i femminicidi, le donne costrette a restare a casa quando hanno i figli in didattica a distanza e/o in quarantena.

Il nostro pensiero al momento va soprattutto alle migliaia di donne ucraine che si sono trovate a dover sostenere il peso di salvarsi (al tredicesimo giorno di una guerra assurda), scappare negli Stati limitrofi per cercare di sopravvivere mentre i loro figli adolescenti, fratelli, padri e compagni sono stati richiamati a combattere per la patria; donne costrette a rifugiarsi nei bunker quando suonano le sirene, non poter andare a lavorare, avere difficoltà a reperire sostentamenti per loro ed i loro figli e le persone anziane a loro carico, alle donne che partoriscono nelle metropolitane e nei rifugi di fortuna, nei campi profughi, alle donne che hanno visto distruggersi la casa dopo tanti sacrifici fatti e quelle madri che hanno visto morire i propri figli a causa di bombardamenti inutili.

Non dimentichiamoci delle donne russe che stanno anch’esse subendo il peso di decisioni politiche inammissibili: non scappano da sparatorie ma sono sempre più isolate dal resto del mondo grazie alle sanzioni inflitte dall’Occidente. Le madri dei soldati russi che non sapevano dove stesserei andando ne cosa li avrebbe aspettati… 

Il pensiero va anche a tutte le ragazze che hanno trovato il coraggio di scendere nelle piazze russe e protestare per le decisioni del loro capo politico ed ora si trovano nelle carceri.

Cosa stiamo facendo noi donne nel 2022? 

Le future generazioni che ci governeranno sono allo sbando, ci sono ragazze che seguono l’esempio di Greta Thunberg e lottano per le cause ambientaliste e non solo mentre altre vivono solo per apparire, seguire le influencer e crescere nella futilità.

La direzione di Psych and Crime

Dott.ssa Paola Loreto e Dott.ssa Giorgia Martelli

mercoledì 9 febbraio 2022

10 febbraio: Giorno del Ricordo

Il 10 febbraio, Il Giorno del Ricordo. 

Istituito dal Parlamento (con legge n.92 il 30 marzo 2004) per ricordare una pagina angosciosa che ha vissuto il nostro Paese. Il "giorno del ricordo" serve a mantenere accesa la memoria sulle atrocità di un epurazione su base etnica e nazionalistica volutamente e spietatamente pianificata. Le foibe, con il loro carico di morte, di crudeltà inaudite, di violenza ingiustificata e ingiustificabile, sono il simbolo tragico di un capitolo di storia, ancora poco conosciuto e talvolta addirittura incompreso, che racconta la grande sofferenza delle popolazioni istriane, fiumane, dalmate e giuliane“.

Accanto al Giorno della Memoria dedicato alle vittime dell'Olocausto, il Giorno del Ricordo si lega alle violenze e uccisioni avvenute in Istria, Fiume e Dalmazia tra il 1943 e il 1947.

La data non è casuale, infatto il 10 febbraio 1947 furono firmati i trattati di Pace a Parigi con il quale si assegnavano l’Istria, Quarnaro, Zara e parte del territorio del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia. I territori in questione erano stati assegnati all’Italia con il Patto di Londra, mentre la Dalmazia venne annessa a seguito dell’invasione nazista in Jugoslavia.

Con il ritorno di questi territori alla Jugoslavia, ebbe inizio una rappresaglia feroce che colpì molti cittadini italiani innocenti, ritenuti implicitamente colpevoli di aver vissuto sotto il regime fascista. Fino a configurare quella che oggi gli storici descrivono come una vera e propria pulizia etnica: prigionia, campi di lavoro forzato e morte nelle foibe coinvolsero fra le 4.000 e le 5.000 persone, secondo una stima ancora approssimativa, comprese le salme recuperate e quelle stimate nonché, oltre a quanti furono infoibati, i molti che morirono nei campi di concentramento jugoslavi. Molti riuscirono a fuggire: un esodo di massa che coinvolse tra le 250 mila e 350 mila persone tra il 1945 e il 1956.

Le foibe sono insenature naturali formate da grandi caverne verticali presenti in Istria e Friuli Venezia Giulia.V eri e propri inghiottitoi naturali, molto diffusi nelle zone carsiche: la cavità si restringe scendendo in profondità per poi chiudersi e riallargarsi in un bacino, una forma che rende difficile la risalita e i soccorsi. Gli eccidi delle foibe commessi dai partigiani jugoslavi vedevano le vittime spesso gettate vive in queste cavità.

Il numero delle vittime italiane rimarrà imprecisato. I partigiani jugoslavi di Josip Broz Tito le presero perché italiane, nella Venezia Giulia, il Quarnaro e la Dalmazia, e le gettarono in profonde insenature, denominate Foibe. Le precipitarono vive, legate, i vivi con i morti, a morire per la caduta o più lentamente e atrocemente. Quel che si ritrovò non era contabilizzabile e ci si dovette accomodare alle stime: fra le 3 e le 5 mila persone, fino a 11 mila. La popolazione italiana fuggì da quei luoghi e da quelle città, che avevano nomi e storie italiane, lasciandosi alle spalle i morti e la propria vita. All’incirca 350 mila persone.

Molti italiani furono massacrati perché italiani e perché parlavano l’italiano, e prima furono degli italiani a massacrare chi, in quei luoghi, non era italiano e non parlava la nostra lingua. L’Italia fascista s’avventurò su quella strada per “spezzare le reni alla Grecia”, come tronfio annunciò colui che condusse l’Italia alla rovina materiale e morale: Benito Mussolini. Fu un disastro, cui l’esercito italiano non era preparato. Sarebbe dovuto servire per dimostrare a Hitler di cosa si era capaci, servì a chiarire di quanto si era incapaci. Così gli italiani furono soccorsi dall’alleato nazista.

Nello stazionare in quei luoghi gli italiani coprirono le azioni degli Ustascia, croati schierati al fianco dei nazifascisti. Di loro le SS naziste sottolineavano l’eccessiva ferocia e il sadismo. Considerata la fonte della critica sarà bene provare anche solo a immaginare cosa fecero. Quando la guerra ribaltò le forze e gli aggressori furono aggrediti fin dentro i loro paesi e fino alle loro capitali, Berlino e Roma, quel sangue ancora scorreva, chiamandone altro, copioso e di civili inermi, senza distinzione di sesso ed età.

Atrocità che non vanno ne negate ne tantomeno taciute, sarebbe questo un ulteriore crimine a oltraggio di quelle vittime. Un ricordo davvero tragico dove è sottile il confine tra la dolorosa memoria dell’orrore che si praticò e di quello che si subì. Su una cosa dobbiamo però essere chiari, perentori, lo dobbiamo fare almeno per le generazioni future, dichiarando tutti pubblicamente ed a voce alta che quel modo di ragionare produsse solo miseria, morte e disonore. La lezione deve essere il ripudio con ogni forza di quel modo di ragionare. Avere a lungo negato le Foibe o supporre di raccontarle fuori dalla loro storia, sono solo modi per riuscire a non capire e non imparare. È questo che ci siamo lasciati alle spalle costruendo quel che non si era mai visto prima: un’Europa senza guerre. Ma non basta averlo alle spalle, serve averlo sempre davanti agli occhi. Un ricordo acceso di quelle atrocità per evitare a noi stessi ed ai nostri figli di ripercorrere cosi miseri sentieri di egoismi e di povertà d'animo.

Il Circolo PD di Monte San Vito invita tutti a non chiudere gli occhi davanti a nessuna violenza, a nessuna sofferenza, perché la violenza non ha colore: è violenza e basta. 

Un abbraccio commosso,

la Redazione






mercoledì 26 gennaio 2022

Giornata internazionale della Memoria

 

GIORNO DELLA MEMORIA

Ricordare solo per un giorno i fatti legati a questa ricorrenza può essere del tutto ingeneroso, se non offensivo. Molto spesso altro non è che assolvere ad un obbligo in un modo distratto, quasi meccanicamente rituale e solo di maniera. Vedasi nella pratica quello che, ad esempio, accade anche rispetto al giorno dedicato alla violenza sulle donne: tanti propositi, tante parole spese, mentre nel concreto le morti continuano e l'oltraggio cresce. I fatti di Milano di fine anno sono paradigmatici in tal senso.

È urgente, quindi, uscire da questa mera routine e interiorizzare il senso vero di queste ricorrenze, agendo di conseguenza in modo fattivo e pienamente consapevole. La Giornata della Memoria vuole mantenere vivo il ricordo delle atrocità perpetrate dal nazifascimo verso le minoranze quali Ebrei, Rom, Sinti, individui con disabilità mentali o di altro orientamento sessuale e oppositori politici.

Tutto ciò fu possibile anche per mezzo di una campagna mediatica costruita ad hoc da Goebbels, ministro della propaganda della Germania nazionalsocialista di Hitler, con il concorso di diversi strati della società tedesca. Tale propaganda basata su falsità, su disvalori senza alcun fondamento umano, individuando nelle minoranze i fattori di debolezza e di disagio della nazione e prendendo di mira i più deboli, fece breccia in un popolo che usciva da una situazione gravosa conseguente alla sconfitta nella Grande guerra e che era provato da anni di sanzioni economiche e di indigenza. Il “caporale” Hitler con i suoi futuri gerarchi costruì il “mostro” che portò alla Seconda guerra mondiale, sacrificando sull’altare della potenza tedesca il concetto stesso di rispetto per l’umanità.

Nel 1938 anche il Mussolini in Italia emanò le leggi razziali, contribuendo attivamente in seguito alla persecuzione e alla deportazione delle minoranze, non solo per compiacere Hitler e inseguire il mito della superiorità ariana, ma anche perché l’idea di intolleranza verso i deboli e i germi del razzismo erano già insiti nell’abominevole ideologia del Fascismo stesso.

Almirante, uno dei principali difensori delle leggi razziali, nel 1962, molti anni dopo l’emanazione di quelle vergognose leggi e in piena Repubblica, sul “Corriere della sera” dichiarava :

 “Il razzismo - scriveva il futuro segretario del Msi - ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri.”

Questi è il padre politico e il riferimento della Meloni e del suo partito, FdI. A molti anni da quella dichiarazione, è, ahimè, lecito il sospetto che questo pensiero non sia stato davvero sconfessato e resta il dubbio che nelle pieghe della Destra italiana, tutt’altro che moderna, aleggino ancora pensieri e posizioni non distanti dalla retorica razzista e fascista, una retorica che, come ci dice la cronaca, spesso si concretizza in atti indegni di violenta intolleranza.

Ecco, nel ricordare il Giorno della Memoria è necessario chiedersi e verificare se oggi siano stati rimossi davvero i fondamenti ideologici che portarono al dramma delle dittature fasciste e alla tragedia del genocidio.

Solo grazie alla democrazia e ai cittadini che hanno memoria di quel tempo si può evitare di ricadere di nuovo in quell’abisso di male, ma ciò non significa che si debba abbassare la guardia o ci si possa permettere di non mantenere l’attenzione su ogni rigurgito nostalgico o su ogni atteggiamento che, con operazioni intellettualmente e consapevolmente disoneste, si vuole far passare per folkloristico, mentre contiene, più o meno latenti, i semi dell’odio e dell’intolleranza. I meccanismi della comunicazione che fanno crescere il consenso verso la destra non sono dissimili da quelli su cui si basava la propaganda nel passato: profughi e immigrati vengono additati come nemici degli Italiani, come parassiti che vivono alle nostre spalle, come responsabili del disagio economico e della povertà di molte famiglie; agitando lo spauracchio della perdita di identità nazionale, di attentato ai valori tradizionali si parla, addirittura, di sostituzione della razza e di una sorta di “meticciamento”.

Inoltre, in diverse realtà amministrate dalla destra “moderna” si emanano regolamenti per non riconoscere diritti a chi non è italiano, anche se regolare e paga le tasse che contribuiscono ai lauti stipendi degli amministratori stessi. Non entriamo poi, nel merito dello sfruttamento di persone disperate nei campi e nelle fabbriche del Nord.

Esponenti della destra italiana, anche inquadrati in formazioni come FdI e Lega, inneggiano alla possibilità di sparare sui barconi di profughi che solcano il Mediterraneo o addirittura plaudono alla morte di essere umani, colpevoli soltanto di essere “diversi” e di desiderare di vivere con dignità.

Se, veramente, vogliamo onorare il Giorno della Memoria, allora abbiamo il dovere di farci parte attiva, non solo nell’agire quotidiano e nell’esercitare la solidarietà verso i più deboli, ma anche esercitando consapevolmente il proprio diritto di cittadini in cabina elettorale, difendendo e coltivando la democrazia, al fine di evitare, un giorno, di rimpiangere di essere stati indifferenti. 

In commossa Memoria,

La Redazione

 

giovedì 25 novembre 2021

25 Novembre: "Oltre la violenza di genere"

Ci siamo, anche quest'anno è arrivata "la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne", nata per volere dell’ONU nel 1999 e celebrata ogni anno il 25 novembre. Nelle intenzioni di chi l'ha voluta c'era la volontà di ricordarci che la violenza di genere è purtroppo ancora una realtà molto diffusa e va combattuta, purtroppo la strada da percorrere sembra, dopo tanti anni, ancora drammaticamente lunga. Ed oggi, cosi come ogni anno, in tutto il Paese ci saranno eventi che vogliamo sperare che diventino importanti occasioni di riflessione e proposte concrete sul come fronteggiare questa vergognosa piaga sociale.

In occasione della Giornata internazionale della violenza contro le donne, il Viminale ha pubblicato online l'ultimo report "Omicidi volontari" curato dal servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale. Il quadro non è per nulla rassicurante. In undici mesi, dall'inizio dell'anno al 21 novembre in Italia sono stati commessi 263 omicidi, con 109 vittime donne, di cui 93 uccise in ambiti familiari. Di queste 63 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, gli omicidi volontari sono cresciuti del 2% (nel 2020 erano stati 257), quelli con vittime di genere femminile dell'8% (101 le donne uccise lo scorso anno fino al 21 novembre). In crescita anche i delitti commessi in ambito familia-re/affettivo (+5%) che passano da 130 a 136 mentre le vittime di genere femminile au-mentano del 7% (erano state 87 un anno fa).

Come Circolo PD di Monte San Vito riteniamo che la Politica debba recuperare un ruolo centrale nella costruzione di una società migliore in cui vivere. Le comunità in cui viviamo ed operiamo (da Volontari) non sono esenti da questi drammi, dobbiamo avere una sensibilità sempre vigile ed attenta per fare in modo di creare tutte quelle connessioni utili alla prevenzione di ogni atto di violenza, siano essi fisici o solo verbali. Una attenzione che ci sentiamo di rivolgere alla Politica ed alle Istituzioni tutte, dalla quelle di quartiere sino a quelle Nazionali, un invito ad abbassare i toni e concentrare gli sforzi verso la difesa di tutte le fragilità.

Riguardo questo delicatissimo tema ci piaceva riportarvi, attraverso il racconto degli amici del Team BeSLab, un Convegno on line, tenutosi Sabato 20 Novembre 2021, dal titolo “Oltre la violenza di genere”.

"L’evento è stato patrocinato da Athena Studi Medici di Ancona, dal Centro Il Volo - Centro di Psicologia e Psicoterapia clinico di Reggio Emilia e dall’Ordine degli Assistenti Sociali delle Marche (soggetti che ringraziamo per aver creduto in noi del team BeSLab e soprattutto in questo progetto).

BeSLab nasce nel 2018 con l'intento di promuovere gli studi e le ricerche sul tema della comunicazione verbale e non verbale e l'analisi comportamentale. Il laboratorio ha sviluppato, in questi anni, numerose collaborazioni con enti pubblici e privati ed ha partecipato a diversi convegni nazionali ed internazionali. Il punto di forza di BeSLab è la capacità di trattare il tema della comunicazione a 360 gradi, concentrandosi sui diversi campi di applicazione delle tecniche scientifiche di analisi delle espressioni facciali e dei movimenti del corpo.

Il Convegno è stato organizzato in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne ma… non abbiamo parlato solamente di donne! Questa Giornata segna l'inizio dei Sedici giorni di attivismo contro la violenza basata sul genere, che hanno lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica e spingere ad agire per il cambiamento.

Abbiamo pensato di dedicare questo evento alla sensibilizzazione di alcune tematiche che ci stanno a cuore: Violenza di genere è anche discriminazione verso i disabili, verso il mondo lgbtqia+, verso i minori e tanto altro! 

Perché si celebra questa giornata?

Il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana furono uccise tre attiviste politiche, le sorelle Mirabal per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo: Patria, Minerva e Maria Teresa sono passate alla storia con il nome di Las Mariposas (le farfalle) per la loro lotta in difesa dei propri diritti contro la dittatura di Rafael Leonidas Trujillo, a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana; le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare, condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.

Nel 1981, durante il primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svoltosi a Bogotà, in Colombia, venne deciso di celebrare il 25 novembre come la Giornata internazionale della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal.

Nel 1993 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione per l'eliminazione della violenza contro le donne ufficializzando la data scelta dalle attiviste latinoamericane e nel 1999 è diventata una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne sono le scarpe rosse soprattutto in Italia, “abbandonate” in tante piazze per sensibilizzare l’opinione pubblica. Il simbolo è stato ideato nel 2012 dall’artista messicana Elina Chauvet con l’opera Zapatos Rojas, la cui installazione è apparsa per la prima volta davanti al consolato messicano di El Paso, in Texas, per ricordare le centinaia di donne uccise nella città messicana di Juarez.

“Oltre la violenza di genere”  ha visto la partecipazione di professionist* di rilievo che hanno trattato le varie tematiche:

* L’Avv. Lucia Paolinelli, Operatrice di Casa delle Donne di Jesi, è intervenuta sul “Il ruolo dell’Avvocata nei centri e sportelli antiviolenza”;

* Germana Pietrani Sgalla, presidente dell’Associazione Equity APS invece ci ha raccontato un progetto del 2007 che è purtroppo ancora attualissimo ovvero "Ancora Bulli in Ballo: la situazione del bullismo nelle scuole.";

* La Dott.ssa Paola Loreto ha esposto alcuni casi relativi a “La violenza sui minori: studio di casi pratici”;

* Il Dott. Luca Colussi, Antropologo ed Insegnante, esperto di Pakistan ha spiegato molto chiaramente la situazione nel Paese affrontando inoltre l’argomento “La violenza di genere: focus antropologico in Pakistan”;

* Erika Salici, Insegnante di Scuola Secondaria di Secondo Grado, ci ha riportato la situazione delle scuole italiane affrontando varie problematiche con “Prof, non ce la faccio più! Come riconoscere i segnali di allarme ed aiuto nel contesto scolastico”;

* La Dott.ssa Maria Inez Braga, Psicologa ed Operatrice di Casa delle Donne di Jesi, ha illustrato “L’aspetto invisibile della violenza contro le donne”;

* L’Avv. Maria Cristina Giuliodori, Collaboratrice alla Cattedra di Diritto dello Sport all’Università degli Studi di Macerata, Esperta in disabilità natatoria, ha sviluppato la problematica de “Il linguaggio discriminatorio nei confronti dei disabili”;

* La Dott.ssa Adriana Magnarini, Assistente Sociale, Coordinatrice del Centro di Salute Mentale di Senigallia ha concentrato il suo intervento su “La violenza di genere: un approccio multiprofessionale nelle attività di sostegno”;

* La Dott.ssa Giorgia Martelli, infine, ha focalizzato il suo intervento sull’aiuto all’uomo violento nelle relazioni affettive con “Oltre la violenza sulle donne: il maschio maltrattante”;

Questo Convegno così denso di tematiche è stato molto stimolante per tutti gli intervenuti, relatori e corsisti, e speriamo abbia acceso una piccola miccia che porti a collaborazioni in questi ambiti oltre che ad una maggiore sensibilizzazione verso le tematiche proposte.

Ringraziamo il Circolo del PD di Monte San Vito che ci ha dato l’opportunità di raccontare del nostro Convegno al quale abbiamo dedicato tanti mesi di preparazione."

Dott.ssa Paola Loreto

Criminologa, Sociologa, Esperta analista del comportamento e Mediatrice Penale, fondatrice di BeSLab

Dott.ssa Giorgia Martelli

Criminologa Clinica, Sociologa e Mediatrice Familiare, team BeSLab

Dott.ssa Silvia Sardi 

Esperta in analisi comportamentale e co-fondatrice di BeSLab

#25novembre #stopviolence                                                                        La Redazione

mercoledì 3 novembre 2021

Giorno dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate

Il 4 novembre è il Giorno dell’Unità Nazionale e la Giornata delle Forze Armate.

Ricordiamo avvenimenti del secolo scorso, come il ruolo che le Forze Armate hanno avuto nella Prima guerra mondiale, portando a compimento il disegno risorgimentale: l’unione dei territori e dei popoli che hanno dato origine all’Italia.

Questa ricorrenza coincide con il centenario dalla traslazione della salma del Milite ignoto all’Altare della Patria, a Roma.  La salma è ignota perché non si conosce l’identità del soldato tumulato. Il milite ignoto voleva rappresentare il sacrificio dei soldati in ciascuna delle zone del fronte della Prima guerra mondiale: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele,  tratto da Castagnevizza al mare. 

La scelta tra undici bare identiche venne compiuta da Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio Antonio – disertore dell'esercito austriaco e volontario nelle fila italiane – era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere identificato. Il Feretro prescelto fu trasferito a Roma su ferrovia, con un convoglio speciale a velocità ridotta sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma, ricevendo gli onori delle folle presso ciascuna stazione e lungo gran parte del tracciato. Il 4 novembre di 100 anni fa più di trecentomila persone accorsero per quel giorno a Roma da ogni parte d’Italia per rendere omaggio al Milite Ignoto.

Sembrano episodi lontani, ma è necessario ricordare le gesta di quanti hanno dedicato la propria vita per la Patria: ciò ha permesso l’edificazione di uno Stato finalmente unito e libero.

Facciamo nostro il ringraziamento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alle Forze Armate, anche in questi mesi di crisi pandemica: “ (…) Soldati, Marinai, Avieri, Carabinieri, Finanzieri e personale civile della Difesa che, in questo stesso momento, state profondendo le vostre migliori energie al servizio del Paese, siate sempre degni del giuramento di fedeltà prestato alla Repubblica dinnanzi alla Bandiera, suo emblema unitario più rappresentativo, in nome e per l’affermazione dei valori di pace, giustizia e libertà (…)”.

Approfondimenti: Il Milite Ignoto - Difesa.it

Giandiego Carastro

martedì 1 giugno 2021

Il 2 Giugno, una lezione di Democrazia

Ci preme partire dal quel primo 2 giugno per riproporne il valore e lo spirito. Parliamo del 2 giugno del 1946, la guerra era finita da poco (25 aprile del 1945). L’Italia provava faticosamente a riprendere il suo cammino democratico, interrotto da 20 nefasti anni di fascismo, nei fatti però eravamo ancora una monarchia, quindi si chiamarono gli elettori, e per la prima storica volta a livello nazionale le donne, a votare se rimanere monarchia o diventare Repubblica. Una cosa molto interessante è che, al giorno d’oggi molti si sono convinti che la democrazia consista nel “votare” e, nel momento in cui si vota, chi vince “comanda”, per fortuna non è cosi (o almeno non è così che dovrebbe funzionare). La democrazia è un insieme complesso e delicato di regole dove, naturalmente conta il voto degli elettori, e ci mancherebbe, non sarebbe altrimenti definibile demo-crazia ovvero governo del popolo, a contare sono soprattutto quelle, a qualcuno indigeste, regole della democrazia fatte di pesi e contrappesi, per dirla con semplicità conta molto la “saggezza” e difatti cosa successe il 2 giugno del’46 e immediatamente dopo? Vinse la Repubblica, non in modo assoluto, ad esempio il sud votò in maggioranza per la monarchia, ma nell’insieme l’Italia scelse la via della Repubblica ed a presiedere e guidare come primo capo dello Stato, ricordiamo che fino a quel momento era stato il capo del Governo, cioè Alcide De Gasperi, fu chiamato Enrico De Nicola, guarda caso un monarchico. Perché la saggezza consiste anche in questo, il vincitore non deve mai stravincere, perché quando stravinci poi, in un modo o nell’altro finisci per fare del male al Paese e al suo Popolo. Da qui partì quindi l’attività dell’Assemblea Costituente con la scrittura della “Costituzione della Repubblica Italiana” emanata il 1 gennaio 1948 ed il 18 aprile del’48 si andò per la prima volta a votare per le elezioni legislative, con elezione del Parlamento e del Senato, della nuova Repubblica Italiana che elesse cosi il primo Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, anche lui in realtà di tradizione monarchica. Le elezioni del 18 aprile furono vinte dalla Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi che poteva cosi disporre della maggioranza assoluta ma scelse di governare in coalizione perché riteneva pericolosa la concentrazione del potere in un solo partito. Queste sono le “lezioni nascoste”, ma vere, della nostra storia e cioè, in un paese che veniva da una profondissima guerra civile bisognava stare sempre molto attenti alla concentrazione dei poteri. Le Costituzioni delle Repubbliche che funzionano prevedono al loro interno necessariamente pesi e contrappesi, sistemi che hanno la funzione di evitare che chi vince le elezioni “Comandi”. Chi vince le elezioni, in democrazia, “non comanda” ma “governa” che è una cosa completamente diversa. In Italia i pesi ed i contrappesi ogni tanto ce li perdiamo, ci facciamo un po prendere la mano dal potere, forse agevolati da una profonda incapacità di fare sintesi oltre che di ascolto. Dobbiamo “insieme” trovare la forza e lo spirito di riscoprire la bellezza politica della “saggezza” e con essa riavviare una ritrovata Italia. 

Di seguito un articolo molto interessante di Luigi De Angelis tratto da lanotiziacondivisa.it sull’importanza di quella scelta (popolare) verso la Repubblica, la sue motivazioni e la sua “irreversibilità”:

>La Repubblica, la nostra identità e il nostro futuro.

“La Repubblica, specchio dei suoi cittadini e, insieme, baluardo delle loro libertà, deve sempre sapere rinnovarsi, dotarsi di strumenti più efficaci e trasparenti, riconquistarne la piena fiducia, indebolita in anni di crisi economica, di minor fertilità del circuito democratico. La Repubblica resta lo spazio vitale. Resta un ponte. Verso l’Europa, che è il nostro destino e la nostra opportunità nel mondo globale. Verso uno sviluppo sostenibile, che deve legare insieme la qualità italiana, una migliore competitività del sistema e una maggiore equità sociale. Verso il futuro, per dar sicurezza alle speranze dei nostri giovani.

Non saper guardare oltre il presente costituisce uno dei limiti più grandi del nostro tempo. La scelta repubblicana fu, allora, il risultato di uno sguardo lungo. Sono convinto che disponiamo di tutte le energie per progettare insieme un futuro migliore”. (Sergio Mattarella, “La scelta repubblicana nella ricostruzione della democrazia italiana”, in “Italianieuropei”, n. 2-3/2016).

Il 2 giugno 1946 è la data simbolo della svolta democratica, segna l’inizio di una nuova epoca, a cui l’Italia giunge passando attraverso l’oscura notte della dittatura fascista che per vent’anni aveva negato libertà e diritti soggettivi, dell’occupazione tedesca, delle stragi nazifasciste, della guerra civile e dei bombardamenti. Il referendum tra Monarchia e Repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente rappresentano uno spartiacque, una cesura netta sotto il profilo costituzionale rispetto all’esperienza del Regno di Italia, in cui il parlamento, il governo e le corti di giustizia traevano la propria legittimazione all’esercizio dei poteri loro concessi da una costituzione octroyée, elargita ai sudditi con un atto unilaterale del sovrano assoluto, nella cui persona continuava comunque a risiedere l’intera autorità.

Quel giorno i cittadini italiani si riappropriarono della titolarità della sovranità, auto-defininendosi e auto-rappresentandosi come unità politica consapevole di esistere e di avere capacità di autogoverno, la esercitarono con il voto e sancirono non soltanto la fine della monarchia, ma la nascita dello stato democratico, la Repubblica, un nuovo ordinamento che trova la sua fonte di legittimazione nell’autodeterminazione, nella lotta partigiana di liberazione, nel sacrificio degli uomini e delle donne, di ogni credo e orientamento politico, che si riconobbero comunità unita nella condivisione degli ideali di libertà e giustizia e posero le basi della nuova Italia.

Festeggiare la nascita della Repubblica significa evidenziare il carattere irreversibile e non mutabile sotto il profilo costituzionale del nostro paese, sancito solennemente nell’art. 139 della Costituzione: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. La scelta compiuta non è quindi suscettibile di revisione, non è nella disponibilità della politica, la quale non può azionare procedure, legittime costituzionalmente, per metterla in discussione, riformarla o peggio trasformarla. L’unica strada per cambiarla è un sovvertimento, un rovesciamento violento della legalità costituzionale.     

Le madri e i padri costituenti dunque non hanno semplicemente indicato un passaggio normativo, ma hanno posto un principio irreversibile, un pilastro e un caposaldo del patto identitario della nostra comunità. Quanto scelto dai cittadini mediante il referendum è valido in sé, è il prodotto di un percorso storico dell’Italia a partire dall’8 settembre, del nostro secondo Risorgimento ed è stato determinato per la prima volta attraverso l’esercizio del suffragio universale e diretto, caratterizzato da un’ampia partecipazione. La titolarità della sovranità del popolo, che la esercitata nei limiti e nelle forme stabilite dalla Costituzione, condizione questa indispensabile per garantire e tutelare i diritti e le libertà di ciascuno ed evitare possibili soprusi, porta ad escludere che nel nostro paese possa mai esistere il governo di uno solo o la dittatura della maggioranza contro la minoranza. La partecipazione paritaria di ogni cittadino alla determinazione del bene comune è l’elemento qualificante il nostro ordinamento costituzionale e la fonte legittimante le istituzioni in cui si articola. 

La forma repubblicana non è un oggetto, ma un soggetto vivente, motore della promozione della piena parità nei diritti e nelle libertà di ogni persona, che deve dipanarsi mediante un’azione riformatrice continua e profonda all’interno del tessuto sociale, culturale ed economico, finalizzata a rimuovere differenze, diseguaglianze, ostacoli di qualsivoglia natura e a proiettarci nel futuro, all’interno di un quadro di riferimento più ampio, l’Europa e la comunità internazionale, per perseguire l’inclusione e la pace. Inoltre la forma repubblicana costituisce un limite invalicabile oltre il quale non possiamo spingerci neppure come cittadini. L’Assemblea Costituente, nel corso di un anno e mezzo di intenso lavoro, attraverso un confronto serrato tra posizioni politiche diverse e spesso contrapposte, carico di fermenti e aneliti alla libertà e alla giustizia, animato da una tensione ideale e culturale maturata nella Resistenza e dal rifiuto del fascismo è riuscita a disegnare nella Costituzione della Repubblica una democrazia avanzata sul piano dei diritti e delle istanze sociali, che supera la concezione per cui la libertà di ognuno finisce dove ha inizio quella dell’altro e riconosce ad ogni persona la titolarità di diritti inviolabili che preesistono allo Stato, sono antecedenti alla sua nascita, alla sua strutturazione ordinamentale e pertanto sono indisponibili e intangibili da parte delle istituzioni statuali medesime.

La scelta della Repubblica è un dono straordinario che abbiamo ricevuto da quanti si batterono per conquistarla e ci indica un orizzonte verso cui volgere il nostro cammino di cittadini.<

Un abbraccio democratico

La Redazione



domenica 9 maggio 2021

Giornata dell'Europa: Lettera ai Cittadini Europei

Di seguito il testo della lettera ai cittadini europei firmata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, insieme ad altri Capi di Stato, in occasione della “Giornata dell’Europa”.

“In occasione della Giornata dell’Europa vorremmo estendere i nostri più sentiti auguri a tutti i cittadini europei.

Questa Giornata dell’Europa è speciale. Per il secondo anno di fila, è celebrata in circostanze complesse a causa della pandemia di Covid-19. Siamo vicini a tutti coloro che ne hanno sofferto.

La Giornata dell’Europa di quest’anno è speciale anche perché segna l’avvio della Conferenza sul Futuro dell’Europa. Facciamo appello a tutti i cittadini dell’UE affinché colgano questa occasione unica per plasmare il nostro comune futuro.

Questo dialogo sul futuro dell’Europa si svolge in circostanze molto differenti da quelle degli anni passati. Potrebbe sembrare che nella situazione attuale non ci sia tempo sufficiente per una discussione approfondita sul futuro dell’Europa. Al contrario, la pandemia di Covid-19 ci ha ricordato ciò che è veramente importante nelle nostre vite: la nostra salute, il nostro rapporto con la natura, le nostre relazioni con gli altri esseri umani, la reciproca solidarietà e la collaborazione. Essa ha sollevato degli interrogativi sul modo in cui viviamo le nostre vite. Ha mostrato i punti di forza dell’integrazione europea, così come le sue debolezze. Di tutto ciò è necessario parlare.

Le sfide che ci si pongono come europei sono molteplici: dall’affrontare la crisi climatica e dalla creazione di economie verdi, in un contesto che rende necessario bilanciare la crescente competizione tra gli attori globali, alla trasformazione digitale delle nostre società. Avremo bisogno di sviluppare nuovi metodi e nuove soluzioni. Come democrazie la nostra forza consiste nel coinvolgere le molte voci presenti nelle nostre società per identificare il percorso migliore da intraprendere. Quante più persone parteciperanno a una discussione ampia e aperta, tanto meglio sarà per la nostra Unione.

Il progetto europeo non ha precedenti nella storia. Sono passati 70 anni dalla firma del Trattato istitutivo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio e 64 dalla nascita a Roma della Comunità Europea. A quel tempo i leader europei trovarono soluzioni per unire un’Europa devastata dalla guerra. Trent’anni fa l’Est e l’Ovest dell’Europa hanno iniziato a connettersi più strettamente. Paesi molto diversi si sono uniti per formare l’Unione Europea. Ciascun Paese ha le proprie esperienze storiche e sente il peso del proprio passato, con il quale fare i conti da solo e nel rapporto con altri Paesi.

Il progetto europeo è un progetto di pace e riconciliazione. Lo è stato fin dalla sua concezione, e rimane tale oggi. Sosteniamo una comune visione strategica per l’Europa, un’Europa nella sua interezza, libera, unita e in pace.

Tutti i principi fondamentali dell’integrazione europea restano assolutamente rilevanti al giorno d’oggi: libertà, uguaglianza, rispetto dei diritti umani, Stato di diritto e libertà di espressione, solidarietà, democrazia e lealtà tra gli Stati membri. Come possiamo assicurare collettivamente che questi principi fondanti dell’integrazione europea restino rilevanti per il futuro?

Nonostante l’Unione Europea a volte sembri mal equipaggiata per far fronte alle molte sfide emerse nell’ultimo decennio – dalla crisi economica e finanziaria alle sfide nel perseguire un sistema migratorio europeo giusto ed equo sino all’attuale pandemia – siamo ben consapevoli che sarebbe molto più difficile per ciascuno di noi se fossimo da soli. Come possiamo rafforzare al meglio cooperazione e solidarietà europee e garantirci un’uscita da questa crisi sanitaria che ci renda più resilienti in vista di sfide future?

Abbiamo bisogno di un’Unione Europea forte ed efficace, un’Unione Europea che sia leader globale nella transizione verso uno sviluppo sostenibile, climaticamente neutrale e trainato dal digitale. Occorre un’Unione Europea nella quale ci possiamo tutti identificare, certi di aver fatto tutto il possibile a beneficio delle generazioni future. Insieme possiamo raggiungere quest’obiettivo.

La Conferenza sul Futuro dell’Europa sarà un’opportunità per parlare apertamente di Unione Europea e per ascoltare i nostri concittadini, soprattutto i più giovani. Essa crea uno spazio di dialogo, dibattito e discussione su quel che ci aspettiamo dall’UE domani e su come possiamo contribuirvi oggi.

Dobbiamo pensare al nostro futuro comune; per questo vi invitiamo a unirvi alla discussione e a trovare insieme il percorso da seguire.”

Borut Pahor - Presidente della Repubblica di Slovenia

Alexander Van der Bellen - Presidente Federale della Repubblica d'Austria

Rumen Radev  - Presidente della Repubblica di Bulgaria

Zoran Milanović - Presidente della Repubblica di Croazia

Nicos Anastasiades  - Presidente della Repubblica di Cipro

Miloš Zeman - Presidente della Repubblica Ceca

Kersti Kaljulaid  - Presidente della Repubblica di Estonia

Sauli Niinistö - Presidente della Repubblica di Finlandia

Emmanuel Macron - Presidente della Repubblica Francese

Frank-Walter Steinmeier - Presidente della Repubblica Federale di Germania

Katerina Sakelloropoulou - Presidente della Repubblica Ellenica

János Áder - Presidente della Repubblica d'Ungheria

Michael D. Higgins  - Presidente d'Irlanda

Sergio Mattarella - Presidente della Repubblica Italiana

Elgis Levits - Presidente della Repubblica di Lettonia

Gitanas Nausėda  - Presidente della Repubblica di Lituania

George Vella  - Presidente della Repubblica di Malta

Andrzej Duda - Presidente della Repubblica di Polonia

Marcelo Rebelo de Sousa - Presidente della Repubblica Portoghese

Klaus Iohannis - Presidente di Romania

Zuzana Čaputová  - Presidente della Repubblica Slovacca


 Roma, 08/05/2021


domenica 25 aprile 2021

Il nostro 25 aprile, la nostra rinnovata RESISTENZA

Il 25 Aprile per gli italiani, (tranne per coloro che provengono dal partito fascista e/o si sentono vicini a quella rozza ideologia), rappresenta la liberazione di un POPOLO che per un ventennio è stato Oppresso, Affamato, Massacrato fisicamente e moralmente da un manipolo di incolti, disadattati e delinquenti comuni capeggiati da un misogeno affiancato da un re incapace e dai conservatori di quel tempo.

Un capo popolo che per le sue mire di potere e narcisismo sfrenato ha venduto la Nazione all'altro narcisista, tedesco, a cui ha fornito il supporto per il massacro degli ebrei e di tutte le minoranze. Insomma un servo del nazionalsocialismo che portò ad una guerra sconsiderata che tanti lutti e disastri inflisse agli italiani.

Gli italiani hanno trovato il coraggio di ribellarsi e imbracciarono le armi. La maggioranza giovani donne e uomini  hanno messo a rischio la loro vita, e moltissimi sono morti, per dare Libertà e Democrazia a questo paese e che successivamente hanno costituito la nuova classe dirigente anche se in organizzazioni politiche, i Partiti, diversi ma democratici.

In rispetto a quei giovani, ai loro sacrifici è necessario continuare a ricordare e impegnarsi in una continua resistenza contro i soprusi, le disuguaglianze, i nuovi diritti necessari a garantire un futuro al Nostro paese ed ai lavoratori donne e uomini, ai nuovi poveri a quali il capitalismo sfrenato ha portato solo un peggioramento delle loro condizioni; ai giovani nati da famiglie di origini non italiane ma che da anni vivono regolarmente in Italia, completamente integrate. Famiglie i cui figli hanno frequentato la scuola italiana raggiungendo anche la laurea, parlano perfettamente l'italiano, oltre che i dialetti locali, e che ad oggi non non hanno ancora diritto di cittadinanza. Retaggio di quel fascismo che nel 1946 è stato cancellato dalla Costituzione e che i partiti di destra attuali, nelle varie forme, ancora oggi attuano.

La nuova resistenza non richiede le armi ma l'uso dell'intelligenza, del buon senso, del mettere in atto un impegno politico continuo sui nuovi fronti: salvaguardia del bene terra, ridistribuzione equa tra lavoratori e impresa, parità di accesso alle opportunità e alle risorse, diritti umani a livello globale, miglioramento delle classi dirigenti basati sul merito e competenza, formazione continua per tutto il ciclo lavorativo e molto altro.

Questa è la Resistenza per la quale il PD di Monte San Vito continuerà a combattere affinchè tutti gli UOMINI siano liberi davvero.

“Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perchè non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero” cit. Sandro Pertini.

Un abbraccio libero,

La Redazione



lunedì 8 marzo 2021

8 marzo - Giornata internazionale della donna (meglio definirla così, piuttosto che festa della donna)

Tanti sono ancora i risultati da ottenere. Anche in questo caso, per cercare di trovare una soluzione, i dati sono importanti. 

Partiamo dai fatti.

Fatto: ogni tre giorni in Italia una donna viene uccisa per mano di un uomo. Quasi sempre l’aguzzino è il compagno della vittima.

Fatto: il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale.  

Fatto: la promozione dell'uguaglianza di genere è fondamentale soltanto per circa un quarto degli italiani.

Fatto: in Italia, ogni ora 50 persone perdono il proprio posto di lavoro. Il 98% sono donne.

Fatto: il lavoro femminile è meno pagato di quello maschile. I dati europei sulla discriminazione salariale di genere raccontano che l’Italia si attesta 20 punti sotto la Svezia e 9 sotto la media europea.

Fatto: esiste ancora un forte divario tra Nord e Sud d’Italia. Nel 2018 aveva un'occupazione solo il 32% delle donne meridionali contro il 60% delle donne del Nord.

Fatto: nel nostro Paese appena il 18% delle posizioni regolate da un contratto da dirigente sono occupate da donne, una percentuale che negli ultimi 10 anni è cresciuta di appena lo 0,3%.

Fatto: per riuscire ad arrivare ad una parità di genere è stato calcolato che ci vorranno almeno 60 anni.

Fatto: le donne laureate sono il 22,4% contro il 16,8% degli uomini, ciononostante il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile, 56,1% contro 76,8%.

Fatto: nel nostro Paese, solo il 16,5% delle giovani si laurea in facoltà scientifiche, contro il 37% dei maschi.

Fatto: alla Sapienza sono serviti 717 anni per nominare una donna Rettore di Ateneo. Attualmente in Italia le Rettrici sono solo il 7%.

Fatto: in Italia un solo partito ha come leader una donna, e non è un partito di sinistra.

Fatto: in 75 anni le donne al governo sono state appena il 6,5%.

Fatto: mai nessuna donna è stata a capo di un ministero economico. Al contrario, la delega alle Pari opportunità è sempre stata assegnata a una donna, senza portafoglio.

Fatto: sono solo il 34% le donne elette nel Parlamento mentre l’attuale governo conta una presenza femminile che sfiora appena il 33%.

Fatto: la presenza delle donne nei Consigli di Regione e delle Province autonome italiane è di circa il 21%.

Fatto: in Italia non esiste alcun partito a vocazione femminista. 

Fatto: in politica le donne sono tollerate e più delle volte usate dai colleghi uomini per dimostrare di essere inclusivi. O sono la “vice di” oppure “donne di facciata”.  

Questi, sono solo alcuni dati che riguardano la situazione delle donne in Italia. Possa essere il nostro impegno politico capace di cambiare le cose. È questo lo scopo della politica. Non essere un poltronificio.

Ilaria Ramazzotti

Argomenti2000


Giornata internazionale della donna 2021

Siamo noi donne le prime che ci ricordiamo delle battaglie conquistate da chi ci ha preceduto? Siamo consapevoli di quante di noi siano cadute per ottenere l’emancipazione femminile e conquistare la parità di genere con tanti sacrifici?

Questa giornata viene celebrata in tutto il mondo per ricordare i progressi in ambito economico, politico e culturale raggiunti dalle donne: ci sono parti del mondo dove tutt’ora la donna è la schiava dell’uomo, l’essere che serve al maschio per riprodurre la specie; in Medio Oriente vengono uccise donne magistrate e giornaliste per farle tacere, in alcuni paesi ancora le è negato il diritto di guidare o entrare nei cinema o negli stadi.

2021... la tecnologia va avanti veloce come la luce, i ricercatori hanno trovato in pochi mesi un vaccino al COVID-19 e noi? La situazione femminile italiana come procede? Non riusciamo ad avere un capo di Governo che sia donna ed in poche ricoprono postazioni di potere. Siamo ancora a rivendicare la parità di genere che non riusciamo ad ottenere, vorremmo essere retribuite tanto quanto un uomo per lo stesso lavoro svolto, lottiamo per le discriminazioni che subiamo quotidianamente, le violenze ed i femminicidi sempre attuali. Parliamo di “quote rosa” rivendicandole con tanto ardore non capendo che sono la mortificazione dell’essere femminile: donne ed uomini, in un mondo utopico, dovrebbero ricoprire determinati ruoli per le loro capacità, dovremmo essere felici che in un posto ci sia a capo una donna di qualità oppure un uomo che valga ed invece ci incaponiamo sull’ottenere dei “contentini” denominati quote rosa... come se poi, alla donna, debba per forza essere attribuito quel colore per via della sua delicatezza... siamo immersi negli stereotipi di genere (es. donna=fragile).

Le donne che portano avanti la vita quotidiana lavorando il doppio ed ottenendo un salario minore, chi poi decide di avere famiglia avrà sulle spalle il peso di quella decisione, bambini, compagno/a, genitori e suoceri tutti su di lei senza considerare poi il lavoro; chi invece decide coraggiosamente di non avere figli si sentirà dire che non è una donna completa e le mancherà sempre un pezzo, verrà additata come la zitella acida incompleta... ancora oggi, nel ventunesimo secolo.

Quest’anno (e forse dovremmo dire “grazie”) immersi nella situazione pandemica, non daremo il peggio di noi andando a festeggiare la giornata internazionale della donna a gruppi di femmine arrapate che si dimenticano di essere donne proprio in questa importante ricorrenza, non vedremo spogliarelli o faremo le deficienti facendoci passare come sciacquette che si devono mettere in mostra e si meritano il posto di svantaggio rispetto alla figura maschile.

Torniamo ad essere come le mimose, pianta che dal 1946 rappresenta questa ricorrenza: siamo emblemi della resilienza, sbocciamo per prime anche nei terreni più ostici, continuiamo ad essere vivaci, allegre e bellissime ma rispettiamoci di più.

Dott.ssa Giorgia Martelli 

Criminologa Clinica e Sociologa


mercoledì 27 gennaio 2021

Ricordare la memoria

La “Giornata della Memoria”. In occasione della ricorrenza dell’apertura dei neri cancelli di Auschwitz che significò la possibilità di un insperato ritorno alla vita per molte anime ormai rassegnate a dare del tu alla sofferenza e alla morte e che, al tempo stesso, in una sorta di liberazione e sdoganamento dell’orrore, disvelò al mondo la tragica e disumana portata del disegno di uno sterminio voluto, scientemente pianificato e scientificamente attuato, non vuole essere mia cura ripercorrere i drammatici eventi e le tappe che portarono all’esiziale parossismo della Shoah, quanto proporre una breve riflessione sul tema stesso della memoria.

Nonostante ancora oggi vi sia chi meschinamente e contro ogni umano valore, mediante un processo in cui la disonestà intellettuale e la superficialità si nutrono rispettivamente di odio belluino e di ignoranza, insiste nello sminuire la tragicità di quegli accadimenti fino addirittura a negarli, la Storia ci consegna, indelebile e incontrovertibile, quanto è stato. La costruzione della memoria deve, di necessità, passare dalla conoscenza, mentre una conoscenza senza memoria rischia di diventare uno sterile sapere, fatalmente cristallizzato nelle pieghe del tempo come un qualcosa di avulso dalla vita e dalla nostra quotidianità e potenzialmente destinato a svuotarsi di ogni valenza emotiva e, di conseguenza, fattuale.

Quale ruolo, allora, dovrebbe avere la memoria? Per chi porta con sé il peso gravoso degli anni la memoria è la misura dell’esperienza di una vita, lo scrigno che ne custodisce i tratti e i passaggi; per i giovani, invece, questa memoria può diventare una proiezione ideale verso il futuro, il riflesso di un’esistenza ancora da narrare. Ecco, quindi, come per un’intera società, quale quella umana, la memoria debba assurgere ad algoritmo fondamentale sopra il quale realizzare ed erigere il proprio domani, modulando in un abbraccio armonico la caleidoiscopica ricchezza delle diversità.

Ma la memoria, affinché non se ne disperda l’energia evocatrice, non può essere ridotta a fredda conoscenza, quanto alimentata, sempre custodita e… ricordata, sì, ricordata!

Se mi è concessa una digressione etimologica, vorrei sottolineare come per gli antichi il cuore fosse l’organo deputato alla memoria, tanto che lo stesso verbo “ricordare” deriva dal latino cor-cordis, cioè “cuore”; ora, mi piace pensare come l’esercizio del ricordo non si risolva esclusivamente come un mero processo sinaptico di stimoli e impulsi elettrici, ma che, secondo l’accezione pur fisiologicamente errata dei nostri antenati, contempli una profonda partecipazione emotiva.

La “Giornata della Memoria”, dunque, non deve soltanto celebrare un importante anniversario o semplicemente far conoscere quanto storicamente accaduto alle nuove generazioni; la “Memoria” deve essere calata nel nostro sentire, deve compenetrare ogni particella del nostro essere, deve essere accordata al nostro cuore, perché sia davvero riferimento esemplare per realizzare quel futuro di pace che auspichiamo per i nostri figli e perché chi sarà dopo di noi non debba rivivere, anche in altre forme o con altri attori, l’oscena atrocità dell’Olocausto che ha brutalizzato milioni di vite e lo stesso concetto di umanità.

Non smettiamo mai di ricordare la memoria!

 

Prof. Auro Barabesi


domenica 2 agosto 2020

Bologna non dimentica, noi non dimentichiamo

A Bologna l’orologio segna le 10:15. 
Un uomo entra nella sala d’attesa della stazione con una grossa valigia. L’appoggia e se ne va. 
Alle 10:25 quella che un istante prima era una stazione è un campo di battaglia. 
23 i kg di esplosivo contenuti in quella valigia. Il boato si è sentito in tutta la città e da ogni angolo di Bologna si può vedere il fungo nero che avvolge per intero l’area, come un mantello.
Per due minuti c’è solo silenzio. Quando la polvere cala su quel che rimane della stazione, è evidente l’orrore: 85 i morti e oltre 200 i feriti. 
La strage di Bologna è l’atto terroristico più grave della nostra Repubblica, uno degli ultimi gravissimi atti della strategia della tensione degli anni di Piombo. Anni in cui l’estrema destra aveva l’obiettivo di provocare lo stato di emergenza e far sentire tutti in pericolo, per minare la democrazia e instaurare un regime autoritario. 
A 40 anni di distanza c’è una verità giudiziaria, la condanna degli esecutori e la chiara ed evidente matrice neofascista dei terroristi. 
I mandanti della strage, però, non sono mai stati individuati. 
Ed è una verità che va cercata e conquistata. Ancora oggi. 
Lo si deve alle vittime, ai loro famigliari, e a chi crede profondamente nella nostra Democrazia antifascista.

"Dalle pagina facebook del Partito Democratico."

Un abbraccio commosso 
La Redazione 

domenica 19 luglio 2020

28 anni senza Paolo Borsellino

"E' normale che esista la paura. in ogni uomo, l'importante è che sia accompagnata dal coraggio".

28 anni senza Paolo Borsellino. La strage organizzata dalla mafia, del 19 luglio 1992, completa il progetto criminale per l'eliminazione degli uomini di punta del pool antimafia che stava colpendo, duramente, la mafia in Sicilia.
L'attentato venne compiuto in città, in "via D'Amelio", era domenica, come oggi, e mise seriamente in pericolo anche la vita di tanti cittadini comuni, oltre che colpire vilemente quella del Giudice e delle donne e degli uomini della scorta che vogliamo ricordare, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traiana. Donne ed Uomini che ben conoscevano il rischio che correvano nello svolgere il proprio Lavoro, il proprio Dovere. Lavoro e Dovere svolti con dedizione ed onore fino all'ultimo momento.
Per questo, per ricordare fino in fondo la memoria di chi ha onorato, con la propria vita, ideali di Giustizia e di Legalità, crediamo serva un rinnovato senso di intransigenza ed una forte determinazione nel combattere, fin dalle prime apparizioni, qualsiasi situazione di prevaricazione, inseguendo, da Cittadini liberi, una vita con la schiena dritta, indisponibili ad ogni forma di compromesso teso a soddisfare singoli e mediocri interessi personali.

Borsellino affermava "Chi ha paura muore tutti i giorni, chi non ha paura muore una volta sola".

Un invito particolare che ci piacerebbe rivolgere ai più giovani, ricordatelo sempre, in tutte le vostre scelte, Non abbiate la pigrizia di sentirvi comodi ma affannatevi e sudate per le posizioni che realmente ritenete di meritare. L'eccellenza non la si riceve in dono, va guadagnata con studio e sacrificio.

Un abbraccio commosso,
La Redazione