domenica 11 aprile 2021

Contributi per una Migliore Politica: Il PCI e la DC negli anni 70 Enrico Berlinguer ed Aldo Moro

Riprendiamo questi post, dopo la pausa pasquale.  Ringraziamo le lettrici ed i lettori che sinora ci hanno seguito e ci hanno espresso interesse. Abbiamo avviato un percorso di riflessione sulla storia della politica italiana nel Novecento, scegliendo di ricordare, di volta in volta, due figure di riferimento, una per il PCI e una per la DC. Dopo la pausa pasquale riprendiamo il discorso.

Sinora abbiamo ricordato Achille Occhetto e Mino Martinazzoli, Pio La Torre e Piersanti Mattarella, Nilde Iotti e Tina Anselmi, con un approfondimento sul tema donne e società, insieme al Gruppo Donne del circolo.

… adesso è la volta di Enrico Berlinguer ed Aldo Moro

Sono un po' emozionato ad iniziare questo post, perché lo reputo particolarmente importante, dal momento che, a mio parere, me il PD è chiamato ad essere un partito contemporaneamente neoberligueriano e neomoroteo.  In ogni sezione d’Italia dovrebbe essere affissa la seguente celebre foto:


Vista la importanza dei due protagonisti del Novecento politico italiano, qui tratteggerò solo alcuni aspetti. Nel prossimo post, proveremo a dare voce ai ricordi di dirigenti, militanti, uomini e donne impegnati in politica, per rappresentare il loro ricordo di Enrico ed Aldo.

Enrico Berlinguer
Dati biografici

Nato a Sassari nel 1922,  morto a Padova nel 1984, durante un comizio. Si iscrisse al PCI nel 1943. Entrò nel 1962 nella Segreteria nazionale. Dieci anni dopo divenne Segretario generale.

Significative azioni politiche

Ebbe la intuizione di lanciare l’eurocomunismo, cioè un PCI presente attivamente nel cammino di integrazione europea (ricordiamo che all’inizio il PCI fu contrario alla Comunità europea, perché considerata troppo filo-americana).
Ebbe il coraggio di andare a Mosca e legare le sorti del PCI alla democrazia pluralistica. Era il 1977 e si celebrava il 70 anniversario della Rivoluzione d’Ottobre.
Ebbe il coraggio di dire di sentirsi più sicuro sotto ombrello Nato anziché nel patto di Varsavia, in una celebre intervista a G. Pansa del 1976.
Accettò di dialogare con Aldo Moro, perseguendo la politica del compromesso storico, cioè un connubio tra masse comuniste e masse cattoliche per una trasformazione dello Stato nell’ottica di una democrazia sostanziale.
Portò il PCI a superare la DC nelle elezioni europee del 1984.
Diede la vita letteralmente per il partito, iniziando a stare male a Padova nel 1984 durante un comizio elettorale.

Aldo Moro
Dati biografici

Nacque a Maglie in Puglia nel 1916. Si sposò il 5 aprile 1945 presso il Santuario dell’Alberici, con Eleonora Chiavarelli originaria di Montemarciano, a pochi chilometri da noi. Nel 1978 venne rapido dalle Brigate Rosse che uccisero gli uomini della scorta: dopo due mesi di prigionia, venne ucciso barbaramente.

Azioni politiche significative

Da Ministro dell’Istruzione, introdusse la educazione civica nelle scuole.
Nel 1959 divenne Segretario nazionale della DC.
Fu cinque volte Presidente del Consiglio dei Ministri
Fu un abile tessitore, capace di spostare il corpaccione DC e gran parte dell’elettorato moderato verso la apertura al Partito socialista italiano di Nenni. Da questa scelta, nacque un periodo di innovazione democratica che portò ad esempio alla scuola media unica ed alla energia elettrica per tutti.
Fu tra i pochi politici a capire che i giovani del 68 avrebbero cambiato il contesto sociale e cercò sempre un dialogo con loro. Inoltre, pur essendo Presidente del Consiglio dei Ministri oppure Ministro degli esteri, non volle mai abbandonare i suoi studenti di diritti e procedura penale a Scienze Politiche alla Sapienza di Roma.

In un contesto assai ostile, maturò la idea della solidarietà nazionale, cioè una fase di reciproca attenzione tra DC e PCI finalizzata a dare all’Italia una democrazia compiuta, in cui anche il PCI avrebbe in teoria potuto vincere le elezioni ed andare al Governo. Ricordiamo che in qui decenni c’era un veto internazionale a che i comunisti andassero al potere, in un Paese della Nato.

Nel prossimo post continueremo a studiare queste due importanti figure, anche cercando di capire cosa possono ancora dire e dare al nostro PD.

Giandiego Carastro



domenica 28 marzo 2021

Contributi per una Migliore Politica: Donne e società alla luce di Nilde e Tina

Concludevamo il precedente post, chiedendoci cosa Tina Anselmi e Nilde Iotti potessero dire oggi al PD, alle sue donne ed ai suoi uomini ed in generale ai cittadini della nostra Repubblica. Già nel precedente post abbiamo ascoltato le voci di alcune donne: Laura, Veronica, Annapaola, Rosa, Teresa. In questo post proviamo ad allargare il discorso, parlando di donne e società alla luce dell’esempio di Nilde e Tina. Chissà come Tina Anselmi e Nilde Iotti avrebbero affrontato le sfide post-pandemia, siano esse  politiche, sociali, economiche, culturali... E per far questo ho chiesto la cooperazione del Gruppo Donne del PD che ringrazio per il contributo e per la pazienza nell’aver voluto leggere la prima versione di questo post.

Un po' di filosofia

In questa indagine su donne e società, devo riconoscere un tributo alle riflessioni della teologa Selene Zorzi, che ha approfondito le tematiche del “genere” sia nella sfera culturale che in quella ecclesiale. Ad i suoi saggi rimando le lettrici ed i lettori. Proprio da un suo scritto, ho trovato questa “premessa” filosofica che risale a Platone e Aristotele (Antica Grecia), ma che ha ancora i suoi impatti oggi giorno (v. maschilismo).

Per Platone, le donne potevano diventare filosofe e guardiane. Per lui prevaleva la uguaglianza: la uguaglianza è morale, non legata alla diversa fisiologia dei corpi; quindi le donne possono valutare e decidere come gli uomini. Per Aristotele, invece, ha prevalenza la differenza. E da lui deriva la visione della donna come un uomo mancato, come un mezzo uomo. S. Tommaso, che nel Medioevo studiò molto Aristotele, assorbì la sua visione ed anche nella Chiesa per molti secoli la donna è stata considerata un uomo a metà… Quindi, quando nel discorso pubblico, tendiamo a sottolineare la uguaglianza tra uomo e donna, siamo più platonici. Quando invece tendiamo a sottolineare le differenze, siamo più aristotelici (anche le femministe, in una certa fase del loro percorso, hanno praticato la differenza, promuovendo la separazione sociale tra uomini e donne al fine di dare alle donne quanto spetta loro). 

E’ utile questa premessa culturale, per provare a capire insieme in modo aggiornato la questione di genere? Penso di sì. Ovviamente, le visioni che considerano la donna come uomo-a-metà sono sorpassate ed occorre trovare nuovi paradigmi, come ad esempio quelli basati sulla relazione paritaria tra donne ed uomini!!!

Ringrazio Giorgia del Gruppo Donne del PD per questa aggiunta che conferma quanto riportato dalla teologa Selene Zorzi: “ Per la parte filosofica c’è un libro molto bello del filosofo Paolo Ercolani del 2016 “Contro le donne. Storia e critica del pensiero più antico” dove esamina i pregiudizi dall’antichità per capire la storia della misoginia. Aristotele, filosofo greco, sosteneva che era il maschio ad essere portatore del principio di movimento e della generazione, mentre la femmina era ridotta al rango di materia fecondabile: il corpo della donna svolgeva una funzione passiva ed impotente di ricezione del seme maschile, un seme generativo che quel corpo non era in grado di coagulare e scernere al proprio interno. Aristotele vede nella donna un uomo sterile ma che non deve essere considerata al pari degli schiavi. Anche i filosofi religiosi Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino avevano pregiudizi verso il genere femminile: Sant’Agostino sosteneva che la donna doveva essere sottomessa per ragioni sessuali e corporali al sesso maschile nonostante la ritenesse intelligente e razionale come l’uomo mentre San Tommaso d’Aquino cita Aristotele che bolla la donna come “maschio mancato o menomato, la cui sottomissione all’uomo è perfettamente naturale in virtù della capacità di discernimento razionale che abbonda in quest’ultimo, a differenza di quanto accade per ella, evidentemente”.

Fare memoria dei diversi femminismi

Le donne hanno qualcosa da dire e dare non solo in casa o nell’ambito del focolare: questa visione è parziale, ma ha dei supporters in politica (basti pensare alle  recenti affermazioni di  alcuni esponenti dei partiti di destra nella nostra Regione)…Per non parlare del diffondersi dei femminicidi e della violenza dei maschi contro le donne.

Qui accenno solamente, al ruolo dei diversi femminismi che dall’ Ottocento in poi hanno lottato per dare voce, diritti di voto, spazio, dignità alle donne.  I femminini sono stati sia laici che cattolici, basti pensare ad Armida Barelli, fondatrice della Gioventù Femminile di Azione Cattolica e della Università cattolica a Milano e da poco dichiarata Beata da Papa Francesco!!!

Ovviamente, vanno ricordate le lotte per i diritti civili, in campo del diritto famigliare (legge sul divorzio e nuovo diritto di famiglia), della tutela della gravidanza ed al contempo della interruzione volontaria di gravidanza (1978)

Donne e laicità

Nel precedente post, abbiamo ricordato come Nilde Iotti si batté per i diritti delle donne, anche in tema di scelta della interruzione volontaria di gravidanza. Tina Anselmi fu profondamente credente ma questo non le impedì di  firmare la legge che depenalizzò l’aborto, che rimane una scelta dolorosissima e che nessuna donna immagino compia a cuor leggero. La legge  in questione è la n. 194 del 1978 e prevede anche una parte che promuove e tutela la maternità, creando una sintesi alta tra cultura DC e la cultura PCI. Ciò delinea un polarità interna alla legge: da un lato il diritto alla autodeterminazione della donna e dall’altro la promozione della maternità tramite il ruolo dei consultori.   In Nilde Iotti, si possono rivedere le tante donne di sinistra che hanno manifestato per i propri diritti. In  Tina Anselmi, cattolica e democratica, si possono rivedere quelle donne sinceramente democratiche che, pur contrarie all’aborto per motivi di coscienza e culturali, difendono la  salute delle donne, la laicità della convivenza civile. Cosa questo può dirci oggi? Forse può spingerci a chiedere a tutte le donne di riconoscere la importanza di una legge approvata dal Parlamento, per la cui piena attuazione  (autodeterminazione e tutela della maternità) occorre ancora oggi impegnarsi insieme. Laiche e credenti.

Donne e potere

Una amica mi ha scritto, leggendo una versione di questo post: “ La questione di genere non è solo da imputare al maschilismo imperante, ma anche al mondo femminile troppo abituato ad accomodarsi sulle posizioni degli uomini”…registro e riporto anche questo punti di vista…

Anche recentemente il PD si è interrogato su come dare equa rappresentanza alle donne: il  precedente Segretario nazionale, Nicola Zingaretti, è stato criticato per non aver proposto figure femminili nel Governo Draghi, preferendo alle donne la nomina di esponenti delle principali correnti interne, tutti e tre maschi. Per qualche giorno, la questione è andata sulle pagine dei giornali e dei siti Internet, con la critica anche interna che il PD si fosse fatto battere da Forza Italia che aveva espresso più donne. Poi, la questione è come tramontata. E’ importante ritornarci perché il PD ha alle spalle l’impegno di tante donne, sia nei ruoli di partito, che nelle istituzioni.  Ricordiamo, ad esempio, che il  Consiglio regionale delle Marche  ha approvato nel 2019  all'unanimità la introduzione della parità di genere nel voto per le elezioni regionali: per questa legge si era battuta l’assessore alle Pari Opportunità Manuela Bora e con lei tutto il gruppo consigliare dei PD.

Proprio in questi giorni, il neo-Segretario Enrico Letta ha chiesto a deputati e senatori di eleggere due nuove capigruppo. Al Senato, è stata eletta la Sen.  Flavia Malpezzi. Alla Camera, si dovrà scegliere tra Marianna Madia e Deborah Serracchiani. 

Quale protagonismo femminile per la ricostruzione nel dopo-pandemia?

Mi è capitato di intervenire a favore della valorizzazione delle donne in politica.  Un’ amica mi ha criticato perché ho usato il termine “valorizzazione”, quasi che fosse una gentile concessione maschile valorizzare le donne. Le donne ci sono e vanno riconosciute. Non valorizzate…

Sempre a livello terminologico, da qualche anno, provo a parlare sia al maschile che al femminile (“care amiche ed amici”), non solo al maschile (“cari amici”). Provocatoriamente, mi rivolgo ad un pubblico generico  anche con il solo riferimento al femminile (“care amiche”)…ma mi è stato fatto notare che a loro non fa caldo né freddo essere chiamate al “plurale maschile”, “tanto ci siamo abituate da sempre”…Al recente Festival della canzone italiana a Sanremo è sorta la questione se fosse preferibile chiamare Beatrice Venezi “Direttore di orchestra” o “Direttrice di orchestra”…Lei accettava la definizione di “Direttore”, ma altre donne, come Laura Boldrini, sono intervenute per dire che sarebbe stato opportuno chiamarla “Direttrice”.

Al di là di queste pur importanti questioni terminologiche, qui possiamo chiederci quali politiche attive dedicare al protagonismo femminile. Personalmente sono un fautore delle quote-rosa, cioè di quei meccanismi previsti per legge che ad esempio garantiscano che una percentuale di posti nei consigli di amministrazione delle aziende sia destinato al genere meno rappresentato, quindi solitamente al genere femminile. Ma anche qui, quante discussioni con quelle amiche anche nel PD che non si considerano “panda” da salvaguardare ! Sono solo desiderose di vedere riconosciuti i propri meriti, le proprie competenze, le proprie peculiarità….La loro critica è questa: le donne vanno prese in considerazione  dalla società, perché valgono, non perché donne…

Inoltre, segnalo che alcuni studi sociali segnalano come la presenza delle donne nei ruoli apicali sia ancora diseguale rispetto a quella degli uomini. Invece, le aziende che premiano le donne sono quelle che hanno rendimenti migliori… ma è un dato che pochi conoscono e che andrebbe divulgato…

Volgendo alla conclusione, mi sento di dire che la testimonianza di Nilde e Tina sia ancora eloquente.

Lascio l’ultima parola a Chiara Canta ed a Laura.

La cara amica prof.ssa Chiara Canta mi fa notare che “durante la pandemia l’impegno femminile nel lavoro domestico e di cura è aumentato. Quando si è trattato di decidere nelle case degli italiani, all’interno della coppia, chi doveva restare a casa a prendersi cura dei figli e delle persone con disabilità, non ci sono stati dubbi: le donne sono state le prime ad essere scelte per smart working, cassa integrazione o licenziamento non appena possibile. Lavorare da remoto rischia di essere l’ennesima trappola attraverso cui farle fuori dall’ufficio, dalla vita sociale del Paese relegandole a un ruolo marginale, facendo compiere alle donne un balzo all’indietro di cinquant’anni rispetto alle posizioni conquistate”.  Di Chiara mi permetto di segnalare l’importante saggio “ Le Pietre scartate”, Edizione Franco Angeli, sul ruolo delle teologhe ( e quindi anche delle donne) nella Chiesa cattolica.

Laura, del Gruppo Donne del PD, aggiunge: “Purtroppo i passi per le donne non sono finiti. In quarantena, molte donne sono saltate dai posti di lavoro e al contempo sono aumentati femminicidi e maltrattamenti. La strada è ancora lunga perché il nostro Paese ci tenga in considerazione a prescindere se si è belle o brutte, o dalla lunghezza delle gonne. Anche a me viene detto vuoi fare carriera come avvocata, o vuoi una famiglia? …Come se non avere una famiglia fosse una condicio sine qua non della carriera…Forse avere figli rallenta la carriera, ma senza bimbi continuiamo ad essere il Paese con molti anziani ed un tasso demografico che sale (pochissimo) grazie alle persone straniere..”

Ecco, mi auguro che  dopo questi due post dedicati alle donne, le lettrici di questo blog  possano sentirsi chiamate in causa, in qualche modo prendendo il testimone da Tina e da Nilde e prendendo parte attiva al Gruppo Donne promosso dal PD

Materiali per approfondire:

(Ringrazio Ilaria, Coordinatrice di Argomenti2000 Senigallia,  per i consigli sui libri):

A cura di Ester Rizzo, Associazione Toponomastica femminile, Le mille. I primati delle donne

Ritratti di grandi donne del nostro tempo,  Edizioni White Star

Valentina Ricci,Viola Afrifa,Romana Rimondi, Via Libera. 50 donne che si sono fatte strada

Paolo Ercolani, “Contro le donne. Storia e critica del pensiero più antico”, Marsilio, 2016

Dobbiamo trasformare la pandemia in un’occasione per diminuire le disuguaglianze di genere, insieme - THE VISION

San Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem (15 agosto 1988) | Giovanni Paolo II (vatican.va)

La Legge Golfo-Mosca 8 anni dopo - Diversity Management (diversity-management.it)

Benedetta Zorzi, Genere in teologia: dalla trinitaria verso una rigenerazione della maschilità, in CONVIVIUM ASSISIENSE XI (2009) 1, 105-146

Giandiego Carastro



domenica 21 marzo 2021

Contributi per una Migliore Politica: Il PCI e la DC negli anni 70 Nilde Iotti e Tina Anselmi

Ringrazio Laura, Veronica, Rosa, Annapaola, Teresa per aver arricchito il post con la loro voce

Dopo aver pubblicato l’articolo su Achille Occhetto & Mino Martinazzoli (anni 90) e quelli più recenti su Pio La Torre & Piersanti Mattarella Mattarella (anni 80), entriamo adesso negli anni 70 del Novecento. Il post che segue è dedicato a due donne: Nilde Iotti e Tina Anselmi, due figure importanti sia per il PCI e per la DC, sia per la Repubblica e per la storia delle donne nel nostro Paese. Sono, per così dire, delle “madri della Repubblica”. Vissero in periodi difficili, cioè negli anni del fascismo, della fuoriuscita dalla dittatura, della ricostruzione del Paese: pur da avversarie (PCI e DC erano antagonisti),  queste due donne seppero dare una visione comune e concreta all’impegno femminile  in politica. Nilde Iotti fu la prima Presidente della Camera. Tina Anselmi fu la prima Ministra! Nelle righe che seguono saranno ospitate delle voci di donne di oggi che arricchiscono questo mio articolo.

Dati Biografici di Nilde Iotti

Nilde Iotti, pseudonimo di Leonilde Iotti (Reggio Emilia, 10 aprile 1920 – Poli, 4 dicembre 1999).

Incarichi pubblici

Prima donna nella storia dell'Italia repubblicana a ricoprire una delle tre massime cariche dello Stato, la Presidenza della Camera dei deputati, incarico che detenne per quasi 13 anni e per ben tre legislature, dal 20 giugno 1979 al 22 aprile 1992. Il suo impegno politico affonda le radici nella partecipazione alla Resistenza come attivista nei Gruppi di Difesa della donna: in tali strutture provvedeva alla raccolta di indumenti, medicinali e cibo per i partigiani impegnati nella guerra di Liberazione. Nilde Iotti ha partecipato alla stesura della Costituzione.  Ha voluto dar voce alle donne emiliane.

Dati Biografici di Tina Anselmi

Tina Anselmi (Castelfranco Veneto, 25 marzo 1927 – Castelfranco Veneto, 1º novembre 2016 ).

Incarichi pubblici 

Fu staffetta partigiana, poi politica nella DC. Fu la prima donna a ricoprire la carica di Ministro della Repubblica. Nominata nel Luglio del 1976 titolare del dicastero del Lavoro, fece approvare la legge 903 del 1977 sulla occupazione femminile. Successivamente fu Ministro della  Sanità. Grazie al suo impegno, venne istituito il Servizio Sanitario nazionale universale ( legge n. 833 del 1978) e reca la  sua firma la legge per il riconoscimento della interruzione volontaria di gravidanza (legge n. 194 del 1978, poi “confermata” dai cittadini durante lo storico referendum nel 1981).  Nel 1981,Tina Anselmi fu  inoltre Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta che scoperchiò il cancro della P2, la loggia segreta che manovrava nell’ombra contro le decisioni del popolo sovrano.

La voce delle donne di oggi

“Nilde Iotti è stata una donna che ha combattuto tante battaglie, in nome della giustizia sociale, del divorzio e del diritto all’aborto” mi dice Laura, giovane avvocata, impegnata nel nostro circolo e che ringrazio anche per le note biografiche sopra esposte. “Donne determinate come Nilde Iotti hanno partecipato alla stesura del più importante documento italiano, la Costituzione. In questo breve intervento, vorrei evidenziare il forte sentimento politico della Iotti, ma anche le forti ideologie politiche che dopo il fascismo hanno spinto le persone a lottare per vedere affermati finalmente i diritti civili, l’uguaglianza tra gli uomini e l’emancipazione femminile.  Oggi, purtroppo viviamo passivamente il sentimento politico e le grandi lotte che hanno vissuto i nostri nonni ci sembrano solo un vecchio libro di storia impolverato, non ci rendiamo conto del fatto che alcuni politicanti si stanno divertendo a voler cancellare diritti acquisiti con fatica e, talvolta con il sangue di chi quelle lotte le ha volute e/o dovute davvero combattere per sfuggire ad un opprimente regime che non dava libertà.   Anche oggi, nel 2021, c’è da combattere, cito un recente episodio che mi ha particolarmente colpito: la pallavolista citata per danni dalla società che ha investito su di lei perché incinta; ancora una volta la nostra società fa apparire come la “lotta al femminile” non sia affatto terminata con le battaglie di Nilde Iotti, ma al contrario, emerge proprio di quanto ci sia ancora da combattere affinché la parità di genere non rimanga solo nei testi giuridici e venga effettivamente affermata”. 

Veronica - professoressa di Lingua inglese e Scienze politiche a Roma, presso l’ Università La Sapienza - mi dice che un fil rouge collega Tina e Nilde: “Hanno conquistato i ruoli istituzionali non perché donne, ma per la loro autorevolezza. Tina ha fatto moltissimo per i diritti delle donne e Nilde aveva una grande forza nell’espletare la sua carica istituzionale. Vorrei ricordare anche Rosa Oliva recentemente premiata dal Presidente Mattarella”.

Rosa - già dirigente scolastica e consigliera comunale a Jesi ed in provincia-  aggiunge: "Due donne che pur appartenenti a parti politiche opposte si sono trovate vicine nell'impegno  profuso nelle Istituzioni ai massimi livelli sempre con lucida intelligenza che le ha condotte ad assumere responsabilità anche molto pesanti affrontate con stile discreto, solerte, intellettualmente onesto. Voglio solo ricordare il lavoro condotto dalla Anselmi come Presidente (quando la politica maschilista non vuole correre rischi chiama una donna) della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla loggia segreta P2 di Licio Gelli, una storia buia che allunga ancora le sue nocive ombre sulla nostra fragile democrazia. Ambedue rappresentano un modello di impegno politico che sembra essere assente nel vuoto vociare al quale ci ha abituato il panorama politico di oggi". Ringrazio Rosa per avermi mandato la foto che ritrae insieme Iotti ed Anselmi:  sono a Montecitorio in occasione della festa della donna 8 marzo 1991. (La foto è tratta dal libro autobiografico di Tina Anselmi, Storia di un passione politica, Sperling & Kupfer, 2016).
In particolare su Tina Anselmi si è soffermata la voce di Annapaola, dirigente di cooperativa ed impegnata nella pastorale sociale: “Non si può riuscire a contenere in poche righe il pensiero, le esperienze, insieme al coraggio e alla generosità imponente che hanno attraversato le scelte di vita di Tina Anselmi; un bel libro- intervista: “Storia di una passione politica” l’autobiografia -  la descrive con semplicità e rende ragione della personalità originale di una donna speciale. Tra i tanti passaggi mi ha colpito una sua affermazione: ͔<< La democrazia va a cercare i protagonisti, affida loro un compito e se ciascuno lo assume perché ci crede, allora la democrazia vive e progredisce. Anche su questo punto mi trovavo in perfetta sintonia con Nilde Iotti, così come eravamo entrambe convinte di dover lasciare un segno in politica: noi che crediamo nella libertà e pretendiamo che sia difesa e tramandata alle nuove generazioni. Testimoniare è possibile se non si smette di cercare la verità>>. È una sintesi bellissima dell’impegno che la Anselmi ha espresso verso le istituzioni e la gente del suo amato Paese, della dignità di una donna politica capace di apprezzare la statura degli avversari fino alla libertà di esprimere loro più stima che rispetto;  ma soprattutto, la tenace ricerca della verità che l’ha sostenuta in tante battaglie. Tina Anselmi, si definisce come Nilde Iotti una testimone orgogliosa e serena di un grande amore verso le future generazioni. Per questo riconosciamo ancora oggi il loro incontestabile valore di donne di Stato ”.
Infine, ecco la voce di Teresa, giurista dei diritti umani ed insegnante apprendente: “Ho conosciuto personalmente Tina Anselmi che era già anziana, a Bassano. 15 o forse 20 anni prima l’ avevo ascoltata ad un incontro Rosy Bindi a Treviso, che lei presentò come la sua " delfina". Due donne in gamba, democristiane preparate e colte di generazioni diverse. In quest’ ultimo incontro a Bassano avevamo condiviso con lei i temi della Resistenza… io ero intervenuta come esperta in diritti umani o come difensora civica o come fondatrice del club Unesco in zona, non ricordo. Comunque  abbiamo condiviso forme e approcci, oltre ad un rispetto ed un ascolto reciproco del quale mi sono, ricordo nitidamente,  meravigliata anch’ io … perché  sembrava che avessimo sempre condiviso molto. Alla fine con Tina ci siamo subito date del tu … e mi dice che avremmo dovuto vederci presto, perché  dovevamo fare molte altre cose insieme. Poi non ci siamo più riviste,  ma ricordo - e vorrei condividere questo con chi mi legge- che, allora, la visione comune riguardava un senso di libertà e uguaglianza per una democraticità fondata sui valori costituzionali… per una consapevolezza che, mi sembrava, pochi potessero  avere come noi due. La cosa mi gratificò molto. Ho conoscenza della sua storia e di come si era comportata nei luoghi di potere dove fu eletta:  Tina Anselmi affrontò l’impegno con grande senso dei valori, di quegli stessi valori che abbiamo condiviso, con un contributo che dovrebbe essere di indicazione su come comportarsi anche oggi… I politici veneti potrebbero  ricordare e imparare  da tale “archivio” di memoria colta, democratica e di condivisione”.
Cosa Tina e Nilde possono dire oggi al PD, alle sue donne ed ai suoi uomini? A tutte le cittadine e cittadini? Quale sarà il protagonismo femminile nella società della ricostruzione dopo la pandemia? Ne parleremo nel prossimo post…

Per approfondire:
:: Fondazione Nilde Iotti ::
9 Dicembre 1977: la ‘Legge Anselmi” sul lavoro. La rottura di un tabù, l’inizio della marcia per la “parità di trattamento” (ilmamilio.it)
Tina Anselmi, Storia di un passione politica, Sperling & Kupfer, 2016
Luisa Lama, Nilde Iotti. Una storia politica al femminile
Nilde Iotti, La tecnica della libertà, Edizioni di Comunità
Andrea Canova, Nilde Iotti, La ragazza dalle spalle larghe. Omaggio alla figura di Nilde Iotti, nel centenario della nascita. Con scritti di Luca Vecchi, Ileana Malavasi, Raffaella Curioni, Antonio Petrucci, Ugo Bellocchi, Marisa Malagoli Togliatti, Jone Bartoli, Marisa Rodano, Loretta Giaroni, Giorgio Napolitano, Livia Turco, Giorgio Frasca Polara, Vannino Chiti, Rocco Caccavari, Michele Giardiello, Piera Capitelli, Mauro Guerra, Anna Foglietta

Giandiego Carastro



domenica 14 marzo 2021

Per la Migliore Politica PCI, DC, Chiesa e Libera contro le mafie

Concludevamo il precedente post su Pio La Torre e Piersanti Mattarella dicendo che  erano amici e che li accomunò anche la morte: uccisi per la loro opera di concreta opposizione alla mafia siciliana. 

Scrivendo di Piersanti Mattarella, ho provato particolare emozione perché egli si è formato nel Movimento Studenti di Azione Cattolica, dove assunse ruoli nazionali, negli anni 60 del secolo scorso. Il MSAC è la associazione studentesca più antica d’Italia ed anche io ne ho fatto parte. Ecco una testimonianza su quegli anni, da parte del fratello Sergio, attuale Presidente della nostra Repubblica: “Si era formato nella Gioventù di Azione Cattolica. Anzitutto nell’ associazione della GIAC del San Leone, in cui era molto impegnato e di cui divenne presidente, con assistente mons. Renato Spallanzani, un sacerdote che va ricordato. L’associazione aveva un ritmo intenso di attività e Piersanti ne era protagonista con grande capacità di aggregare e coinvolgere e con la convinzione che, per dare un senso alla propria vita, occorre metterla a frutto perché questo vuol dire corrispondere al piano di salvezza di Dio. Con le stesse motivazioni si era impegnato nell’ufficio nazionale del Movimento nazionale studenti della GIAC, dove ha operato, durante gli anni universitari, accanto al delegato nazionale di allora, Alvise Cherubini, popolarissimo tra gli studenti del Movimento e all’Assistente mons. Nebiolo.” 

Questo post vuole approfondire il tema dei rapporti tra società civile, partiti, Chiesa e lotta alle mafie, in vista della giornata del 21 marzo, giornata nazionale, come di consueto organizzata dalla associazione Libera contro tutte le mafie.

Dal 1996 Libera legge pubblicamente l’elenco luttuoso degli uccisi dalle mafie. In Sicilia, oltre a La Torre e Mattarella, ricordiamo Boris Giuliano, Nini Cassarà, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato,  Carlo Dalla Chiesa,  Cesare Terranova, Lenin Mancuso, don Pino Puglisi, Ciaccio Montalto,  Rosario Livatino, Rocco Chinnici, Peppino Impastato, Beppe Montana,  gli uomini delle forze dell’ordine,  Giovanni Falcone, Paolo  Borsellino, Rita Atria…

Come è indicato dal sito di Libera: 

Leggere i nomi delle vittime, scandirli con cura, è un modo per far rivivere quegli uomini e quelle donne, bambini e bambine, per non far morire le idee testimoniate, l’esempio di chi ha combattuto le mafie a viso aperto e non ha ceduto alle minacce e ai ricatti che gli imponevano di derogare dal proprio dovere professionale e civile, ma anche le vite di chi, suo malgrado, si è ritrovato nella traiettoria di una pallottola o vittima di potenti esplosivi diretti ad altri. Storie pulsanti di vita, di passioni, di sacrifici, di amore per il bene comune e di affermazione di diritti e di libertà negate.

Il PCI ebbe sin da subito chiaro il proprio posizionamento contro le mafie. Abbiamo ricordato la figura di Pio La Torre. Se parliamo di Pio La Torre allora parliamo anche della strage di Portella della Ginestra: come giustamente fa un grande amico di La Torre, E. Macaluso, da poco scomparso: donne ed uomini del PCI, sindacalisti che manifestavano per il lavoro vennero uccisi dalle bande di Salvatore Giuliano, il 1 maggio 1947.

La DC, invece, maturò più lentamente questa posizione contro la mafia: non mi riferisco alle dichiarazioni ufficiali, ma alle prassi locali, ove – proprio per sconfiggere il PCI alle elezioni- era necessario avere tanti, troppi voti anche di gruppi economici affaristici e chiacchierati.   Per la Democrazia Cristiana il discorso è complesso, anche doloroso. Mi sembra di poter dire che le zone grigie tra mafia e DC siciliana non siano una invenzione dei giornalisti. Ci sono sentenze della magistratura che parlano chiaro! Come è potuto accadere?

Avanzo questa ipotesi: gli eredi del Regno delle due Sicilie che nell’Ottocento mal digerirono la unificazione con il Regno piemontese  cercarono di accreditarsi tra la povera gente siciliana  come i difensori civici contro le presunte angherie del giovane Regno sabaudo-italiano: tassazione elevata, leva obbligatoria, discriminazione verso i Meridionali. Nel Novecento, la Mafia entrò dentro questa mentalità e la contaminò, creando la doppiezza di due Stati in un medesimo territorio: quando parlo di due Stati, mi riferisco a S. Agostino che diceva che anche una banda di ladroni, se si dava delle regole, diventava una organizzazione politica. E la DC (che culturalmente aveva al proprio interno delle componenti diffidenti verso lo Stato) può aver implicitamente offerto una sponda alla mafia. Questo al netto delle sentenze della Magistratura che hanno riconosciuti esponenti della DC come collusi con la mafia.

La DC è stato un partito antifascista all’origine e che prestissimo, a causa delle decisioni di Jalta nel 1945 di dividere il mondo in blocchi, è diventato anche anticomunista. Un anticomunismo mai autoritario, sempre democratico, certo. Tuttavia, dietro il paravento dell’anticomunismo, possono aver avuto luogo delle scelte locali di oggettiva complicità con la mafia, anch’essa sempre dichiarata anticomunista. 

Proviamo a scavare più a fondo. Ed offrire ai lettori alcune indicazioni su come la Chiesa cattolica si comportò verso le mafie, sapendo che almeno idealmente la Chiesa era un referente importante per la stessa DC. 
Per chi volesse saperne di più, rimando agli studi del prof. Giuseppe  Savagnone e ad un saggio, in corso di pubblicazione, della prof.sa Carmelina Chiara. Entrambi gli intellettuali si sono confrontati con il tema  del rapporto della Chiesa siciliana con la mafia.

 
Nei primi decenni della Repubblica, la Chiesa potrebbe aver condiviso con la DC gli atteggiamenti di fondo anticomunisti e di diffidenza verso lo Stato. Questo potrebbe aver mitigato la sua denuncia contro la mafia.
Gli anni 80 ( di cui si stiamo occupando) segnano un chiaro cambio di passo: la Chiesa di Palermo, negli anni 80 guidata del card.  Salvatore Pappalardo, si impegnò a recidere legami di contiguità tra credenti e mafia. Ricordiamo l’importante sforzo educativo del Centro dei gesuiti Pedro Arrupe di Palermo. Questo crescendo ecclesiale contro la mafia,  arrivò al grido di San Giovanni Paolo II contro i mafiosi che non si fossero pentiti, nel 1993, ad Agrigento. Il Papa fu come san Cristoforo che minacciò don Rodrigo ed i bravi: verrà un giorno e la giustizia di Dio si sarebbe manifestata contro i mafiosi che non si fossero ravveduti…

Anche sulla scia di questi eventi, la Chiesa italiana sostiene tramite i sui membri la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che giunge alla sua ventiseiesima edizione: un periodo lungo che ha reso protagonista una vasta rete di associazioni, scuole, realtà sociali in un grande percorso di cambiamento dei nostri territori, nel segno del noi, nel segno di Libera. 
Il 21 marzo è un momento di riflessione, approfondimento e di incontro, di relazioni vive e di testimonianze attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, persone che hanno subito una grande lacerazione che noi tutti possiamo contribuire a ricucire, costruendo insieme una memoria comune a partire dalle storie di quelle vittime. È una giornata di arrivo e ripartenza per il nostro agire al fine di porre al centro della riflessione collettiva la vittima come persona e il diritto fondamentale e primario alla verità, diritto che appartiene alla persona vittima, ai familiari della stessa, ma anche a noi tutti. È altresì il momento in cui dare spazio alla denuncia della presenza delle organizzazioni criminali mafiose e delle connivenze con politica, economia e massoneria deviate.

Concludo, con una testimonianza personale. Nel 1996 ho partecipato come rappresentante del MSAC  alla prima giornale nazionale di Libera contro tutte le mafie. Era il 21 marzo di 25 anni fa ed eravamo all’aperto, a Roma, in piazza del Campidoglio… Dopo il MSAC, allargammo l’interesse verso Libera anche nel Settore Giovani di ACI ( fui delegato dai Giovani di ACI a seguire gli incontri di Libera) e poi nella Presidenza nazionale di Azione Cattolica . Adesso, in tantissime diocesi, la Azione Cattolica Italiana lavora da anni con Libera!!!  Perché scrivo questo: perché Piersanti Mattarella si è formato nel MSAC degli ani 60! Oso pensare che quel mio gesto del 1996 al Campidoglio fosse un tassello di una storia antica e trovasse radicamento, benché  immemore, nel martirio di Piersanti Mattarella, amico del comunista Pio La Torre, uccisi perché volevano entrambi una Regione contro la mafia e con le carte in regola.

Concludiamo, allora, lanciano la XVI Giornata di Libera contro tutte le mafie:
21 marzo 2021, A ricordare e riveder le stelle (libera.it)

Giandiego Carastro





lunedì 8 marzo 2021

8 marzo - Giornata internazionale della donna (meglio definirla così, piuttosto che festa della donna)

Tanti sono ancora i risultati da ottenere. Anche in questo caso, per cercare di trovare una soluzione, i dati sono importanti. 

Partiamo dai fatti.

Fatto: ogni tre giorni in Italia una donna viene uccisa per mano di un uomo. Quasi sempre l’aguzzino è il compagno della vittima.

Fatto: il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale.  

Fatto: la promozione dell'uguaglianza di genere è fondamentale soltanto per circa un quarto degli italiani.

Fatto: in Italia, ogni ora 50 persone perdono il proprio posto di lavoro. Il 98% sono donne.

Fatto: il lavoro femminile è meno pagato di quello maschile. I dati europei sulla discriminazione salariale di genere raccontano che l’Italia si attesta 20 punti sotto la Svezia e 9 sotto la media europea.

Fatto: esiste ancora un forte divario tra Nord e Sud d’Italia. Nel 2018 aveva un'occupazione solo il 32% delle donne meridionali contro il 60% delle donne del Nord.

Fatto: nel nostro Paese appena il 18% delle posizioni regolate da un contratto da dirigente sono occupate da donne, una percentuale che negli ultimi 10 anni è cresciuta di appena lo 0,3%.

Fatto: per riuscire ad arrivare ad una parità di genere è stato calcolato che ci vorranno almeno 60 anni.

Fatto: le donne laureate sono il 22,4% contro il 16,8% degli uomini, ciononostante il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile, 56,1% contro 76,8%.

Fatto: nel nostro Paese, solo il 16,5% delle giovani si laurea in facoltà scientifiche, contro il 37% dei maschi.

Fatto: alla Sapienza sono serviti 717 anni per nominare una donna Rettore di Ateneo. Attualmente in Italia le Rettrici sono solo il 7%.

Fatto: in Italia un solo partito ha come leader una donna, e non è un partito di sinistra.

Fatto: in 75 anni le donne al governo sono state appena il 6,5%.

Fatto: mai nessuna donna è stata a capo di un ministero economico. Al contrario, la delega alle Pari opportunità è sempre stata assegnata a una donna, senza portafoglio.

Fatto: sono solo il 34% le donne elette nel Parlamento mentre l’attuale governo conta una presenza femminile che sfiora appena il 33%.

Fatto: la presenza delle donne nei Consigli di Regione e delle Province autonome italiane è di circa il 21%.

Fatto: in Italia non esiste alcun partito a vocazione femminista. 

Fatto: in politica le donne sono tollerate e più delle volte usate dai colleghi uomini per dimostrare di essere inclusivi. O sono la “vice di” oppure “donne di facciata”.  

Questi, sono solo alcuni dati che riguardano la situazione delle donne in Italia. Possa essere il nostro impegno politico capace di cambiare le cose. È questo lo scopo della politica. Non essere un poltronificio.

Ilaria Ramazzotti

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