domenica 28 febbraio 2021

Contributi per la Migliore Politica, ricordando PCI e DC: GLI ANNI 90

Non sono uno storico, ma sento l’ urgenza di fare qualcosa per aiutare le giovani generazioni a non perdere contatto con il passato prossimo o remoto: tanti giovani, W. Veltroni aveva intervistato per il suo documentario, non sapevano chi fosse Enrico Berlinguer!!! Ancora, lo ripeto… non sono uno storico e nemmeno uno dei partiti. Sono però un cittadino che si è impegnato tanto nella vita studentesca alle superiori e che ha sempre guardato con rispetto ai partiti politici degli anni 80 e 90 del secolo scorso. Ho fatto in tempo a vivere quella fase della vita repubblicana in cui i discorsi dei Segretari  Generali di partito oppure i riti congressuali nazionali avevano una certa aurea che suscitava interesse, se non vero e proprio rispetto… La mia  famiglia, la società civile, la scuola, la Chiesa mi restituivano questo collegamento: le nostre istituzioni repubblicane avevano spessore grazie anche alla qualità ed alla vitalità dei partiti politici.

Questa premessa mi è necessaria per chiedere scusa in anticipo: questo ciclo di post sulla storia del PCI e della DC avrà sicuramente lacune, potrà sembrare superficiale o dallo stile scanzonato. L’intenzione è buona, dal mio punto di vista: è quella di dare nuovo spessore culturale al Partito Democratico che - come sa chi ha seguito questo blog nelle puntate precedenti - è a mio avviso destinato a riconfigurarsi come partito neo berlingueriano & neomoroteo al contempo (v. i post precedenti pubblicati in questo blog lo scorso ottobre).

E proprio questa  parziale, personale impostazione sul futuro del PD spiega la scelta di concentrarmi solo sul PCI e sulla DC, pur sapendo che il PD deve tanto anche ad altre anime: socialista, laico-repubblicana, ambientalista, femminista, etc.

Parziale, ma convinta è la scelta di iniziare dalla fine…perché spesso le cose si capiscono meglio dalla fine …inizieremo dalla decade gli anni 90, andremo a ritroso, post dopo post, fino agli anni 20 del secolo scorso, giusto cento anni fa…

Pur non avendo la sfacciataggine di provare ad aprire una nuova pista di storia dei partiti, vi propongo una novità: prendere ad esempio l’opera dello storico greco Plutarco Le Vite Parallele. Questa operazione culturale (per la quale sono grato al Segretario del PD di Monte San Vito Matteo Sticozzi ed al Direttivo del circolo) potrebbe arrivare sul tavolo della Fondazione Gramsci oppure dell’Istituto Sturzo? Potrebbe non essere ignorata dalla Fondazione del PD che ha l’obiettivo di progettare gli itinerari formativi per militanti e dirigenti? Non lo so… La cosa più bella sarebbe se questa metodologia aiutasse i ragazzi, i giovani ed i giovani adulti ad andare a scavare nella memoria recente del nostro Paese, appassionandosi a questa “epica democratica” che è testimoniata dal PCI e dalla DCI.

Dopo queste parole di premessa, ecco le prime due figure che propongo alla vostra attenzione: Achille Occhetto e Mino Martinazzoli. Seguono solo alcuni frammenti delle biografie politiche di A. Occhetto e di M. Martinazzoli. Saremo contenti se i lettori volessero integrare nel blog o nelle pagine FB questi rapidi ma essenziali tratti di due protagonisti del PCI e della DC.

Biografia di A. Occhetto:

Nasce Torino il  3 marzo 1936

Incarichi ricoperti:

Segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana, Eurodeputato, deputato e Senatore, segretario generale del PCI

Discorsi da ricordare:

Il 12 novembre del 1989, Occhetto tenne il discorso cosiddetta “svolta della Bolognina”: con la caduta del Muro, un ciclo storico si era concluso. il PCI avrebbe potuto anche cambiare nome.

Il 3 febbraio 1991 a Rimini, con un discorso di 17 minuti, Achille Occhetto chiude l’ultimo congresso del Pci: “Cari compagni e care compagne, in molti sentono che è giunta in qualche modo l’ora di cambiare. Non si tratterà solo di cambiare targhe sulle porte delle sezioni, occorrerà andare a una grande opera di conquista e di proselitismo (…) Oggi è un momento importante della nostra vicenda collettiva e sarà un momento memorabile della storia politica d’Italia (…) Per costruire, con il compito, con l’orgoglio che vi guida, il futuro dell’Italia”. 

Epilogo del PCI

La mozione del segretario generale fu appoggiata da D’Alema, Fassino, Iotti, Reichlin, Mussi, Veltroni e Folena a cui si opporrà il cosiddetto "Fronte del No", capeggiato dal Armando Cossutta e sostenuto da Alessandro Natta, Aldo Tortorella, Pietro Ingrao, Sergio Garavini e Fausto Bertinotti. Il 3 febbraio 1991, con 807 voti favorevoli, 75 contrari e 49 astenuti, il Pci, fondato il 21 gennaio 1921, decreterà il proprio scioglimento al termine di un percorso avviato nel Comitato centrale del 20 novembre 1989.

Considerazioni 

Achille Occhetto è passato alla storia come il liquidatore degli ideali comunisti, una persona di cui non ho quasi mai sentito parlare dentro il Partito Democratico, quando i militanti ex PCI o PDS ricordavano gli anni della chiusura del Partito Comunista; come se fosse oggetto di una damnatio memoriae. Penso che ciò sia frutto di una irrisolta elaborazione del lutto: nonostante gli organismi di partito ed i militanti avessero nella maggioranza consistente scelto per la fine del PCI, quel passaggio è ancora oggi visto come un fatto dolorosissimo. Di cui si attribuisce una colpa sentimentale al Segretario generale, denominato ACHEL, per non riconoscere “avrei fatto anche io così”.  A livello internazionale, va ricordato il vano ma coraggioso sforzo di Michail Sergeevič Gorbačëv di riformare il PCUS in Russia, una operazione risultata impossibile per i grovigli totalitari creati dal sistema sovietico al proprio interno e nei confronti dei Paesi satelliti (esempio Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia).

La fine del PCI e la successiva nascita del PDS e di Rifondazione Comunista sono degne di un grande scrittore di romanzi rosa: da persona che non ha aderito al PCI- avverto tutt’oggi nei racconti di chi è stato comunista e che adesso milita nel PD un legame amoroso intenso tra militanti, dirigenti e la bandiera con la falce ed il martello.  L’impressione è che se non fosse tracollata l’Unione Sovietica, madre di tutti i comunismi nazionali, il PCI avrebbe voluto, potuto, sperato di poter valicare anche il Duemila, per portare nel nuovo Millennio gli ideali del Sol dell’avvenire.

Biografia di Mino Martinazzoli:
(Orzinuovi, 30 novembre 1931 – Brescia, 4 settembre 2011 ) 

Incarichi ricoperti:

Più volte Ministro, capogruppo DC ed alla guida di commissioni parlamentari di inchiesta.

Discorsi da ricordare:

In occasione del XVIII Congresso nazionale della DC a Roma nel 1989, il politico bresciano parlò della necessità di una ricomposizione “fra popolo e Stato”, nella consapevolezza che se lo Stato non può pretendere di assorbire e definire né il singolo né la collettività rimane comunque “la regola più alta, l’attitudine ordinatrice e di governo più equa che una società può disporsi a raffigurare”. Bisogna dunque rifiutare tanto l’idea di una contrapposizione fra lo Stato e la società quanto quella di uno Stato debole che “non corrisponde alle ragioni della solidarietà ma è assai arreso alle ragioni della prepotenza”. Non era un’affermazione scontata negli anni in cui Primo ministro inglese era Margaret Thatcher, non è un’affermazione scontata oggi (commenta in un post Aurelio Zuroli, che si cita in fondo ); nel 1989 Martinazzoli vide profilarsi all’orizzonte un “carico di disuguaglianze ingovernabile”. Ricevete un applauso di venti minuti.

Epilogo della DC

Alle 17.45 del 26 luglio 1993, al Palazzo dei congressi dell’Eur di Roma, sulle note di una curiosa Rapsodia europea che riunisce le note di tutti gli inni nazionali, la Democrazia Cristiana dopo mezzo secolo è uscita di scena». Così Repubblica descriveva il 26 luglio del 1993 la fine della Democrazia Cristiana, il partito che aveva governato l’Italia ininterrottamente fin dal Dopoguerra. 

Considerazioni

Non meno doloroso e travagliato fu il percorso di Mino Martinazzoli che si trovò a chiudere la DC per ritornare al Partito Popolare. Eppure, rispetto ad Occhetto, Martinazzoli visse quella fase in maniera molto meno passionale,  e forse con più intimo strazio: i militanti ed i dirigenti della DC non esprimevano verso la Balena Bianca lo stesso amore espresso in casa PCI.  Perché questo? Forse perché la DC aveva subito diverse secolarizzazioni, cioè nei decenni precedenti si erano già rotti i legami affettivi tra bandiera, ideali e classi dirigenti: il Concilio Vaticano II aveva rinnovato il modo con cui la Chiesa guardava al mondo contemporaneo e forse la DC non si è mai interrogata fino in fondo su come quell’evento potesse riguardarla nella propria mission; la DC forse preferì rimanere al sicuro dietro l’ombrello dell’anticomunismo che le dava sicure rendite elettorali, senza però tante tensioni valoriali; inoltre, la uccisione di Aldo Moro (Presidente della DC nel 1978) ad opera delle Brigate Rosse aveva in un certo senso ucciso anche la DC, che operò ancora per un quindicennio ma quasi come un fantasma ; infine, gli anni 80 -90 sono   quelli in cui si era diffusa capillarmente la lottizzazione delle correnti, per cui il partito si era sempre più trasformato in agenzia di collocamento anziché in volano di democrazia solidale, sussidiaria, sostanziale, non senza cadute nel penale e nei reati di corruzione. Non da ultimo la nascita dei movimenti politici di area cattolica alternativa alla DC, quali la Rete a Palermo ed il Patto Segni, erano chiari sintomi di questo distacco conclamato tra ideali e militanti.  Infine, non va dimenticato che l’elettorato storicamente cattolico del Nord, Nord-Est già nei primi anni 80 aveva scelto di sostenere il partito di Umberto Bossi, la Lega Nord per la indipendenza della Padania.

Conclusione provvisoria

Due fini a pochi anni di distanza: il PCI chiude nel 1991, la DC nel 1994. La fine del PCI fu una grande esperienza di popolo, dal calore sudamericano e dalle forti passioni: ci furono casi in cui marito e moglie si separarono perché l’uno votò per il PDS ed altra per Rifondazione comunista. La Fine della DC fu in un certo senso più algida, lugubre, rassegnata, quasi uno strascico della morte del grande padre Aldo Moro nel 1978,  forse un rantolo dei personaggi descritti in un romanzo di Leonardo Sciascia (v. Todo Modo, Adelphi). O No?

Se vi è piaciuto questo Post, scrivete i vostri commenti. Scriveteci, anche se non vi è piaciuto.

Nella prossima puntata, dedicata agli 80, torneremo sulle figure di Pio La Torre per il PCI e di Piersanti Mattarella per la DC.

Se vuoi saperne di più su Achille Occhetto:

Achille Occhetto - Il sentimento e la ragione, Una intervista di Teresa Bartoli, Rizzoli.

Se vuoi saperne di più su Mino Martinazzoli

Mino Martinazzoli, Annachiara Valle, Uno strano democristiano,  Rizzoli

Altri Blog o siti :

Martinazzoli e il coraggio di "una parola in più" - All'altezza della sfida!

Il 3 febbraio 1991 si chiude l'ultimo congresso del Pci. La reazione di Pietro Ingrao. - Collettiva

Achille Occhetto - Wikipedia

Mino Martinazzoli - Wikipedia

Achille Occhetto conclude i lavori del XX Congresso del Partito - Bing video

intervento di Mino Martinazzoli all'ultimo Congresso nazionale DC del febbraio 1989 - Bing video

100 anni del Pci, Occhetto: "Alla Bolognina le mie lacrime di dolore. Ma non ero pentito, il partito voleva una nuova sinistra" (msn.com)

https://www.ibs.it/eutanasia-di-potere-storia-politica-libro-marco-damilano/e/9788842098225

MARTINAZZOLI: ORA LE NUOVE REGOLE - la Repubblica.it

Giandiego Carastro


sabato 27 febbraio 2021

Regione Marche, avanti verso la "disparità" di genere

Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Carlo Ciccioli, è tornato a prendersi la scena affermando che: “i genitori di una famiglia naturale hanno compiti espliciti: il padre deve dare le regole, la madre accudire. Senza una di queste due figure i bambini rischiano di zoppicare andando avanti nella vita. Queste cose si studiano in psicoanalisi. La famiglia naturale, composta da padre, madre e figli è l’unica forma valida da proporre in società. I bambini hanno il pieno diritto ad avere una famiglia composta in questo modo”. 

Queste affermazioni sconvolgono e riportano incredibilmente indietro la nostra società; difatti, il consigliere sembra dimenticare che i diritti della famiglia sono trattati anche dalla Costituzione italiana, in particolare dagli artt, 29 e 30 si ricavano gli importanti principi, dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi e il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli.

Oltre al testo costituzionale del 1948, la legislazione italiana con la L. n. 151/75 ha modificato la disciplina dei rapporti di famigliari, ciò proprio al fine di garantire l’eguaglianza giuridica e morale dei coniugi, sia per quanto riguarda i loro rapporti, sia per quanto concerne i rapporti con la prole.

Un passo ulteriore - al riconoscimento della prima parità fra i coniugi nel rapporto con i figli - è stato poi compiuto dalla L. del 2006 n. 54, che ha disciplinato l’affidamento condiviso dei figli in caso di separazione, posto che il figlio ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori – si ripete anche in caso di separazione/divorzio – continuando a ricevere da entrambi i genitori la cura, l’educazione e l’istruzione a lui necessaria, financo conservare i rapporti affettivi con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Da questo breve excursus si può comprendere facilmente come oltre ad essere sconvolgenti le affermazioni del Consigliere, vanno a minare i fondamenti su cui il nostro bel Paese si regge, e che solo grazie a lunghe battaglie e storiche rivincite hanno portato al raggiungimento della parità tra uomo-donna e, il riconoscimento di modelli familiari non fondati sul matrimonio, pensiamo alla legge Cirinnà del 2016, ove sono stati, finalmente riconosciuti una serie di diritti alle convivenze di fatto e alle unioni civili.

Di tutto questo, invece, la destra sembra dimenticarsi e, di più vuole far regredire la nostra società, cancellando libertà e diritti, ormai acquisiti.

Avv. Laura Carnevali

domenica 21 febbraio 2021

Contributi per la Migliore Politica, ricordando PCI e DC

I partiti politici sono stati un decisivo motore per la nascita della nostra Costituzione repubblicana. I partiti hanno reso possibile la democrazia della crescita economica e sociale. Il ruolo che i partiti hanno svolto è stato fondamentale: qui ricordiamo che il benessere di cui godiamo deriva dall'impegno di donne e uomini che hanno militato e combattuto battaglie, anche aspre, per l'affermazione dei diritti dei più deboli e delle classi lavoratrici.

Negli ultimi trent'anni ed in particolare dalla crisi finanziaria del 2008, le paure derivanti dalla crisi e la consistente riduzione della partecipazione alla politica hanno portato all'indebolimento dei partiti. In questo quadro, oggi il PD è forse l'unico partito che investe energie nella partecipazione dei propri iscritti, pur nella circostante disgregazione dei legami sociali. Noi siamo convinti che i partiti devono tornare a rappresentare ed attuare il loro ruolo, previsto dalla Costituzione, (articolo 49), con i dovuti ammodernamenti e le necessarie aperture alla cittadinanza attiva, alla società civile, ai gruppi giovanili, alle associazioni culturali, a chi fatica ogni giorno per difendere l'ambiente, etc.

Per questo, su input del Direttivo del circolo PD di Monte San Vito, ci è stato chiesto di avviare un nuovo ciclo di riflessioni, finalizzato a far conoscere alcuni momenti chiave di due partiti che hanno fatto la Resistenza, che hanno fatto la Costituzione, che hanno permesso al nostro Paese di crescere in democrazia e diritti civili e che sono idealmente collegati a ciò che siamo oggi: il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana.

Il metodo prescelto, crediamo, è originale: dedicare un post per ciascun decennio dagli anni 90 agli anni 20 del secolo scorso, scavando a ritroso, offrendo delle sintesi basate su alcuni protagonisti dell'epoca, i cui insegnamenti, i cui travagli, le cui riflessioni possono essere ancora di stimolo per il PD che siamo chiamati a costruire.

Il metodo è pertanto parziale e siamo sin d'ora aperti ad ospitare riflessioni critiche o integrative.

L'obiettivo è contribuire a creare le condizioni per quella che Papa Francesco chiama "La migliore politica", a partire dal nostro punto di vista di militanti del Partito Democratico.

Ecco alcuni punti della Enciclica Fratelli Tutti che vogliamo riportare perché ci sono di ispirazione

154. Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo, invece, la politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso.

169. In certe visioni economicistiche chiuse e monocromatiche, sembra che non trovino posto, per esempio, i movimenti popolari che aggregano disoccupati, lavoratori precari e informali e tanti altri che non rientrano facilmente nei canali già stabiliti. In realtà, essi danno vita a varie forme di economia popolare e di produzione comunitaria. Occorre pensare alla partecipazione sociale, politica ed economica in modalità tali «che includano i movimenti popolari e animino le strutture di governo locali, nazionali e internazionali con quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento degli esclusi nella costruzione del destino comune»; al tempo stesso, è bene far sì «che questi movimenti, queste esperienze di solidarietà che crescono dal basso, dal sottosuolo del pianeta, confluiscano, siano più coordinati, s’incontrino». In questo senso sono “poeti sociali”, che a modo loro lavorano, propongono, promuovono e liberano. Con essi sarà possibile uno sviluppo umano integrale, che richiede di superare «quell’idea delle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che riunisca i popoli».[145] Benché diano fastidio, benché alcuni “pensatori” non sappiano come classificarli, bisogna avere il coraggio di riconoscere che senza di loro «la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino».

Vi lasciamo con queste riflessioni e vi invitiamo a seguirci con il primo post della serie in uscita la prossima settimana.

Giandiego Carastro

mercoledì 27 gennaio 2021

Ricordare la memoria

La “Giornata della Memoria”. In occasione della ricorrenza dell’apertura dei neri cancelli di Auschwitz che significò la possibilità di un insperato ritorno alla vita per molte anime ormai rassegnate a dare del tu alla sofferenza e alla morte e che, al tempo stesso, in una sorta di liberazione e sdoganamento dell’orrore, disvelò al mondo la tragica e disumana portata del disegno di uno sterminio voluto, scientemente pianificato e scientificamente attuato, non vuole essere mia cura ripercorrere i drammatici eventi e le tappe che portarono all’esiziale parossismo della Shoah, quanto proporre una breve riflessione sul tema stesso della memoria.

Nonostante ancora oggi vi sia chi meschinamente e contro ogni umano valore, mediante un processo in cui la disonestà intellettuale e la superficialità si nutrono rispettivamente di odio belluino e di ignoranza, insiste nello sminuire la tragicità di quegli accadimenti fino addirittura a negarli, la Storia ci consegna, indelebile e incontrovertibile, quanto è stato. La costruzione della memoria deve, di necessità, passare dalla conoscenza, mentre una conoscenza senza memoria rischia di diventare uno sterile sapere, fatalmente cristallizzato nelle pieghe del tempo come un qualcosa di avulso dalla vita e dalla nostra quotidianità e potenzialmente destinato a svuotarsi di ogni valenza emotiva e, di conseguenza, fattuale.

Quale ruolo, allora, dovrebbe avere la memoria? Per chi porta con sé il peso gravoso degli anni la memoria è la misura dell’esperienza di una vita, lo scrigno che ne custodisce i tratti e i passaggi; per i giovani, invece, questa memoria può diventare una proiezione ideale verso il futuro, il riflesso di un’esistenza ancora da narrare. Ecco, quindi, come per un’intera società, quale quella umana, la memoria debba assurgere ad algoritmo fondamentale sopra il quale realizzare ed erigere il proprio domani, modulando in un abbraccio armonico la caleidoiscopica ricchezza delle diversità.

Ma la memoria, affinché non se ne disperda l’energia evocatrice, non può essere ridotta a fredda conoscenza, quanto alimentata, sempre custodita e… ricordata, sì, ricordata!

Se mi è concessa una digressione etimologica, vorrei sottolineare come per gli antichi il cuore fosse l’organo deputato alla memoria, tanto che lo stesso verbo “ricordare” deriva dal latino cor-cordis, cioè “cuore”; ora, mi piace pensare come l’esercizio del ricordo non si risolva esclusivamente come un mero processo sinaptico di stimoli e impulsi elettrici, ma che, secondo l’accezione pur fisiologicamente errata dei nostri antenati, contempli una profonda partecipazione emotiva.

La “Giornata della Memoria”, dunque, non deve soltanto celebrare un importante anniversario o semplicemente far conoscere quanto storicamente accaduto alle nuove generazioni; la “Memoria” deve essere calata nel nostro sentire, deve compenetrare ogni particella del nostro essere, deve essere accordata al nostro cuore, perché sia davvero riferimento esemplare per realizzare quel futuro di pace che auspichiamo per i nostri figli e perché chi sarà dopo di noi non debba rivivere, anche in altre forme o con altri attori, l’oscena atrocità dell’Olocausto che ha brutalizzato milioni di vite e lo stesso concetto di umanità.

Non smettiamo mai di ricordare la memoria!

 

Prof. Auro Barabesi


martedì 1 dicembre 2020

Fratelli tutti: Nessuno si salva da solo

L'Acli Marche prova a fare una sintesi della terza enciclica di Papa Francesco, ringraziamo Giandiego per la segnalazione. 

“Fratelli tutti” è il titolo della terza enciclica di papa Francesco, resa pubblica il 4 ottobre, festa di San Francesco, un documento impossibile da sintetizzare in poche righe, ma dal quale si possono trarre alcune importanti indicazioni, anche per il particolare momento che stiamo vivendo.

Innanzitutto va sottolineata la continuità con l’enciclica “Laudato si’”, dedicata ai problemi del nostro pianeta, la “casa comune”: la fratellanza di cui si parla non riguarda soltanto il rapporto fra gli esseri umani, ma anche il rapporto con il creato. Anche questa enciclica si apre con una analisi dei problemi del mondo di oggi, che ostacolano lo sviluppo della fraternità universale. Il papa denuncia i “segni di un ritorno all’indietro”, in conflitti anacronistici, in “nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi” e in molteplici forme di razzismo: “è inaccettabile – scrive il papa – che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti”.

A questo “mondo chiuso” il papa contrappone “un mondo aperto”, fondato sulla dignità di ogni persona, sulla legge suprema dell’amore fraterno e, come si legge nel sottotitolo dell’enciclica, “sulla fraternità e l’amicizia sociale”. Tutta l’enciclica trae ispirazione dalla parabola del buon samaritano, che ci propone appunto una fraternità universale aperta, “che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita”. Di qui l’invito ad avere “un cuore aperto al mondo intero”, unendo un sano amore per la propria patria all’apertura ai problemi del mondo intero. Dalla sfida di “sognare e pensare un’altra umanità” si passa alle sfide concrete che devono affrontare gli uomini di oggi; il papa riprende così temi a lui cari: il rifiuto della “cultura dello scarto” e del disprezzo per i deboli, il rispetto dei diritti umani, il corretto atteggiamento nei confronti delle migrazioni (vengono riproposti i 4 verbi: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”), “il grande tema del lavoro”, l’aiuto ai poveri consentendo loro “una vita degna mediante il lavoro”.

In una “società pluralista”, la fraternità nel mondo si costruisce sul dialogo, come “riconoscimento del punto di vista dell’altro”; ma si costruisce anche sul superamento dei conflitti, sul perdono reciproco e sulla pace. Da queste convinzioni discende la chiara condanna della guerra (non esiste una guerra giusta) e della pena di morte, definita “inammissibile” e quindi da abolire in tutti i Paesi del mondo. Nella costruzione della fraternità universale un contributo fondamentale deve venire dalle religioni, da tutte le religioni, a partire dal “dialogo tra persone di religioni differenti”.

Nell’enciclica non manca un riferimento alla pandemia che stiamo vivendo, con una indicazione di fondo: “Il vero dramma di questa crisi sarebbe quello di sprecarla”. Il papa riprende quanto aveva affermato nella meditazione del 27 marzo a Piazza San Pietro: “siamo tutti sulla stessa barca”. Siamo tutti fragili e disorientati, ma il virus ci ha fatto comprendere che ci troviamo tutti sulla stessa barca e ci ha reso consapevoli di essere “una comunità mondiale”. Non sprechiamo quindi questa crisi; dobbiamo sconfiggere il Coronavirus, ma ci sono altri virus da sconfiggere: l’egoismo, l’individualismo, il razzismo. Affrontiamoli, consapevoli che siamo fragili, ma convinti anche che “nessuno si salva da solo”.

Fonte "ACLI Marche"