domenica 3 ottobre 2021

CONTRIBUTI PER LA MIGLIORE POLITICA Intervista all’avv. Laura Carnevali ed al sindacalista Donato Acampora 2° parte

Seconda PARTE

Proseguiamo l’intervista iniziata con il post precedente:  continuiamo ad ascoltare due voci che vivono sulla propria pelle le contraddizioni del mondo del lavoro, o meglio dei lavori: l’avv. Laura Carnevali ed il sindacalista CISL Donato Acampora.

Scuola ed Università, cosa possono fare per i giovani?

Risponde Laura: Occorrerebbe che le scuole e le università aiutino i giovani ad entrare prima nel mercato del lavoro. Per me, i ragazzi dovrebbero essere immessi prima nel mondo professionale, con stage e borse studio, già a 23/25 anni così da poter prendere contatto con il mondo lavorativo, acquisendo esperienza, professionalità e rivendibilità per il futuro. Ecco perché credo fortemente che anche il mondo universitario vada ripensato, o meglio sarebbe opportuno che tutte le Università italiana fossero capaci di offrire ai loro studenti sbocchi professionali ed un maggior contatto con le aziende presenti sul territorio, così da facilitare agli stessi l’ingesso nel mondo professionale. Tutti abbiamo diritto di trovare bei posti di lavoro, ben retribuiti, stimolanti e professionalizzanti; basta pensare che solo chi studia alla Bocconi o alla Luiss sia in grado di effettuare la scalata sociale e professionale.

Risponde Donato: Università e mondo del lavoro sono spesso percepiti come mondi distanti, incapaci di comunicare. Spesso, lo studente, sia durante il percorso scolastico che universitario, si ritrova abbandonato a sé stesso e si riscopre- almeno questa è la sensazione più comune- privo di quegli strumenti e collegamenti utili che lo avviino nel mondo del lavoro. Questo problema occupazionale, a mio avviso, affonda le sue radici in una mancanza di strategia a monte: per gli studenti delle superiori manca difatti, o è molto debole, una guida all’orientamento nella scelta dell’Università giusta che potrà garantire il lavoro del futuro. Analisi di mercato simili possono guidare ed aiutare non solo gli studenti, ma un intero Paese, formandone le competenze per le sfide future. 

Quale il ruolo dei sindacati confederali in questa difficile transizione?

Risponde Laura: Alla luce delle continue crisi, le Marche hanno preso molti schiaffi - dal 2008 ad oggi, tra crisi finanziaria, bancaria, terremoto e Covid – ed i contorni della sicurezza sul lavoro, della giusta retribuzione, della dignità si sono fatti più sottili. Per anni abbiamo sentito dire che le crisi si risolvevano tagliando salari e diritti. Il risultato è stato quello di impoverire tutta la Regione. La realtà ha ampiamente smentito questa tesi, perché è dimostrato dai dati che le aziende che hanno avuto un maggior successo sono quelle che hanno saputo innovare, coinvolgere il territorio, ma anche promuovere processi partecipativi attraverso relazioni sindacali di qualità, ovvero hanno valorizzano le professionalità nella ricerca del miglioramento del benessere lavorativo e formato i lavoratori, creando così un’occupazione di qualità, stabile, adeguatamente remunerata e tutelata.

Parole chiave di una nuova economia ad alto tasso di innovazione sono: il digitale, la transizione energetica, l’economia circolare, la sostenibilità, l'ambientale… queste realtà si contrappongono all’imprenditoria poco illuminata ed a un capitalismo parassitario sempre alla ricerca, a suon di delocalizzazioni, di un proprio paradiso a scapito dell’inferno in terra per qualcun altro. Diversamente i diritti sociali, il lavoro tutelato e di qualità, soprattutto per donne e giovani, sono e saranno necessari per ricomporre un tessuto sociale che l’emergenza Covid ha messo e sta mettendo tutt’ora a dura prova, solo così si potrà rilanciare lo sviluppo e la crescita della nostra Regione. Dai sindacati mi aspetto, quindi dibattiti più accesi, non solo verso le aziende, soprattutto con il mondo politico: è ora che l’abbassamento del cuneo fiscale sugli stipendi diventi un tema caldo, cosìcché siano finalmente garantiti anche nel Bel Paese (come nel resto dei Paesi dell’UE) salari più alti e adeguati al livello della vita in costante rialzo.

Risponde Donato: Sarò netto, il ruolo del Sindacato senza una Politica capace di ascoltare e recepire è nullo, anzi rischia di avere un impatto sociale devastante, soprattutto in un momento come questo, per la comunicativa di contrasto che gli attori in causa a quel punto andrebbero, per parte e per ruolo, a mettere in atto. E’ il momento della concretezza, anche per meglio investire sul futuro grazie ai fondi del Recovery Fund. Da subito una netta riforma delle Pensioni superando definitivamente, e senza inequità, la legge Fornero, in essa prevedere uscite con maggiori flessibilità, specifiche condizioni per le Donne, e garanzie per i giovani; un nuovo patto Sindacati-Governo-Aziende che rinnovi l’attenzione alla sicurezza sui luoghi di lavoro, lo slogan “basta morti sul lavoro” diventi un azione concreta che anticipi gli eventi; una riforma equa del fisco come importante strumento di redistribuzione che favorisca finalmente e realmente i redditi più bassi da lavoro dipendente, quelli che le tasse le hanno sempre pagate. Uno dei limiti che ho sempre riscontrato nel Sindacato, e lo dico dall’interno, è quello di restare troppo ambiguo su temi spesso centrali, oggi ad esempio serve coraggio nel dire che Vaccino e Green Pass sono la chiave per continuare a crescere ed evitare nuove drammatiche chiusure, ma va detto, e con chiarezza; cosi come da tempo serve coraggio nel dire che le competenze vanno premiate, ma bisogna dirlo e nel contempo farlo. L’ambiguità potrà anche garantire al Sindacato un numero maggiore di tesserati, ma non garantisce un futuro al nostro Paese.

Come il PD sta per voi seguendo la tematica del lavoro?

Risponde Laura: Credo fortemente che il nostro partito debba continuare a rimarcare a livello governativo i temi del lavoro mettendoli, come sta facendo, al primo posto.  Un partito serio come il PD deve operare per risolvere i problemi, come sta facendo il ministro Orlando, a differenza della destra che incita il dissenso, non propone idee fattibili,ma alza la voce su tematiche che stanno a cuore alle persone solo per acquisire ì consensi.  Penso al  tema degli stipendi, dell’abbattimento del cuneo fiscale, del mettere un freno ai costanti rialzi delle bollette, del carburante (ricordo che Salvini nel Governo Conte 1 affermava che avrebbe eliminato le accise sui carburanti, beh, non l’ha MAI FATTO!!!) Peraltro questi aumenti di bollette/carburante colpiscono tutti anche perché non sono proporzionali ed è quindi giusto che il Governo intervenga. Mi aspetto, quindi, un partito più tra la gente, che faccia emergere il suo programma e la linea di pensiero, che parli di più agli italiani, continuando a pensare ai più fragili e alle grandi battaglie, come lo ius soli.

Importante la posizione del PD critico verso il RDC nella strutturazione attuale, cosa che ha sempre segnalato, e che ritorni allo spirito del REI (reddito di inclusione del Governo Gentiloni) e, soprattutto, l’attivazione di strumenti specifici indirizzati alla inclusione lavorativa per giovani e disoccupati. Occorrerebbe pensare anche ai sussidi di disoccupazione ovvero a meccanismi in grado di supportare chi perde il lavoro e, al contempo, che i centri per l’impiego siano più tagliati a favorire il ricollocamento di queste persone nel ciclo produttivo.

Un partito che parli di più della “questione degli immobili” in Italia, riforma questa necessaria per ridurre le disuguaglianze ancora oggi esistenti sugli immobili. Ricordo che il sistema attuale non distingue la differenza di valore tra un immobile, a parità di vani, situato al centro di una città o in periferia, invece il valore commerciale dei due è differente!! Ecco quindi che non si tratta di aumentare la tassa sulla casa, ma di ridistribuire i carichi in base al valore vero di mercato. Questo va a beneficio dei cittadini, diversamente oggi il vantaggio è a favore dei più ricchi che dispongono di immobili di valore elevato.

Un partito che dia voce anche alle piccole partite IVA e le PMI, perché non sono i nuovi ricchi, il mondo autonomo non è più quello degli anni ’60 e come tale va ripensato. Vorrei che il partito alzasse di più la voce sulla condizione dei lavoratori, dalla questione dell’abbassamento del cuneo fiscale sul lavoro, a come reimmettere le persone che perdono il loro posto di lavoro (anche a 50 anni) nel mercato… questi dibattiti devono diventare sempre più presenti all’interno delle aule parlamentari. Bisogna far sì che la politica si impegni a favorire le condizioni affinché le imprese aumentino i posti di lavoro e ciò proprio a partire dall’abbassamento del fisco sulle imprese, oltreché dalla riduzione delle trattenute in busta paga, altrimenti non stupiamoci se le grandi imprese (che peraltro hanno importante offerta di manodopera) preferiscono delocalizzare altrove le aziende. Bisognerebbe cercare di far alzare il livello reddituale e salariale dei cittadini, invece di cercare escamotage per creare tassazioni e rincari, ultima tra tutte la tassa sul carboidrato visto il periodo di siccità che ha interessato l’Italia a causa del cambiamento climatico!

Risponde Donato: Il tema “lavoro” è di una complessità inaudita, da sempre il PD prova a muoversi in questa giungla ma, a mio avviso, con azioni spesso troppo soft che non spostano di molto, soprattutto nella percezione di lavoratori ed imprese, l’asticella della competitività. Bene sul cuneo fiscale, un primo passo, ma da solo non esaustivo, serve proseguire rivedendo tutto il tema della tassazione del lavoro, sia verso i lavoratori sia verso le imprese, in special modo per le nuove assunzioni. Incentivi che mirino ad un occupazione buona, stabile, che dia garanzie di reddito e di futuro. Altro tema caldo riguarda le delocalizzazioni, per combatterle serve creare condizioni ed infrastrutture che rendano virtuoso investire nel nostro Paese. Al momento vedo solo tanta demonizzazione e poco realismo verso le imprese, lasciamo gli spot elettorali ai partitini di destra e ritroviamo lo spirito costruttivo intorno al quale nasce il PD. La crescita del nostro paese passa attraverso il suo grado di coesione sociale e la difesa e la creazione di lavoro, distribuendo cosi i benefici dei fondi europei, in questa direzione vanno individuate le giuste soluzioni. Dobbiamo crederci di più.

In conclusione, quali sono le principali riforme che Vi attendete?

Risponde Laura: Mi aspetto norme sull’abbattimento del cuneo fiscale, misure a sostegno di chi perde li lavoro per un certo arco temporale breve (es. un anno), questo finché i centri per l’impegno (sempre entro un anno) non siano in grado di reimmettere le persone (di qualsiasi età) che perdono il posto di lavoro sul mercato. Occorre, quindi, effettuare un generale miglioramento e un perfezionamento delle strutture che già abbiamo.

Risponde Donato: Il tema principale, quando si parla di riforme, sono le risorse economiche di copertura e sono convinto che trovare e destinare le risorse ad un determinato tema non sia un fatto tecnico ma assolutamente politico. Servirà una riforma solidale degli ammortizzatori sociali che esca dall’ottica del corporativismo. Una riforma strutturale dei centri per l’impiego anche assorbendo le attuali agenzie, private, per il lavoro interinale: bisogna uscire dall’ottica della riduzione selvaggia dei costi ed abbracciare la più proficua e prospettica ottica della competenza. Serve una definitiva e solidaristica riforma delle Pensioni (lo accennavo prima) che metta al centro i giovani e le donne. Vanno individuate soluzioni che permettano di superare le disuguaglianze create dalla sperimentale “quota 100” evitando però di tornare alla Fornero, ormai fuori dai radar di tutte le forze politiche. Ci sono già importanti indicazioni che escono dal lavoro dalla Commissione lavoro della Camera (presieduta dal PD Cesare Damiano) che sta svolgendo un lavoro capillare individuando le categorie usuranti, ne sono state individuate già oltre 25, che consentirebbero un uscita anticipata dal lavoro… è solo l’inizio di una discussione e di un lavoro, politico, che si preannuncia comunque molto lungo e complicato (le sensibilità in campo sono molto diverse e spesso troppo attratte dal consenso). Nelle ultime riforme pensionistiche si è sempre parlato di Patto tra le generazioni, è ora di dare il giusto valore a questa affermazione individuando una formula che, al netto delle categorie usuranti, garantisca tutti, in special modo le nuove generazioni. Serve finalmente una concreta riforma del Fisco che riesca ad abbattere il muro dell’evasione, un macigno che affossa il nostro bilancio, anno dopo anno. Non ultimo serve una “legge elettorale” che da un lato sia capace di garantire a chi vince le elezioni condizioni concrete di governabilità e dall’altro garantisca alle opposizioni strumenti concreti di dialogo.

Ringraziamo Laura e Donato per queste preziosi riflessioni!!!

Giandiego Carastro

domenica 26 settembre 2021

CONTRIBUTI PER LA MIGLIORE POLITICA Intervista all’avv. Laura Carnevali ed al sindacalista Donato Acampora

Prima PARTE

Dedichiamo i prossimi due post all’ascolto di due voci che vivono sulla propria pelle le contraddizioni del mondo del lavoro, o meglio dei lavori…L’avv. Laura Carnevali ed il sindacalista CISL Donato Acampora.

Li ringraziamo sin d’ora per le loro risposte.

Quale è la situazione concreta di chi lavora oggi, o di chi è in cerca di lavoro?

Risponde Laura: La situazione concreta è che gli stipendi sono troppo bassi, mangiati dalle tasse e dal caro vita. Naturalmente tale circostanza poi si riversa sulle famiglie e sui giovani.  Oggi cercare lavoro è una missione, in primo è che nel nostro contesto (la Vallesina) non ci sono molte opportunità per trovare lavori gratificanti, ben pagati e sicuri nel tempo. Purtroppo a livello lavorativo non vedo molte chance.  La crisi produttiva e di mercato iniziata dal 2008 ha comportato significative variazioni nella fisionomia del sistema produttivo locale, ad oggi infatti registriamo una forte contrazione sia dell’offerta che della domanda di lavoro, come pure di opportunità lavorative; vi invito ad entrare in un centro per impiego per vedere i lavori che vanno in voga nel nostro contesto territoriale. Che il mondo lavorativo è in crisi lo dimostrano anche le PMI presenti nel nostro territorio che, pur non affette da situazioni gravi di crisi produttivo-finanziaria e pur mantenendo quote di mercato in sufficiente forza, mostrano un forte rallentamento dell'assorbimento di manodopera, ovvero la delocalizzazione della produzione in Paesi a minor costo del lavoro.  Oltre a quanto già detto sopra anche il Covid ci ha messo lo “zampino”, la CNA infatti nel mese di marzo affermava che nella Provincia di Ancona hanno chiuso a causa della pandemia quasi 500 aziende, falciando più di 17mila posti di lavoro. A fronte di questa drammatica situazione però i prezzi dei beni e servizi hanno avuto un’impennata pazzesca, ad es. questa estate mi è capitato spesso di pagare un pezzo di pizza 2,50 €, 2 piadine farcite al prosciutto 16 €, che dire poi del carburante e/o dei rincari delle future bollette. Quello che mi domando è: siamo solo costretti a vivere per pagare le tasse e vedere i nostri stipendi sempre più ridotti all’osso, o si può cercare di pensare a come far risparmiare di più i cittadini, cercando di fargli mettere da parte più di € 50, e di più cercando di far avere a tutti un livello di vita più dignitoso e sereno a cui hanno diritto?

Risponde Donato: Innanzitutto una precisazione, non sono sindacalista, almeno non inteso come lavoratore del sindacato, ma sono un semplicissimo rappresentante dei lavoratori, per la Fim-Cisl, eletto dai lavoratori nell'azienda in cui lavoro, un importante multinazionale nella Vallesina. Ma torniamo alla domanda, il mondo del lavoro è da sempre al centro del dibattito politico, vuoi per pura, spesso spietata, ricerca di consenso, e di voti, vuoi per le ingenti necessità innovative che questo mondo elemosina da anni. Rinchiusi tra due e più fuochi ci sono i lavoratori, o quello che ne rimane, contratti sempre più precari e corti. Una richiesta di flessibilità sempre maggiore che col tempo sta erodendo il significato stesso della parola lavoro, un tempo sinonimo di dignità. Per rispondere alla domanda, il mondo del lavoro oggi, senza voler entrare nelle diverse sfaccettature dei diversi, forse troppi, contratti di categoria, ha declinato ogni forma di dignità alla meno nobile arte della necessità. Anche in passato si lavorava per necessità, questo è ovvio, ma essere lavoratori non significava solo avere uno strumento per arrivare a beni materiali, siano essi alimenti o accessori, ma rappresentava appartenere, nel più alto e nobile del significato del termine, ad una società ed in essa costruire un identità ed una “dignità”. Ritrovino presto Politica e Sindacato la strada maestra che riporti il lavoro al centro non più del dialogo ma dell’azione. Basta con azioni spot pre-elettorali, le toppe non reggono più. Servono azioni chiare per far ripartire il lavoro e per attrarre nuovi capitali, anceh e soprattutto dall’estero.

Cosa possiamo imparare dagli altri Paesi dell’Unione Europea?

Dagli altri Paesi europei dovremmo più che altro calibrare il mondo del lavoro e questo a partire dal lavoratore subordinato, all’autonomo, alle imprese. L’Italia ha voluto prendere spunto dai modelli del Nord Europa per abolire il posto fisso e mutare la nostra concezione del lavoro, ma poi tale adattamento è stato attuato “all’italiana”. 

A titolo esemplificativo, riporto un elenco delle maggiori garanzie che hanno i Paesi del Nord Europa a cominciare dalla settimana lavorativa, che a differenza della stragrande maggioranza dei Paesi europei, quasi mai supera le 40 ore settimanali;

vi sono leggi che impongono una presenza obbligatoria di donne tra il personale dirigenziale delle aziende pubbliche;

è garantita la parità di diritti tra uomo e donna, anche a livello retributivo, come in nessun altro Paese europeo;

sono previsti tutta una serie di incentivi per chi decide di crearsi una famiglia e avere dei figli, non a caso è molto più semplice, nei Paesi del Nord Europa, per le donne conciliare lavoro e bambini, a differenza dell’Italia, dove molto spesso la parola maternità va a coincidere con mancata assunzione o licenziamento;

più ferie pagate per i lavoratori rispetto al resto d’Europa;

maggiori garanzie contrattuali e, in caso di perdita del lavoro, una cospicua disoccupazione con l’impegno da parte dello Stato di creare le condizioni  che permettano al disoccupato di trovare quanto prima un nuovo impiego;

agevolazioni fiscali e sovvenzioni particolari per i genitori.

Insomma abbiamo voluto la cancellazione del posto fisso, un lavoro più smart e plasmato sui modelli del nord Europa, ma ancora ad oggi c’è tanta strada da fare e mi piacerebbe che il nostro partito desse eco anche a queste esigenze, altrimenti sarà difficile recuperare la fiducia dei cittadini.

Risponde Donato: Bella domanda a cui ci potrebbero essere una serie di risposte diverse a secondo della categoria a cui facciamo riferimento, ma in media generale facendo riferimento ai paesi del Nord Europa, in particolar modo alla Danimarca, si sbaglia poco, salari più alti, una media di 25 euro/ora contro i circa 12,5 degli italiani, un welfare mirato che non si limita a tutelare la disoccupazione ma la guida verso l’occupazione, evitando quindi forme di assistenzialismo passive, un attenzione particolare di genere, con un tasso di occupazione femminile che in media, nel nostro paese, è di 10 punti percentuale al di sotto della media europea, e diminuisce laddove ci sono figli o anziani nel nucleo familiare. Ecco solo alcuni aspetti dove il nostro Paese ha, colpevolmente, ampi spazi di miglioramento, e la politica deve farsene carico. Basta con sterili ed infiniti assistenzialismi, si dia il via ad una nuova e vera rivoluzione del mondo del lavoro, si incentivino le competenze, si aiutino le donne a ritrovare un ruolo vero e centrale nel lavoro svincolandole dal focolaio domestico, con asili nido capillari ed aiuti concreti per non autosufficienti. Si riducano le forme di flessibilità raggruppandole sotto pochi e mirati contratti che garantiscano a tutti i lavoratori tutele minime di sicurezza e di salario sottraendoli alla fasulla necessità di un mercato selvaggio, per competere con i ritmi della globalizzazione servono competenze e coinvolgimento. Ripartiamo da queste. 

E’ per voi opportuno prevedere delle norme che tutelino maggiormente le donne?

Si indubbiamente, sono ancora troppo poche le aziende che hanno nel loro organico più donne che uomini, ma questo perché la maternità è concepita ancora ad oggi come un handicap. Anche se va detto che non tutte le donne possono godersi il lusso della maternità, pensiamo alle lavoratrici autonome. Forse più di norme tutelanti, occorrerebbe realizzare norme che migliorino anche regolamentazione della maternità, oppure incentivare la realizzazione di asili nido aziendali, questi ultimi infatti rappresenterebbero sicuramente una forma di attenzione verso i propri dipendenti e i loro bambini, inoltre favorirebbe il miglioramento della qualità della vita (lavorativa e non), come anche il rientro al lavoro delle lavoratrici dopo una maternità. Voglio spendere anche due parola sull’assegno unico per i figli 2021, è stata una bella iniziativa da parte del PD, perché da anni ormai nel nostre Paese le nascite sono in forte contrazione. Tuttavia mi auguro, che in futuro questo assegno possa essere esteso a tutti i cittadini italiani ed europei e non solo a chi presenta un certo ISEE, ovvero rientra in alcune categorie di lavoratori.

Risponde Donato: Come risposta secca direi che prevedere delle norme che tutelino le Donne nel mondo del lavoro rappresenta, a mio avviso, già di per sé una sconfitta per la nostra società. Una sconfitta, ovvero la necessità di introdurre procedure e regolamenti chiari per meglio tutelare le Donne nel mondo del lavoro, che al momento sembra l’unica opportunità per mirare ad una crescita collettiva mettendo in atto tutti quegli strumenti utili al raggiungimento della parità professionale, di carriera e soprattutto salariale. Questo richiede uno sforzo epocale, ovvero richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi, e senza delle politiche attive e concrete di welfare quest’obiettivo resterà sempre una chimera, da qui, da questa inefficienza della politica (per lo più maschilista e non solo maschile) ne derivano tristi ed umilianti provvedimenti come “le quote rosa”.               ......continua

Giandiego Carastro

mercoledì 15 settembre 2021

Contributi per la Migliore Politica Lavoro e globalizzazione: un rapporto difficile?

SECONDO POST SUL LAVORO

Il precedente post è stato dedicato a Giuseppe Di Vittorio ed a Giulio Pastore, importanti sindacalisti nel Novecento… Pur in poche righe, vorrei approfondire la prospettiva storica relativoa al nostro discorso sul lavoro. E’ un discorso complesso perché il secolo scorso, il Novecento, aveva un contesto sociale e produttivo ben diverso da quello di questi primi venti anni del 2000… Partiti come il PCI, il PSI, la DC aggregavano soprattutto lavoratori e lavoratrici…e nemmeno pochi: si tratta di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori!!!

Frutto legislativo dell’impegno politico dei militanti nei partiti è a mio avviso la legge 300 del 1970, che ha introdotto le norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento. 

Cosa è successo negli ultimi venti-trent’ anni? In una parola…è successa la globalizzazione. Infatti, il fenomeno dei mercati su scala globale ha reso il mondo del lavoro più liquido, fragile e molto è cambiato negli ultimi venti – trent’anni…

Quando è iniziato il cambiamento nelle politiche per il lavoro? Per i partiti di sinistra, quando a metà Anni 90 del Novecento è stata scelta la cosiddetta Terza Via, cioè la scelta di unire la rappresentanza di lavoratori e di imprenditori, non solo principalmente dei primi. La Terza Via in Italia era rappresentata dall’Ulivo, in Francia dai socialisti e da F. Mitterand e L. Jospin ed in Germania da  G. Schroeder.

A livello normativo, forse possiamo ricordare il “pacchetto di riforme” del Ministro del lavoro Treu, del 1997, durante il I Governo Prodi: queste riforme hanno iniziato ad introdurre elementi di flessibilità nel mondo del lavoro, sino ad arrivare  ai recenti decreti legislativi relativi al Jobs Act del 2016 (Governo Renzi), i quali hanno introdotto un approccio diverso dal consueto, sicuramente diverso da quello novecentesco…Basti pensare alle lunghe discussioni, dentro e fuori il partito, rispetto alle modifiche dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, l’articolo che tutela il lavoratore dal licenziamento illegittimo.

Il PD ha cercato di rimanere coerente con i propri ideali anche nel nuovo contesto, provando a  tutelare sia i diritti degli imprenditori onesti, creativi, capaci di tenere uniti sviluppo sia i diritti dei lavoratori, in un quadro di sostenibilità ambientale e di lotta ai cambiamenti climatici… Insomma, il lavoro rimane centrale per il PD, ma il contesto sociale ed economico si è modificato nei decenni ed il partito ha dovuto rispondere alle nuove esigenze.

Quanto abbiamo descritto riguarda il passato, ma per il presente ed il prossimo futuro?

In quale direzione il PD dovrà esprimere le proprie energie? Anche tenendo conto delle nuove povertà causate dal Covid-19…. L’attuale Ministro del lavoro è Andrea Orlando, figura di rilievo nazionale del nostro partito. Qualche giorno fa, è intervenuto a Crema sulla importanza di rafforzare welfare e politiche attive. Ecco un passaggio del suo intervento: “La pandemia ci ha insegnato che nessuna economia può prescindere dal tema della centralità della persona e della sua integrità, dall'insieme di relazioni che determinano la coscienza e la visione del mondo”. Questo deve essere il punto di partenza. Anzi “della ripartenza. Si rende necessario ripensare la nostra organizzazione sociale ed economica per evitare che la crisi sanitaria diventi sempre più una crisi sociale”. 

Elenchiamo quattro tematiche:

- Formazione professionale e formazione durante tutta la vita del lavoratore. Occorre migliorare i canali di collegamento tra scuola, lavoro, università, istituti superiori professionali, etc., anche valorizzando la formazione on-line. Un riferimento ideale è quello del diritto alla formazione che è proprio di ogni lavoratrice e lavoratore.

- Sicurezza sul lavoro. Nonostante le leggi e la cultura aziendale abbiano da tempo fatto passi in avanti per la sicurezza sul lavoro, purtroppo le cosiddette morti bianche continuano a spargere dolore e morte tra lavoratrici e lavoratori.  Mentre ultimavo questo post, arrivavano luttuose notizie di nuove morti sul lavoro a Pietrasanta e Napoli!!!

- Ascoltare periodicamente il mondo sindacale. Il Partito potrebbe prevedere periodici incontri son i sindacalisti delle aziende del territorio. Magari con la scusa di ricordare Giuseppe Di Vittorio e Giulio Pastore…

- Parità retributiva tra uomini e donne. Nei mesi scorsi, abbiamo a lungo riflettuto sul ruolo delle donne nella società e nel mondo del lavoro. Oggi segnaliamo una azione concreta che potrebbe essere proporre anche nelle Marche la legge regionale Lazio sulla parità salariale tra donne ed uomini!!!

Conclusioni

...Il mondo del lavoro è un tema basilare per il PD, molto complesso ed articolato: con questo post abbiamo fornito solo alcuni cenni… Nel prossimo post, ascolteremo la voce dei militanti (avv. Laura Carnevali) e dei  sindacalisti (Donato Acampora) per sentire i loro pareri e le loro idee per un mondo del lavoro più giusto ed equo.

Approfondimenti

Accanto ai sindacalisti, esistono esperienze di attivisti che alzano la voce artisticamente contro lo sfruttamento. Pensiamo alla dignità dei raccoglitori di pomodori in Puglia. Valorizziamo la testimonianza di Diletta Bellotti che ho conosciuto guardando Rai 3.

I diritti sociali e del lavoro nella Costituzione italiana, a cura di Giuseppe Casadio, disponibile presso la biblioteca del circolo

Pacchetto Treu - Wikipedia

Statuto dei lavoratori nell'Enciclopedia Treccani

Consiglio Regionale del Lazio - Approvata la legge sulla parità retributiva di genere (regione.lazio.it)

Giandiego Carastro


lunedì 6 settembre 2021

Contributi per la Migliore Politica: Il lavoro al centro

Il lavoro al centro

Ricordando Giuseppe Di Vittorio e Giulio Pastore

Gli ultimi tre post sono stati dedicati al tema degli enti locali, dello sviluppo dei territori e del ruolo dei sindaci, a partire dal ricordo della sfida elettorale tra Giuseppe Dozza e Giuseppe Dossetti per il ruolo di sindaco di Bologna, nel 1956.

Oggi iniziamo ad affrontare il nuovo tema del lavoro. 

Ecco alcuni episodi di cronaca sociale:

“Lavoro disprezzato, a rischio tenuta democrazia. Andremo in piazza a chiedere la proroga del blocco dei licenziamenti”. Queste le parole dell’attuale segretario nazionale della CGIL Landini, pronunciate qualche giorno fa.

A giugno, Adil Belakhdim - rappresentante dei Si Cobase padre di due figli- è stato ucciso, travolto da un camion durante una manifestazione sindacale.

Nella nostra Regione, poche settimane fa, una importante azienda ha deciso di de localizzare alcune linee produttive in Polonia: una decisione contestata dai consiglieri regionali del PD!

Questa la cronaca…

A livello di valori, il lavoro è un tema importante per il PD, che si è sempre presentato come partito laburista, a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori. Per questo motivo, questo primo post è dedicato a Giuseppe Di Vittorio ed a Giulio Pastore, espressione dell’impegno sindacale per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Giuseppe Di Vittorio:

Nacque a Cerignola in Provincia di Foggia nel 1892. Morì a Lecco nel 1957. Nel 1924 avviene l'incontro con Antonio Gramsci e con Palmiro Togliatti: aderisce al Partito Comunista. Nel 1941 è arrestato a Parigi dai nazisti e nel 1943 viene liberato e partecipa alla lotta di Liberazione. 

Impegno per il sindacato

Firmatario del Patto di unità sindacale di Roma del 1944 con Achille Grandi per i democristiani e Emilio Canevari per i socialisti, diviene segretario generale della Cgil unitaria e poi, dopo la scissione, della Cgil fino alla sua morte. Tra le sue innumerevoli iniziative, si ricorda il Piano per il lavoro, del 1949. Nel 1953 viene eletto presidente della FSM (Federazione Sindacale Mondiale).

Giulio Pastore:

Dati biografici

Nacque a Genova nel 1902. Morì a Roma nel 1969. Operaio tessile da giovane e iscritto all’Azione Cattolica, inizia  il suo impegno  sindacale  nell’Unione della Confederazione Italiana dei Lavoratori. Nel   1942   viene   arrestato   dalla   polizia   fascista. Nel secondo dopoguerra aderisce alla DC e viene eletto nelle elezioni del ’46 per l’Assemblea Costituente. 

Impegno per il sindacato:

È stato il primo segretario nazionale delle ACLI e ha accompagnato il travaglio del  movimento   sindacale   cattolico   che   lo   ha portato all’interno della CGIL  unitaria. Nel 1950 è tra i fondatori della CISL, sindacato di  ispirazione   democratica  e  cristiana. Sarà segretario   fino   al   1958,   quando  diviene ministro per lo sviluppo del Mezzogiorno nel governo Fanfani II. 

Ricordiamo, dunque, l’impegno per i lavoratori e le libertà sindacali da parte di Giuseppe Di Vittorio e di Giulio Pastore: la loro storia sindacale è stata animata da un profondo senso di giustizia nei confronti dei lavoratori, per la quale si sono assunti responsabilità in prima persona senza paura di pagarne le conseguenze. 

Nel prossimo post, approfondiremo le principali normative sul lavoro approvate dal Parlamento, per venire incontro ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

Link per approfondire:

DI VITTORIO, Giuseppe in "Dizionario Biografico" (treccani.it)

PASTORE, Giulio in "Dizionario Biografico" (treccani.it)

Giuseppe Di Vittorio (rai.it)

A. CIAMPANI,  Giulio Pastore  (1902-1969).  Rappresentanza sociale e democrazia  politica,

Studium, Roma 2020.

V. SABA, Giulio Pastore sindacalista, Lavoro, Roma 1983.

Antonio Carioti. Di Vittorio. Bologna, Il mulino, 2004.

Anita Di Vittorio. La mia vita con Di Vittorio. Firenze, Vallecchi editore, 1965.

Carlo Ghezzi. Giuseppe Di Vittorio e i fatti d'Ungheria del 1956. Roma, Ediesse, 2007. Adriano Guerra e Bruno Trentin Di Vittorio e l'ombra di Stalin. L'Ungheria, il PCI e l'autonomia del sindacato. 

Davide Lajolo. Il volto umano di un rivoluzionario: la straordinaria avventura di Giuseppe Di Vittorio. Prefazione di Luciano Lama, Firenze, Vallecchi, 1979.

Giandiego Carastro




martedì 31 agosto 2021

Contributi per la migliore politica: Ruolo dei sindaci

Quello che state per leggere è il terzo post dedicato al tema del ruolo dei sindaci. E proviamo a fare un bis, cioè a ripetere l’esperienza dell’ intervista al Segretario del PD di Monte San Vito, ing. Matteo Sticozzi, ed al portavoce del PD di Villa San Giovanni (Reggio Calabria), dott. Enzo Musolino.

Avete potuto leggere i due precedenti post, dedicati alla sfida elettorale del 1956 tra Dozza e Dossetti e ad un recente incontro organizzato a Bologna da Repubblica. Cosa ne pensate?

Risponde Enzo: Davvero ottimo l’incontro a Bologna. Riprendo l’intervento del Presidente dell’ANCI: se è vero che sarebbe assurdo parlare oggi di un partito dei sindaci, è verissimo che i sindaci sono gli unici organi delle istituzioni pubbliche a diretto contatto con i cittadini e che soffrono su di loro il peso delle responsabilità.  Responsabilità amministrative, penali, come nel caso recente del bambino di Crema che si è incastrato le dita nel cancello della scuola ed il sindaco si è preso la denuncia penale.

Risponde Matteo. Credo che manchi un punto importante e che deriva dall'antipolitica. Per fare il Sindaco, oggi più che nel passato, è necessario disporre di una preparazione e conoscenza della macchina amministrativa, che molti sindaci di piccole comunità non hanno; di capacità di discernere l'evoluzione della società. Ritengo che manchi la componente di formazione politica da cui deriva l'impostazione dell'amministrare rispetto ad una visione verso cui si intende indirizzare il futuro della comunità. Se, come spesso accade , l'azione primaria è  occuparsi  della normalità, che dovrebbe essere in capo ai funzionari, allora  non si parla più di ruolo del sindaco ma di un normale  lavoro . Fare il Sindaco è ben altra cosa.

Quali problematiche ritenete importanti far emergere, quando si parla di sindaci?

Risponde Enzo: Il problema che vorrei porre è in relazione alle retribuzioni.  Bisogna essere concreti e pragmatici. Un sindaco prende una retribuzione bassa, se la paragoni a quella di un semplice consigliere regionale che non ha alcuna responsabilità paragonabile a  quella di un sindaco. La emergenza di responsabilità penale gigantesca e la retribuzione- per nulla  paragonabile al ruolo - spingono molti ad allontanarsi da questa responsabilità. Ed è un peccato. La prassi e la palestre negli enti locali potrebbero essere un buon viatico per successive responsabilità.

Risponde Matteo. Premesso che fare il Sindaco è una scelta che attiene alla parte di noi che afferisce all'area del contributo che si vuol dare alla comunità, è altrettanto vero che esiste un forte squilibrio tra le competenze e l'impegno richiesti e il riconoscimento economico. Su questo fronte va tenuto conto anche la situazione di squilibrio tra un dipendente pubblico, un dipendente del mondo privato e un libero professionista. Nel caso del dipendente pubblico, la condizione che deriva dal suo statuto giuridico risulta privilegiata, visto che mantiene tutte le tutele del proprio contratto di lavoro. Per il mondo delle professioni, l'appannaggio riconosciuto con il ruolo ricoperto  risulta del tutto inadeguato, anche in considerazione del fatto che un professionista deve sviluppare il suo mercato giorno per giorno. Il rischio è che il ruolo di Sindaco possa diventare un lavoro per chi non lo ha o per privilegiati che hanno un posto pubblico.

L’ultima domanda…che prospettiva volete lanciare?

Risponde Enzo: Vorrei essere provocatorio: magari sarebbe necessario mettere in Costituzione che prima di assumere cariche più ampie (in Consiglio regionale, nei Comuni metropolitani, in Parlamento) si debba fare un pregresso background amministrativo. Lascio ai lettori ed alle lettrici questa provocazione…

Risponde Matteo. Alle forze politiche strutturate, suggerisco di riprendere il percorso di selezione del personale che dovrà assumere incarichi istituzionali nella sequenza che va dal Comune al Parlamento….Personale che abbia dimostrato competenze certificate nel ruolo in cui opera e che conosca la storia dell'Italia e dell'Europa, visto che della stessa il nostro Paese ne è stato il promotore. Non è pensabile avere amministratori - a qualsiasi livello- che non conoscono l'ABC del mondo in cui vivono, come si è arrivati alla situazione storica in cui siamo... Se i Sindaci sono il primo anello della “catena istituzionale”, devono essere i più ferrati nella capacità di trasmettere il pensiero repubblicano, della convivenza civile, dell'importanza del rispetto delle leggi, del rispetto e dell'integrazione tra i popoli, agendo fattivamente in tal senso. Molto altro sarebbe da riportare ma non vorrei annoiare il lettore. Ringrazio Giandiego per il lavoro che sta portando avanti e che spero possa essere un punto di partenza per una rinascita della cultura istituzionale molto spesso violentata nelle piccole comunità e dall'antipolitica. Vedasi, per esempio, quanto accaduto a Voghera.

Giandiego Carastro