mercoledì 5 agosto 2020

Beirut, dalla deriva economica al dramma !

Beirut, distrutta nello spirito ancor più che nelle mura. La capitale del Libano è stata per anni custode di una lunga storia cosmopolita, oltre che importante centro culturale ed accademico. Ricchezza esposta, sbandierata a simbolo di un avvenente sfarzosità da far impallidire le maggiori capitali europee, era anche per questo denominata la Parigi del Medio Oriente. Gli anni Sessanta hanno rappresentato il periodo del suo massimo sviluppo economico, simbolo di quel mondo in continua rincorsa verso un economia arida, viscida, che porta guadagni, molti, per alcuni ma non produce sviluppo sociale. In altre parole le masse hanno sete e fame di cultura e la coltivano fino a quando essa non è distratta da fame e sete reale, fisica, biologica, in tutta la sua drammaticità.
La crisi economica del Libano affonda le sue radici in decenni di corruzione sistemica e di malgoverno della classe politica al potere dalla fine della guerra civile (1990). I libanesi hanno organizzato proteste di massa per chiedere un cambiamento politico radicale, ma poche delle loro istanze sono state soddisfatte, difatto la situazione economica è costantemente peggiorata dall'autunno scorso.

La crisi economica e sociale che sta attraversando il paese ha raggiunto livelli altissimi nell'ultimo periodo, e le tensioni tra le varie confessioni religiose sono oggi più forti che mai. Siamo inoltre a soli pochi giorni dal verdetto sull'attentato del 2005 in cui fu ucciso il premier Rafiq Hariri, azione per il quale sono sospettati alcuni membri Hezbollah (ma questa è un altra storia.... forse).

Come se non bastasse il Covid, che non attenua la sua diffusione e che si aggiunge a questa forte crisi finanziaria mai vissuta prima, nemmeno durante le guerre, che vede le sue origini in un paese che non produce nulla e importa tutto ciò che consuma.

Paradossale etichettare quella spaventosa esplosione come figlia del fato, Beirut ed i suoi Silos bianchi del porto erano sopravvissuti a 15 anni di guerra civile ed ai bombardamenti israeliani. Una tragedia che merita indagini serie e verità.

È ancora difficile immaginare un bilancio credibile dell'incidente al porto. Notizie contrastanti parlano di "oltre 100 morti" e più di 3000 feriti. Ed è a quelle vittime ed al dramma di quella gente che dobbiamo, a nostro avviso, un mesto silenzio, evitando, almeno in queste prime ore, ogni forma di analisi, da quella più criminale alla semplice e tragica "fatalità".

Verrà il tempo delle analisi e dei colpevoli, in genere sempre tanti ed illusoriamente "presunti", ora è tempo di silenzio, in rispetto del dolore, e di azione, in soccorso di quella gente.

Un abbraccio avvilito,

la Redazione