mercoledì 26 gennaio 2022

Giornata internazionale della Memoria

 

GIORNO DELLA MEMORIA

Ricordare solo per un giorno i fatti legati a questa ricorrenza può essere del tutto ingeneroso, se non offensivo. Molto spesso altro non è che assolvere ad un obbligo in un modo distratto, quasi meccanicamente rituale e solo di maniera. Vedasi nella pratica quello che, ad esempio, accade anche rispetto al giorno dedicato alla violenza sulle donne: tanti propositi, tante parole spese, mentre nel concreto le morti continuano e l'oltraggio cresce. I fatti di Milano di fine anno sono paradigmatici in tal senso.

È urgente, quindi, uscire da questa mera routine e interiorizzare il senso vero di queste ricorrenze, agendo di conseguenza in modo fattivo e pienamente consapevole. La Giornata della Memoria vuole mantenere vivo il ricordo delle atrocità perpetrate dal nazifascimo verso le minoranze quali Ebrei, Rom, Sinti, individui con disabilità mentali o di altro orientamento sessuale e oppositori politici.

Tutto ciò fu possibile anche per mezzo di una campagna mediatica costruita ad hoc da Goebbels, ministro della propaganda della Germania nazionalsocialista di Hitler, con il concorso di diversi strati della società tedesca. Tale propaganda basata su falsità, su disvalori senza alcun fondamento umano, individuando nelle minoranze i fattori di debolezza e di disagio della nazione e prendendo di mira i più deboli, fece breccia in un popolo che usciva da una situazione gravosa conseguente alla sconfitta nella Grande guerra e che era provato da anni di sanzioni economiche e di indigenza. Il “caporale” Hitler con i suoi futuri gerarchi costruì il “mostro” che portò alla Seconda guerra mondiale, sacrificando sull’altare della potenza tedesca il concetto stesso di rispetto per l’umanità.

Nel 1938 anche il Mussolini in Italia emanò le leggi razziali, contribuendo attivamente in seguito alla persecuzione e alla deportazione delle minoranze, non solo per compiacere Hitler e inseguire il mito della superiorità ariana, ma anche perché l’idea di intolleranza verso i deboli e i germi del razzismo erano già insiti nell’abominevole ideologia del Fascismo stesso.

Almirante, uno dei principali difensori delle leggi razziali, nel 1962, molti anni dopo l’emanazione di quelle vergognose leggi e in piena Repubblica, sul “Corriere della sera” dichiarava :

 “Il razzismo - scriveva il futuro segretario del Msi - ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri.”

Questi è il padre politico e il riferimento della Meloni e del suo partito, FdI. A molti anni da quella dichiarazione, è, ahimè, lecito il sospetto che questo pensiero non sia stato davvero sconfessato e resta il dubbio che nelle pieghe della Destra italiana, tutt’altro che moderna, aleggino ancora pensieri e posizioni non distanti dalla retorica razzista e fascista, una retorica che, come ci dice la cronaca, spesso si concretizza in atti indegni di violenta intolleranza.

Ecco, nel ricordare il Giorno della Memoria è necessario chiedersi e verificare se oggi siano stati rimossi davvero i fondamenti ideologici che portarono al dramma delle dittature fasciste e alla tragedia del genocidio.

Solo grazie alla democrazia e ai cittadini che hanno memoria di quel tempo si può evitare di ricadere di nuovo in quell’abisso di male, ma ciò non significa che si debba abbassare la guardia o ci si possa permettere di non mantenere l’attenzione su ogni rigurgito nostalgico o su ogni atteggiamento che, con operazioni intellettualmente e consapevolmente disoneste, si vuole far passare per folkloristico, mentre contiene, più o meno latenti, i semi dell’odio e dell’intolleranza. I meccanismi della comunicazione che fanno crescere il consenso verso la destra non sono dissimili da quelli su cui si basava la propaganda nel passato: profughi e immigrati vengono additati come nemici degli Italiani, come parassiti che vivono alle nostre spalle, come responsabili del disagio economico e della povertà di molte famiglie; agitando lo spauracchio della perdita di identità nazionale, di attentato ai valori tradizionali si parla, addirittura, di sostituzione della razza e di una sorta di “meticciamento”.

Inoltre, in diverse realtà amministrate dalla destra “moderna” si emanano regolamenti per non riconoscere diritti a chi non è italiano, anche se regolare e paga le tasse che contribuiscono ai lauti stipendi degli amministratori stessi. Non entriamo poi, nel merito dello sfruttamento di persone disperate nei campi e nelle fabbriche del Nord.

Esponenti della destra italiana, anche inquadrati in formazioni come FdI e Lega, inneggiano alla possibilità di sparare sui barconi di profughi che solcano il Mediterraneo o addirittura plaudono alla morte di essere umani, colpevoli soltanto di essere “diversi” e di desiderare di vivere con dignità.

Se, veramente, vogliamo onorare il Giorno della Memoria, allora abbiamo il dovere di farci parte attiva, non solo nell’agire quotidiano e nell’esercitare la solidarietà verso i più deboli, ma anche esercitando consapevolmente il proprio diritto di cittadini in cabina elettorale, difendendo e coltivando la democrazia, al fine di evitare, un giorno, di rimpiangere di essere stati indifferenti. 

In commossa Memoria,

La Redazione

 

mercoledì 22 dicembre 2021

Contributi per la migliore politica Don Luigi Sturzo continua a parlarci…

Prima parte dell’intervista al prof. Ernesto Preziosi

Dopo l’intervista a Giorgio Benigni su Antonio Gramsci, presentiamo l’intervista su don Luigi Sturzo rivolta al prof. Ernesto Preziosi.  Nella precedente Legislatura, Preziosi è stato deputato, eletto per il PD, membro della Commissione Bilancio. Dirige il Centro di Ricerca e Studi Storici e sociali ed ha promosso Argomenti2000, associazione di amicizia politica. Tra i suoi recenti saggi: Un altro Risorgimento. Alle origini dell’Azione Cattolica per una biografia di Giovanni Acquaderni, San Paolo edizioni e la curatela di Ci vorrebbe un pensiero, Edizioni Vita e Pensiero, sui 100 anni dell’Università Cattolica. Nel 2015 è venuto al centro Carlo Urbani di Monte San Vito per presentare il suo libro Una sola è la città (Ave).  

Gentile Prof. Preziosi, grazie per il tempo dedicatoci.

Vorrei iniziare con questa domanda: sono 150 anni dalla nascita di don Sturzo. Tra le sue molte opere ed innovazioni, per cosa ricordiamo don Sturzo?

Oltre ai 150 anni dalla nascita, vorrei ricordare che due anni fa è ricorso il centenario dell’Appello ai liberi e forti del 1919, quando don Sturzo ed altri uomini hanno fondato il Partito popolare italiano. L’ importanza del richiamo ai liberi e forti va considerato sia come spinta morale che in termini di metodo. I credenti operano nei diversi contesti storici, offrendo risposte, dando vita a strumenti, che ritengono idonei a raggiungere il fine che è legato al senso stesso dell’impegno politico del cristiano: operare non già per sé o per gli interessi della Chiesa, bensì per il bene comune.

Don Sturzo nasce come un fungo? Oppure il contesto ecclesiale del tempo lo ha aiutato?

Il contesto ecclesiale è fondamentale, penso alla enciclica Rerum Novarum del 1891, prima enciclica che affronta i temi del lavoro, del capitalismo, dei diritti e doveri del lavoratore. Il papa fu Leone XIII, papa Pecci. Papa Pecci inaugura la dottrina sociale della Chiesa, dove tematiche come il lavoro, la società, lo Stato, la centralità della persona umana vengono riaffermate nel contesto della modernità figlia dei Lumi e del Romanticismo. 

Don Sturzo è passato alla storia del Novecento come fondatore del PPI, una partito di programma, non confessionale, nel gennaio del 1919. Dal punto di vista della cultura politica e dei rapporti con il movimento cattolico, cosa accade con la fondazione del PPI nel 1919?

Fondando il PPI, Sturzo mette di fatto fuori gioco i blocchi clerico-moderati e  le relative intese, iniziate già nel 1904, proseguite nelle elezioni di cinque anni dopo e nel 1913 con il Patto Gentiloni. Sturzo, sempre contrario a queste intese, con la sua iniziativa tenta di raccogliere intorno alla proposta programmatica anche quelle che sono le differenti anime del cattolicesimo italiano. 

Don Sturzo non fu solo, quando lanciò l’Appello ai liberi e forti. Quali personalità erano con lui?

Erano diverse e variegate. C’era il conte Santucci, persona ben introdotta in Vaticano e che esprime un orientamento conservatore. Accanto troviamo il murriano pratese Giovanni Bertini (eletto in Parlamento nel 1913 nel collegio di una cittadina a voi vicina, Senigallia), già aderente alla lega democratico-cristiana. Gli agrari della Sicilia sono rappresentati da Antonino Pecoraro, mentre da Rovigo viene l’avvocato Umberto Merlin organizzatore di leghe contadine e operaie. Presente anche Antonio Boggiano-Pico, espressione dell’industria siderurgica e metallurgica genovese.


Può aiutarci meglio a capire i rapporti con il movimento cattolico, con le parrocchie, ed in particolare con l’Azione Cattolica?

Stefano Cavazzoni esponente cattolico milanese, valutava come opportuno il legame del PPI con l’Azione Cattolica. Don Sturzo suonava tasti diversi, cioè quelli della opportuna distinzione. La coscienza politica di un partito nazionale- collegato da un capo all’altro d’Italia - opera non attraverso gli organismi di Azione Cattolica, ma nella coesione spirituale, nella fiducia operativa delle persone. La distinzione, più che il legame. Pur rimanendo fondamentale la formazione delle coscienze, che era ed è un compito specifico dell’Azione Cattolica.

Che idea aveva don Sturzo dei partiti politici?

Per lui, il compito specifico dei partiti politici in democrazia è quello di organizzare il corpo elettorale, prepararlo ed educarlo alla vita pubblica; di essere  intermediario tra gli organismi sociali, il potere delle amministrazione ed i cittadini; di aiutare i cittadini nella difesa dei propri diritti, indurli allo scrupoloso adempimento dei doveri pubblici, correggerne l’istinto demagogico e indirizzare al servizio del pubblico la impulsiva passionalità delle masse.

Nel prossimo post, proveremo ad attualizzare il pensiero di don Luigi Sturzo, sempre in compagnia di Ernesto Preziosi…

Per approfondire:

G. Bianchi, Dopo  Moro: Sturzo, Morcelliana, 2000

L. Ceci, Don Luigi Sturzo, il profeta coraggioso dei temi moderni, SEI, 1996

G. De Rosa, Il primo anno di vita del Partito Popolare Italiano, dalle origini al congresso di Napoli, La nuova cultura, Napoli, 1969.

A. Dessardo, Educazione e Scuola, Studium, 2021

E. Preziosi, Cattolici e presenza politica, Scholé- Morcelliana, 2020

Giandiego Carastro

mercoledì 8 dicembre 2021

Vaccini, pronti al via per l'età pediatrica

 

VACCINO COVID IN ETA’ PEDIATRICA

Dopo mesi di studio e di test la scienza è arrivata al vaccino contro il Sars-Covid-2 per la fascia di età dai 5 agli 11 anni. Un età delicata che però, al netto delle ovvie preoccupazioni, ha finalmente la possibilità di immunizzarsi. Finalmente, in data 1 dicembre 2021, la Commissione Tecnico Scientifica di AIFA ha autorizzato l’utilizzo del vaccino Comirnaty di Pfizer-BionTech contro il Sars-Cov-2 nella fascia di età 5-11 anni. La dose del prodotto sarà pari ad 1/3 rispetto a quella delle età successive e la modalità e i tempi di somministrazione saranno gli stessi (2 iniezioni intramuscolari a distanza di 3 settimane).

CERCHIAMO DI CAPIRE PERCHE’ VACCINARE I BAMBINI?

DATI NEL MONDO:

Quasi 6.3 milioni di bambini hanno contratto il Covid-19 dall’inizio della pandemia;

Più di 22.400 bambini sono stati ricoverati per il Covid-19

Si sono verificati 605 decessi per il Covid nella fascia di età 0-18 anni

Più di 3000 pazienti pediatrici hanno avuto complicanze cardiache da Covid-19; di questi 46 sono deceduti

DATI IN ITALIA:

NON DOBBIAMO DIMENTICARE:

L’infezione da Covid-19 comporta un rischio di miocardite tra le 16-18 volte più elevato rispetto ai non infetti

Il rischio di miocardite da Covid è 6-34 volte più elevato rispetto alla miocardite post-vaccinale

I bambini sono serbatoio di infezione.

Al netto di questi dati, e coerentemente con la nostra sensibilità a favore della vaccinazione, seppur con il massimo rispetto per le singole e personali posizioni sul tema, riteniamo che questa scelta, per quanto delicata per un genitore, possa rappresentare un ulteriore passo, immensamente importante, verso l’abbattimento definitivo della circolazione del virus. 

Ogni avanzamento della scienza in questo campo rappresenta un difesa in più per quelle “libertà” che gradualmente stiamo cercando di recuperare, oggi regolamentate dai green e super green pass.

Con immensa speranza,

La Redazione


sabato 4 dicembre 2021

Contributi per la migliore politica Perché Gramsci ha ancora qualcosa da dirci! Seconda Parte

Perché Gramsci ha ancora qualcosa da dirci!

Seconda parte dell’intervista al dott. Giorgio Benigni

….Continuiamo l’intervista al dott. Giorgio Benigni sul pensiero di Antonio Gramsci…

In quali campi del sapere (diritto, sociologica, scienze, tecnologia) il pensiero di Gramsci andrebbe ripreso con vigore?

Di fatto a questa domanda ho già risposto: il posto di Gramsci rientra sia nell’ambito dei filosofi della politica che degli scienziati della politica. Ad esempio, si può pensare ad un parallelismo tra il concetto di egemonia e quello coniato dalla scienza politica di “rendimento istituzionale”. Ma poi Gramsci è anche un critico letterario e un suo posto lo deve avere anche nel campo della filosofia estetica.

Durante la Agora democratica sul ruolo degli intellettuali, svoltasi l'8 novembre, hai citato proprio Gramsci, per le sue riflessioni sul moderno principe, cioè il partito. Perché il PD dovrebbe tornare a frequentare Antonio Gramsci?

Il PD è nato fuggendo Gramsci, la sua solidità, il suo rigore intellettuale ed analitico. E’ nato senza un pensiero, è nato all’insegna della personalizzazione e della leggerezza. Penso all’inconsistenza di una delle allora parole chiave, quella della “contaminazione delle culture”, ecco penso che Gramsci avrebbe inorridito all’idea di un partito nascesse per contaminazione. Tornare a Gramsci significa innanzitutto tornare a studiare.

Ti conosco come cattolico gramsciano. Quali legami tra mondo ecclesiale ed il pensiero di Antonio Gramsci? Nel precedente post ho abbinato la figura di Gramsci a quella di don Luigi Sturzo...che ne pensi? Il Magistero di Papa Francesco ha suggestioni popolane, popolari, di popolo. Sarebbe piaciuto a Gramsci?

Un grande rispetto per Don Sturzo e per I popolari si coglie da tutti gli scritti gramsciani, sia quelli da giornalista sui quotidiani politici sia quelli della prigione. Addirittura in alcuni passaggi viene suggerito un accostamento tra Sturzo e Lutero e il PPI come il soggetto in grado di realizzare una sorta di riforma protestante in Italia. Gramsci è seriamente interrogato dal partito dei “liberi e forti”; non lo liquida come una scontata e anacronistica operazione politica di restaurazione. Ne coglie le novità che sono appunto quelle di un laicato cattolico che vuole diventare classe dirigente e che non si fa più comandare a bacchetta dalle gerarchie ecclesiastiche.

Come valuti la esperienza di questo blog: stiamo facendo memoria di una figura del PCI e di una della DC, per andare alla ricerca di esempi di una migliore politica…

Io ho sempre pensato che la memoria sia fondamentale. Sono laureato in storia e quindi mi viene facile. Se devo pensare ai grandi padri di quello che doveva essere prima l’Ulivo e poi il Partito Democratico non ho dubbi che queste radici siano negli anni 20 del ‘900 e nelle biografie di Luigi Sturzo, Antonio Gramsci e Piero Gobetti.

Stiamo dedicando gli ultimi post di questo ciclo storico a figure che vissero e subirono il fascismo: Togliatti e De Gaperi, Gramsci e Sturzo e poi Terracini e Donati. Cosa vuol dire essere antifascisti oggi? Tanto più che il PD ha cambiato recentemente il proprio Statuto, esplicitando la natura di partito antifascista.

Ecco… potreste intanto cominciare aggiungendo Gobetti, un ragazzo di una rarissima brillantezza intellettuale, che pure da posizioni laiche, capì la portata rivoluzionaria dell’invenzione del partito popolare e dei cattolici impegnati in politica, morto a 25 anni a Parigi forse anche a causa delle percosse e dai pestaggi subiti dagli squadristi quando era in Italia. Penso che partire da queste tre figure, tre cercatori di verità e di libertà, Sturzo, esiliato dal fascismo, Gramsci incarcerato dal fascismo, Gobetti esiliato, bastonato e di fatto ammazzato dal fascismo sia il miglior modo per affermare il carattere consustazialmente antifascista del PD.

Concludiamo, con una domanda di attualità politica: cosa possiamo aspettarci dalla Giunta Gualtieri?

Sicuramente molta serietà. Mi hanno poi molto colpito le visite in Vaticano al Papa e a Parolin in vista del Giubileo. Ha capito che la Capitale non si governa contro il mondo cattolico ma in alleanza con esso.  

Ringraziamo il dott. Giorgio Benigni per queste sue parole competenti e stimolanti. Speriamo di poter continuare la collaborazione nei prossimi anni.

… La prossima intervista riguarderà il pensiero di Don Luigi Sturzo.

Giandiego Carastro


martedì 30 novembre 2021

Contributi per la migliore politica: Perché Gramsci ha ancora qualcosa da dirci! Prima parte

Perché Gramsci ha  ancora qualcosa da dirci!

Prima parte dell’intervista al dott. Giorgio Benigni

Il precedente post è stato dedicato alla presentazione congiunta delle figure di Antonio Gramsci e don Luigi Sturzo.  Adesso, approfondiremo il pensiero di Antonio Gramsci, con una intervista al dott. Giorgio Benigni, analista di politica interna e internazionale, dottore di ricerca in diritto costituzionale italiano e comparato, dirigente PD nel Primo Municipio di Roma, assiduo conoscitore del pensiero di Antonio Gramsci..

Grazie, Giorgio, per aver accolto l’invito a rispondere a questa intervista. Tu hai una intensa esperienza di militante e dirigente del PD in un quartiere centrale di Roma come l’ Esquilino. Puoi parlarci brevemente della vita del tuo circolo PD nella tua realtà territoriale?

Abbiamo tenuto in piedi una comunità politica in uno dei rioni più popolosi e problematici del Primo municipio di Roma pur non avendo ormai da 8 anni, una sede fisica dove riunirci. Siamo stati tra i primi ad utilizzare le piattaforme informatiche in tempi di pandemia ed avviare una serie di incontri e confronti di livello in questa modalità. La tradizione è quella di un circolo anticonformista, dove si ritrovano persone libere che non devono obbedire o “rispondere” a niente e nessuno. Penso che in questi 18 mesi abbiamo dato vita a una sorta di scuola di politica per la qualità e quantità di interventi che abbiamo saputo mettere organizzare.

Ai giovani di oggi, come presenteresti Antonio Gramsci?

Gramsci è stato un uomo che ha cercato sempre la verità. Questo sia prima di andare in carcere che durante la prigionia. Poi è stato un figlio, un marito, un padre attentissimo alle relazioni primarie e a preservarle e proteggerle dal moloch totalitario della politica. Certo è stato un dirigente comunista, ma il suo pensiero, il suo acume, la sua profondità, la sua ricerca in grandissima parte sono sopravvissute alla fine del comunismo. Gramsci ancora oggi è l’intellettuale italiano del ‘900 più studiato nel mondo. Proprio a partire da Paesi che uno non immaginerebbe neppure come gli Stati Uniti.

 In un precedente post su questo blog riportavamo quello stralcio del documentario di Veltroni in cui si diceva che diversi giovani non conoscevano Enrico Berlinguer. A maggior ragione, forse non conoscono Gramsci..Tu hai studiato le opere ed il pensiero di Gramsci. Quali sono le parti sempreverdi del suo pensiero? 

Io l’ho studiato per passione, per corrispondenza nello stile di pensiero. Non a scuola. E’ stato una sorta di rapimento intellettuale. Penso non sia facilissimo accostarsi ai suoi scritti, non ha prodotto un’opera con un titolo, un inizio e una fine. Il suo è uno straordinario flusso di ricerca, pensiero e di esperienza di vita su cui è bello adagiare la propria mente. Ma forse è arrivato il tempo di farlo studiare anche nei programmi scolastici, nei corsi di storia e filosofia. Gramsci è un immenso teorico della politica, e faccio rientrare in questa espressione sia la filosofia che la scienza politica. Quello che per me è fondamentale è che non è un pensatore materialista: la dialettica centrale per lui non è quella servo/padrone ma quella dirigenti/diretti, non esiste nessun determinismo scientifico materialista negli avvenimenti storici, le condizioni materiali da sole non generano iniziative politiche. 

Puoi citarci qualche suo contributo, in tal senso?

Magistrale un suo articolo scritto a 26 anni sul giornale dei socialisti torinesi all’indomani dello scoppio della rivoluzione russa: “la rivoluzione contro il Capitale”, dove il Capitale con la maiuscola è il capolavoro di Carlo Marx che il giovane studente sardo vede completamente smentito dall’iniziativa russa. 

Su cosa si basa, allora, la politica per Gramsci?

Se quindi la politica non segue logiche meramente materiali su quali concetti poggia? La risposta di Gramsci è innanzitutto il partito politico, il “moderno principe”, secondo la famosissima definizione che richiama ed attualizza il pensiero di Niccolò Machiavelli. Certo, per il comunista Gramsci il partito politico è essenzialmente il partito della classe operaia ma sarebbe riduttivo pensare che sia il partito che si limita a fare gli interessi della classe operaia. Nella concezione di Gramsci il partito è quello che fa diventare la classe operaia classe dirigente. Per I meri interessi materiali della classe operaia ci sono i sindacati. E’ un’altra funzione che lui chiama “economico corporativa” per distinguerla da quella del partito che invece è “etico politica”. 

Ci sono ancora altri punti importanti del suo pensiero?

Vengo quindi al terzo grande concetto che a quasi 100 anni dalla sua elaborazione mostra ancora una vitalità e forza straordinaria: l’egemonia. Nella vulgata comune e molto anche grazie alle semplificazioni del pensiero cattolico, il concetto di egemonia è stato di fatto equiparato a quello di volontà di potenza e quindi considerato antitetico a quelli di libertà e pluralismo. Io non penso così. Egemonia, nella definizione che per la prima volta ho letto in un breve scritto di un importante dirigente del Pci, Aldo Tortorella, non è altro che “compiuta capacità di direzione”. Insomma egemonia è quando c’è piena consonanza tra dirigenti e diretti perché questi ultimi riconoscono e si riconoscono consapevolmente, chiaro, non perché manipolati, nell’azione dei dirigenti politici. Il contrario di egemonia quindi non è libertà ma è il contrario, è “dominio”, ovvero un potere esercitato dal dirigente solo con l’uso della forza e senza il consenso del diretto. Ecco, io penso che questi tre concetti, “il partito come moderno principe”, la distinzione tra la “fase economico corporativa e quella etico politica” e il concetto di egemonia siano ancora parole ricche di linfa vitale e di significato.

…continua nel prossimo post…

Giandiego Carastro